IL FENOMENO
TEILHARD
di Yves Coppens
Al punto in cui sono giunte le nostre conoscenze in Paleontologia generale, sembra sorprendente che l'Africa non sia stata subito individuata come la sola regione del mondo in cui lo studioso può ricercare, con qualche probabilità di successo, le tracce della specie umana.
Cosi si esprimeva, con una straordinaria chiaroveggenza, Pierre'Teilhard de Chardin nel settembre 1954 a New York.
Meno di cinque anni dopo avrebbe iniziato in Africa orientale la più grande avventura paleontologica di tutti i tempi: lungo 2.000 chilometri di faglia, là dove i sedimenti si accumulano come intrappolati, si sarebbero avvicendate otto grandi spedizioni internazionali, cioè più di 500 persone, per quindici anni, raccogliendo centinaia di migliaia di ossa fossili, tra cui centinaia di resti di ominidi. La storia della specie umana si arretrò allora considerevolmente e si parla ormai di ante-datare di quattro milioni di anni l'apparizione dell'uomo, di tre milioni di anni quella dei primi utensili, di circa due milioni di anni quella delle prime costruzioni e di un milione e mezzo di anni i primi riti.
Non posso fare a meno di immaginare quale grande felicità deve essere stata per Pierre Teilhard de Chardin il fatto di vivere in questa epoca abbastanza recente.
Se ho iniziato con questa profetica citazione e con un breve bilancio di quanto abbiamo scoperto e appreso dopo la morte di Teilhard, è certo per collegare l'insieme delle conoscenze degli anni '50 con quelle che ci apprestiamo ad acquisire, ma è anche per ricordare che Teilhard fu anzitutto un paleontologo.
Egli ebbe il suo colpo di fulmine per la Paleontologia al Museo di Storia Naturale di Parigi.
«Vi ricordate del nostro primo incontro verso la metà di luglio del 1912? — scriveva egli a Marcellin Boule — Quel giorno, verso le 2, venni timidamente a suonare alla porta, che più tardi avrei attraversato tanto spesso, del laboratorio di piazza Valhubert. Eravate esattamente alla vigilia (sacra!) della partenza per le vacanze, occupatissimo. Mi riceveste malgrado ciò. E... mi proponeste di venire a lavorare da voi, alla scuola di Gau-dry, alla vostra scuola. Ed ecco come, nello spazio di cinque minuti, m'imbarcai in quella che da quel momento sarebbe stata la mia esistenza, la ricerca e l'avventura nel campo della Paleontologia umana. Mai, credo, la Provvidenza mi è stata cosi vicina nella vita...».
E Pierre Teilhard de Chardin va a studiare per undici anni, con grande assiduita, le famose collezioni dell'Istituto di Paleontologia del Museo.
Se la sua partenza per la Cina nel 1923 segna l'inizio di lunghissimi giorni all'estero e di numerosi viaggi in tutto il mondo, questa vita molto attiva non gli impedirà, ad ognuno dei suoi passaggi da Parigi, di venire a lavorare in questa grande istituzione del Jardin des Plan-tes, dove aveva ricevuto, a trentun anni, lo «shock da fossili».
Oltre alla sua vita di pensatore e di scrittore nonché di prete, Teilhard ha dunque vissuto una vita assolutamente riempita di Paleontologia. Quando si consulta la lista dei suoi lavori scientifici, ci si accorge che la sua produzione è quella di un eccellente ricercatore, come se non avesse fatto altro: da 5-6 a 12-13 articoli o memorie all'anno, un totale dipiù di 250 titoli in una quarantina d'anni di ricerche.
Vi si scorge l'abituale slittamento della Paleontologia da una parte verso la Geologia, per cominciare dal contenente per comprendere da dove viene il contenuto, e dall'altra verso la preistoria, perché attraverso il tempo e i suoi depositi si cerca sempre, coscientemente o no, l'Uomo.
E Pierre Teilhard de Chardin ha cosi bene compreso tutto questo che il primo Istituto di ricerca che egli ebbe l'occasione di fondare fu, nel 1940, a Pechino, con Padre Leroy, un Istituto che chiamò di «Geobiologia» (La Terra e la Vita).
In Paleontologia umana ha seguito assai da vicino, a partire dal 1929, la maggior parte dei grandi lavori in questa ricerca. Durante i suoi lunghi soggiorni in Cina, ha partecipato agli scavi dei due famosi giacimenti di Chukutien, vicino Pechino, accanto a Davidson Black, Georgo Barbour, C.C. Young e Pei Wen-Chung nonché allo studio propriamente detto dei resti del «sinantropo», accanto a Franz Weidenreich. Nel 1935 e nel 1938 si è recato a Giava per visitare con Ralph von Koenigswald i famosi luoghi del Pitecantropo di Trinil e di Sangiran e poi è andato a studiare, anche questa volta in due riprese, nel 1951 e nel 1953, le grotte dell'Australopiteco, nell'Africa del sud, sotto la direzione di Revil Mason, Van Riet Lowe e John Robinson.
Le attività della preistoria non sfuggono evidentemente all'interesse di padre Teilhard; quando cerca dei fossili, ricerca egualmente le tracce dell'Uomo ed è per questo che è stato portato a scoprire siti paleolitici e neolitici in Cina, in India, in Birmania, a Gibuti, in Etiopia e a visitarne molti altri e tentare una sintesi.
Quanto ai suoi lavori di geologia, sono numerosissimi e importatnti; è facile comprendere come Teilhard s'interessasse innanzi tutto allo studio fondamentale della struttura dei depositi; penso che ha dovuto scrivere sulla geologia di tutti i siti che ha dovuto studiare o visitare, da Jersey a Giava e naturalmente dappertutto in Cina.
Che cosa emerge dunque da tutta questa considerevole opera scientifica, che non è che una parte della produzione e del pensiero di Pierre Teilhard de Char-din? È soprattutto un'opera sulle scienze del passato: la paleontologia, la geologia, la preistoria. Ed è un'opera sulla terra. Teilhard corre per il mondo con in mano il martello del geologo, si precipita dove affiora un sintomo della struttura profonda della terra e non teme né i chilometri, né i climi, né gli uomini. Colpito nel 1947 da infarto del miocardio, scrive in un appunto datato nel mese di luglio: «il mattino... del 1° giugno, crisi cardiaca... Poi degenza in ospedale... È una svolta nella mia vita. Rinuncia forzata alla vita attiva sul terreno. Oggi, proprio a quest'ora, dovrei essere in volo per Johannesburp».
È poi un'opera di sintesi a tutti i livelli. Qualsiasi scoperta fortuita, qualsiasi analisi di un fenomeno, d'un fossile, d'un oggetto preistorico costituisce pretesto per la compilazione di un lavoro d'insieme sui problemi che ne derivano. E poi, su un altro livello, Pierre Teilhard de Chardin collega naturalmente in modo perfetto i suoi lavori sulla geologia a quelli sul contenuto degli strati studiati, sui fossili e sulle pietre tagliate; ed ancora su di un altro livello, uno dei lati originali del suo pensiero è quello di considerare l'Uomo, la Vita nel suo ambiente terrestre e cosmico e di collegare quindi i fenomeni che appaiono come troppo isolati nella loro partecipazione alla evoluzione generale dell'Universo.
È un'opera di portata internazionale, si potrebbe dire mondiale, non parlo dell'opera in se stessa, che si rispecchia nell'universale, ma del modo in cui è stata trattata. Pierre Teilhard ha lavorato in Europa, in Asia, in Africa, in America; è vissuto venti anni o quasi in Cina e colla-borato a lungo con C.C. Young, Pei Wen-Chung, Yang Kieh, H.C. Chang, è vissuto negli Stati Uniti, partecipando ai lavori della Fondazione Wenner Gren per le ricerche antropologiche. Ed infine, segnalerei ancora un aspetto della sua opera, che non è comune ma che però non è tra i minori: si tratta di un'opera scientifica ma anche poetica.
«Alcune migliaia di milioni di anni fa — egli scrive a proposito dell'origine della Terra — un brandello di materia formato da atomi particolarmente stabili si staccò dalla superficie del sole. E, senza spezzare i legami che lo univano e tutte le altre cose, ma mantenendosi ad una giusta distanza dall'astro genitore per riceverne i raggi con una intensità media, questo brandello si agglomerò, si arrotondò, prese forma...» E sull'origine dell'Uomo: «Quando per la prima volta, in un essere vivente, l'istinto ha preso coscienza di se stesso, è tutto il mondo che fa un passo avanti. Silenziosamente vi ha fatto il suo ingresso l'Uomo».
Questo testo è un riassunto della relazione presentata dall'autore al colloquio intemazionale dell'Unesco tenutosi a Parigi dal 16 al 18 settembre 1981.
YVES COPPENS, professore al Museo di storia naturale (Musée de l'Homme). a Parigi, è membro del Comitato esecutivo dell'Unione internazionale delle scienze antropologiche ed etnologiche, presidente della commissione per lo studio dei primi ominidi dell'Unione internazionale delle scienze preistoriche e protostoriche. Ha diretto importanti missioni antropologiche al C/ad (1960-1966) e in Etiopia, Giacimenti dì Orno, (1967-1976) èdi Afar, (1972-1981). Tra i suoi scritti segnaliamo Origines de l'Homme (Libreria «Musèo do l'Hommou, Par/gì. 1976 1980). nitro al .si/o contributo a /'Hifìloire gtìrirtralo fio l'Alricjuo (Unn uco Jttunt! Atrlciuti, Stock, f'ittìtil. IfMIO}.
0
|
Nessun commento:
Posta un commento