sabato 27 ottobre 2012



Teilhard: la creazione è coestensiva a tutto l'Universo

        
         Secondo N.M.Wildiers, uno dei più autorevoli divulgatori del suo pensiero, l'esperienza di Teilhard è "interamente dominata dalla tensione dialettica tra quello che egli chiama il senso cosmico e il senso cristico. Per senso cosmico egli intende l'affinità” ...che ci lega psicologicamente al tutto che ci circonda..”  Senso cristico significa per lui l'inclinazione del cristiano a vedere nel Cristo il centro e il fine di tutte le cose". (Introduzione al pensiero di Teilhard de Chardin. Milamo 1962)
 Il mondo in evoluzione.
         Il fatto tuttavia che rende significativa la sintesi di Teilhard in ordine alla nuova evangelizzazione è lo sforzo che egli ha compiuto di pensare l'esperienza della fede nell'orizzonte dell'ordine evolutivo della realtà. Egli riconosceva che "fino al XIX secolo inoltrato, in complesso, l'uomo poteva ancora pensare (senza reagire a ciò che tale affermazione aveva di fisicamente contraddittorio), che solo il vivente, nasceva, cresceva, moriva, aveva un'età, nell'ambito di una materia sempre identica a se stessa. Ma sottolineava con forza che nel secolo XX si è realizzato il passaggio dal Cosmo alla cosmogenesi", così che "l'evoluzione guida ormai la totalità della nostra esperienza.
         "Dai più piccoli e più instabili elementi nucleari fino ai viventi più elevati, non esiste nulla, noi ora lo vediamo, nulla è scientificamente pensabile nella natura che in funzione di un unico processo coniugao di 'corpuscolizzazione' e di 'comples-sificazione', nel corso del quale si delineano le fasi di una graduale e irreversibile interiorizzazione (coscientizzazione) di quella che noi chiamiamo (senza sapere che cosa sia) Materia".
         Questa prospettiva corrisponde sostanzialmente a quella che il Concilio Vaticano II nel 1965 ha descritto come il passaggio "da una concezione piuttosto statica dell'ordine a una concezione più dinamica ed evolutiva", prevedendo che questa crisi epocale avrebbe suscitato "un formidabile complesso di nuovi problemi" ed avrebbe richieso analisi e sintesi nuove" (GS n. 5).
L'atto creativo di Dio.
         Teilhard  distingue due aspetti della forza in gioco nell'evoluzione:
                    - l'energia radiale o psichica e
                    - l'energia tangenziale o fisica.
         Quest'ultima designa la forza che lega le cose nel processo cosmico e si esprime nei fenomeni fisici e chimici risultanti dai rapporti tra gli elementi dello stesso ordine e soggetti alle leggi della termodinamica. Essa può essere misurata dalle scienze della natura e costituisce il dominio della statistica e dell'entropia.
         L'energia radiale invece, unifica gli elementi collegandoli ad un centro interiore, perciò fonda l'unità delle cose, il loro interno e si esprime nella diversa qualità dei fenomeni, fino alla perfezione della coscienza umana. Essa viene definita da T.: l'energia "che attira ogni elemento in avanti nel senso della evoluzione, nella direzione di uno stato sempre più complesso e centrato" Essa, ancora invisibile negli esseri non viventi, in forma percettibile ai nostri occhi appare nello sviluppo della coscienza". Teilhard osserva che "meno  un elemento è centrato (cioè più la sua energia radiale è debole), più la sua energia tangenziale si manifesta in effetti meccanici rilevanti".
         In ogni caso questa prospettiva è connessa al modo con cui Teilhard  concepisce l'atto creativo come unificazione dell'infinitamente disperso.
         Egli afferma: "Al limite inferiore delle cose, al di sotto di ogni possibile osservazione noi scopriamo una pluralità immensa, la diversità completa, corri-spondente alla disunione totale. Per la verità, questa molteplicità assoluta sarebbe il nulla e non è mai esistita. Ma è la direzione da cui esce per noi il Mondo: all'origine dei tempi, il mondo si scopre a noi come come emergente dal Molteplice, impregnato e grondante di Molteplice". "Tutto avviene come se l'Uno si formasse attraverso unificazioni successive del Molteplice, e come se fosse tanto più perfetto in quanto centralizza sotto di sé un più vasto molteplice".
         Occorre evitare di pensare in modo positivo il molteplice iniziale. Esso infatti "non è che potenzialità e passsività pura".
         In questa luce
         l'atto creativo appare come la 'faticosa' azione con cui dal nulla della dispersione iniziale Dio conduce la creazione alle forme elevate di complessità spirituale fino ad un traguardo finale che non ci è dato di conoscere, se non in parziali anticipazioni. La forma creatrice resta 'trascendente' rispetto a tutte le situazioni create e non può essere mai rilevata come tale. Potremmo dire, con una metafora, che creare è condurre all'unità, nella successione del tempo, i molti frammenti che esplodono quando il nulla è investito dall'azione divina. Dio, creando, unifica, e ad ogni passso dell'unificazione aumenta la complessita e crescono gli ambiti per l'esercizio della coscienza. La creazione è come l'atto di un amante che "fa scaturire le cose dal nulla attirandole a sé".
         Questo principio, che negli scritti di Teilhard appare dal 1937 in avanti, ha una grande importanza  per evitare una visione panteistica dell'universo e per sviluppare una retta concezione della persona e del suo divenire.
         La creazione, inoltre, in questa prospettiva, ha il suo punto assiale non nell'inizio, ma nel compimento, per cui l'azione creatrice accompagna e sostiene tutto il processo evolutivo per condurlo alla fine. "La creazione, infatti, non è una intrusione periodica della Causa prima: è un atto coestensivo a tutta la durata dell'niverso. "L'atto creatore non si inserisce nella catena delle cause. Esso si pone sull'universo preso in tutta la sua estensione e in tutta la sua durata".
         In tal modo Teilhard recupera la prospettiva di S.Tommaso d'Aquino. Egli infatti pone come idea centrale della creazione, non tanto l'inizio temporale, quanto la condizione di dipendenza totale. "E' evidente, inoltre, che anche nella metafisica tomista creare è unificare" (Smulders).


Don Carlo MOLARI, Rocca 7 marzo 2002 pag. 56-57
        

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