Mons. Loris Capovilla, tributo a Teilhard de Chardin
Mons. Loris Capovilla scrive di Teilhard sull'Osservatore Romano
Nel 1936 fu chiesta a Padre Teilhard de Chardin da un alto prelato della Delegazione Apostolica in Cina una relazione sulla situazione della conversione religiosa del mondo.
Pur avendo alimentato nel corso degli anni la proibizione di scrivere di “cose” religiose il magistero ecclesiastico romano, rappresentato dal un membro della Delegazione apostolica in Cina, chiedeva a Teilhard di scrivere una relazione sulla conversione del mondo (testo decisamente teologico), in un momento in cui il futuro dell’umanità si oscurava sempre di più e cadeva nelle spire di una guerra mondiale.
La Chiesa di Roma, anche se non ufficialmente, riconosceva al Padre gesuita la sua grande passione per la Chiesa per l’Umaanità e gli chiedeva un riflessione su questo argomento che tanto assillava il Papa romano.
E Teilhard obbediente e dimenticando le tribolazioni e le ingiustizie perpetrate da Roma, consegnava nell’ottobre del 1936 il testo “Alcune riflessioni sulla conversione del mondo” ( il testo potete trovarlo nel volume La scienza di fronte a Cristo, Gabrielli Editori , pag. 149 e segg.) che il membro della Delegazione apostolica in Cina era desideroso di inviare ad una personalità magisteriale a Roma ansiosa, ancora una volta, di valutare l’esatta posizione religiosa del padre gesuita.
Il testo in questione aveva all’inizio come tuitolo :” Ad uso di un Principe della Chiesa”.
Senza voler fare dietrologia tengo a sottolineare che qualche anno doipo il Delegato Apostolico in Cina, Mons. Zanin tirava fuori dal cassetto l’opera che Teilhard avrebbe voluto pubblicare da molto tempo LE MILIEU DIVIN e chiese ad un frate teologo di valutare l’opera al fine di una pubblicazione.
Il frate teologo, dopo un'attenta lettura, pur essenso affascinato dalla lettura dell'opera teilhardiana, rispose che non era possibile pubblicare il testo di Teilhard perché pochi lettori avrebbero capito il messaggio evangelico ispirato dal testo teilhardiano. Come a dire che i cattolici erano degli emeriti stupidi!.
Fa perciò un enorme piacere che l’Osservatore Romano abbia pubblicato, il 5 settembre scorso un testo introduttivo di Mons. Loris Capovilla, che fu segretario particolare di Papa Giovanni xxiii, alla pubblicazione di Aligi Sassu sul Concilio Vaticano II.
Ancora oggi molti si chiedono perché il Papa fu “obbligato” dal Card. Ottavini a promulgare il famoso e ormai superato Monitum.
Ma torniamo al testo di Aligi Sassu perchè la presentazione del volume, sul Concilio scritta da Mons. loris Capovilla, inizia con una lunga citazione del testo teilhardiano citato e non è altro che la conferma questo volta ufficiale che Teilhard è stato uno dei più apprezzati ispiratori dell’assice conciliare. E fa ancora più piacre che anche Avvenire abbia pubblicato una parte di una intervista inedita in Italia, concessa da Teilhard al settimanale francese Les Nouvelles literature. (vedi il sito www.biosferanoosfera.it
Ecco il testo pubblicato sull'Osservatore Romano
NON SI CONVERTE SE NON QUELLO CHE SI AMA
In occasione del centenario della nascita di Aligi Sassu e del cinquantesimo del concilio Vaticano II, la Fondazione Crocevia Alfredo e Teresita Paglione ha curato la pubblicazione del volume Il Concilio Vaticano II di Aligi Sassu (Milano, 2012). Il libro verrà presentato in anteprima al convegno che si svolgerà il 14 e il 15 settembre a Fara San Martino e il 26 settembre a Chieti. Dal volume anticipiamo alcuni passi del testo scritto dal vescovo titolare di Mesembria, che fu segretario particolare di Papa Giovanni XXIII.
«Per convertire il mondo occorre certo moltiplicare i nostri missionari. Ma noi dobbiamo anzitutto ripensare, con tutta la nostra umiltà, la nostra Religione. L’ho detto apposta, al fine di segnalare ciò che, al presente, mi sembra essenziale per dirigere verso il Cristianesimo tutte le forze incerte che nascono: che il Cristianesimo accetti finalmente senza reticenze le nuove dimensioni (spaziali, temporali, psicologiche) del Mondo attorno a noi. Non si converte se non quello che si ama. Se il cristiano non è in completa simpatia col mondo nascente, se non prova in se stesso le aspirazioni e le ansietà del mondo moderno, se non lascia crescere nel suo essere il senso dell’umano, non realizzerà mai la sintesi liberatrice tra la terra e il cielo da cui può nascere la manifestazione ultima del Cristo universale». Così scriveva Pierre Teilhard de Chardin nel 1936.
Ventitré anni dopo questo accorato appello, la parola schietta e l’esempio suadente di Giovanni xxiii, vescovo di Roma, hanno convinto molti a pensare in grande e a guardare alto e lontano; a non aver paura di niente e di nessuno e a non arrendersi mai al catastrofismo. “L’uomo mandato da Dio”, l’11 ottobre 1962 sulla porta del concilio Vaticano II ebbe l’ardire di proclamare: «Tantum aurora est. Siamo appena agli inizi dell’evangelizzazione e della civiltà che da Cristo prende nome e linfa vitale». Quattro mesi prima, il 23 giugno (altro cinquantesimo!), aveva accolto in Vaticano i partecipanti al XXII congresso della Confederazione internazionale della società degli autori e compositori. Parlando loro ribadì l’interessamento della Santa Sede per tutte le manifestazioni di arte e cultura, mettendo in risalto l’importanza della produzione poetica, letteraria e musicale per l’elevazione del cuore umano a sfere più alte, per mettere in valore l’afflato spirituale che anima ciascun popolo, per esprimere un messaggio che, al di sopra di ogni barriera, è quanto mai utile ed efficace all’unione dei popoli tra loro.
Loris Francesco Capovilla
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