Sul quotidiano di Roma "IL TEMPO" dell''8 ottobre 1981 apparve nella pagina culturale (pag.3) un lungo articolo di Jean Guitton dedicato a Teilhard e nella seconda parte al Cardinale Siri, Dato che questo è un blog dedicato a Pierre Teilhard de Chardin, vi proponiamo la parte dedicata al gesuita francese.
"L'Auvergne e i suoi vulcani spenti, dei vincoli di famiglia, una fede comune mi hanno permesso di frequentare il Padre Teilhard durante sessanta anni, di conversare familiarmente con lui quand'era ancora sconosciuto. Ora è celebre su questa terra che ha tanto amata e l'Unesco si accinge a festeggiare il centenario della sua nascita.
Chiudo gli occhi per vederlo. Un Signore!Da parte materna, nata Dompierre d'Hormoy, discendente di Voltaire, e senza dubbio da Pascal da parte del padre. Occhi d'acciaio, un corpo ossuto, elastico, leggero, mani di arrampicatore, articolate, flessibili, fette per mostrare il dente del pre-uomo, del sinantropo, che doveva dissotterrare in Cina, come si offre un diamante. Un cavaliere errante, e alla moda dei primi gesuiti, un cittadino del mondo; uno spirito agitato da contraddizione che tentava di risolvere.
La sua idea era molto semplice: conciliare la fede cristiana con la scienza del tempo. In fondo era l'idea di Origine, di San Tommaso, di Descartes ed anche di Bergson. Ma Teilhard era più ardito di tutti loro. Egli ha ripetuto instancabilmente che vi era una segreta convergenza trta l'Evoluzione, questo dogma delle scienze, e la "Cristogenesi", la ricapitolazione finale di tutte le cose in Gesù Cristo.
La difficoltà fu quella di convincere gli scienziati e soprattutto i teologi. Confesso di non aver mai compreso come egli potesse accettare senza diminuirli certi dogmi cristiani e, in particolare, quale posto avesse in lui il Peccato e la Redenzione. Teilhard ascoltava le mie obbiezioni con una gentilezza disarmante.
Ciò che appresi, è come misurare lo spazio e il tempo. Egli aveva intravisto che il Pianeta sarebbe divenuto un villaggio, che assai presto si sarebbe giunti non più agli uomini, ma finalmente a una Umanità. Soprattutto, sapeva che un milione di anni è un secondo; che l'uomo è appena apparso, che il cristianesimo è appena nato; che non esiste per quanto riguarda la vita del pianeta una definitiva catastrofe; che un disastro atomico sarebbe riparabile.
Mi ricordo di averlo sentito dire che la sua più grande esperienza mistica l'aveva fatta al fronte, in mezzo al fango e al fuoco di Verdun, dove egli scopriva l'uomo collettivo, la massa umna destinata alla morte. Inoltre mi insegnava ( e lo credo profondamente vero) che il progresso delle Scienze e lo sviluppo della Fede vanno di pari passo; che il pensiero ebreo e cristiano erano stati oscurati e limitati dalle cosmogonie infantili (come quelle di Mosè o di Aristotele) ; che il Cristo acquista gloria ad ogni scoperta veramente scientifica. E' chiaro che l'infinito nel grande e nel piccolo, l'evoluzione delle specie, la relatività e ciò che si prepara nell'ordine biologico ed umano, offrono un universo all'altezza del Cristo, che lo riempie e lo completa nel mistero. Nel 1926, avevo notato ciò che mi diceva allora e che era l'annunzio della sua opera :" La teologia del Cristo, è sempre stata immensa. Molto più vasta e più potente di quanto veniva presentito da coloro che ne scrivevano".
Si comprende come Teilhard sia stato invincibilmente ottimista, aggiungendo "speranza a speranza". "Se un giorno, che penso sarà quello della mia morte, tutto si mettesse a cedere intorno a me credo che la parola "Trionfo" sarebbe la più appropriata".
Rammento che egli è morto una sera di Pasqua".
(Il Tempo, 8 Ottobre 1981, pagina 3)
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