PIERRE TEILHARD DE CHARDIN s.j.
Alcune riflessioni sui diritti dell’uomo
Nella loro prima espressione del 1789, i Diritti dell’Uomo sono stati principalmente la manifestazione di una volontà di autonomia individuale: “Tutto per l’individuo nel seno della società”: il che coinvolgeva l0idea che la specie umana fosse fatta per fiorire e culminare in una pluralità di elementi raggiungenti ciascuno separatamente, ognuno per sé, il sommo grado di sviluppo. Tali sembrano essere state la preoccupazione e la visione dominanti degli “umanitari” del secolo XVIII.
Ora, da quell’epoca, a causa dell’importanza assunta dai fenomeni collettivi nel mondo, i dati del problema sono profondamente mutati. Ormai noi non possiamo piu’ dubitare che, per innumerevoli motivi convergenti (accrescimento rapido dei legami etnici, economici, politici e psichici), l’elemento umano si trova definitivamente impegnato in un processo irresistibile, tendente allo stabilimento di un sistema organo-psichico solidale su tutta la Terra: Volente o nolente, l’umanità si collettivizza, si totalizza sotto l’influsso di forze fisiche e spirituali di ordine planetario. Ne consegue, nel cuore stesso dell’uomo, il conflitto attuale tra l’elemento, sempre piu’ cosciente del proprio valore individuale, e i legami sociali sempre piu’ esigenti.
A pensarci bene, tale conflitto è solo apparente. Biologicamente, noi lo vediamo ora, l’elemento umano non e’ autosufficiente. In altri termini, non e’ isolandosi (come potrebbe credere) ma associandosi in modo conveniente con tutti gli altri, che l’individuo puo’ sperare di giungere alla pienezza della sua persona,- pienezza di energia e di movimento, e principalmente pienezza di coscienza, poiche’ noi non diventiamo completamente “riflessi” (cioe’ “uomini”) che riflettendoci reciprocamente gli uni agli altri. Collettivizzazione e individualizzazione (non di autonomia ma di persona) non rappresentano pertanto due movimenti contraddittori. Tutta la difficoltà sta soltanto nel regolare il fenomeno affinche’ la totalizzazione umana si attui, non sotto una pressione esterna meccanizzante ma per effetto interno di armonizzazione e di simpatia.
Da questo nuovo punto di vista, appare immediatamente chiaro che l’obiettivo di una nuova definizione dei Diritti dell’Uomo non potrebbe piu’ essere, come una volta, quello di assicurare la massima indipendenza possibile all’elemento nella societa’, ma quello di precisare a quali condizioni l’inevitabile totalizzazione umana potra’ realizzarsi, non solo senza distruggere ma in modo da esaltare in ciascuno di noi, non dico l’autonomia ma (cosa assai diversa) la singolarità incomunicabile dell’essere che noi possediamo.
Non si tratta piu’ di organizzare il mondo a favore e alla misura dell’individuo isolato ma di combinare tutto per il compimento (la “personalizzazione”) dell’individuo, mediante l’integrazione ben condotta di questi al gruppo unificato in cui l’umanita’ deve un giorno culminare organicamente e psichicamente: ecco il problema.
Cosi’ ricollocata nel quadro di un’operazione a due variabili (aggiustamento progressivo interdipendente dei due processi di collettivizzazione e di personalizzazione, la questione dei Diritti dell’Uomo non ammette una risposta semplice e generica. Come minimo, si puo’ dire che ogni soluzione proposta deve soddisfare alle tre condizioni seguenti:
1. In seno a un’umanita’ in corso di organizzazione collettiva l’individuo non ha piu’ il diritto di rimanere inattivo, cioe’ di non tentare di svilupparsi sino all’estremo di se stesso, poiche’ dal suo perfezionamento di tutti gli altri attorno a lui.
2. Attorno agli individui che essa raggruppa, la societa’ deve, nel proprio interesse tendere a creare l’ambiente piu’ favorevole al pieno sviluppo (fisico e psichico) di cio’ che vi e’di piu’ originale in ciascuno di loro. Proposizione banale, in verita’, ma le cui modalita’ di applicazione sono impossibili da stabilire per ogni singolo caso, perche’ cambiano secondo il livello di educazione e il valore progressivo dei vari elementi da organizzare.
3. Quali che siano in questo senso le misure adottate,un punto capitale deve essere affermato e sempre mantenuto; ed e’ che, in nessun caso, ne’ per un fine qualsiasi, le forze collettive possono costringere l’individuo a deformarsi, o ad alterarsi (come sarebbe riconoscere per vero cio’ che egli ritiene falso, cioe’ mentire a se stesso). Per essere legittima, ogni limitazione che la forza del gruppo impone all’autonomia dell’elemento deve esercitarsi solo conformemente alla struttura interna e libera di tale elemento. Altrimenti una disarmonia fondamentale verrebbe introdotta nel cuore stesso dell’organismo collettivo umano.
Dovere assoluto per l’elemento di lavorare alla propria personalizzazione.
Diritto correlativo dell’elemento a essere posto nelle migliori condizioni possibili per personalizzarsi.
Diritto assoluto dell’elemento, in seno all’organismo sociale, a non essere deformato per coercizione esterna ma super organizzato interiormente per persuasione, cioe’ conformemente alkle sue evidenze e alle sue aspirazioni personali.
tre punti da esplicitare e da garantire in ogni nuova Carta dell’umanità.
Parigi, 31 marzo 1947
( Questo testo è stato redatto da Padre Teilhard de Chardin in risposta ad un questionario dell’UNESCO).
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