giovedì 3 gennaio 2013

A proposito di una vecchia poesia di Eugenio Montale dedicata a Teilhard de Chardin

                   FABIO MANTOVANI

Premessa
      
Queste pagine nascono dalla lettura di una beffarda poesia di Eugenio Montale dedicata a Teilhard de Chardin, che alcuni siti internet presentano più per dileggiare questi   che per la bellezza della composizione poetica.
Mi sono chiesto quali ragioni potesse avere il premio Nobel per immortalare in versi il
proprio sarcasmo e ho voluto perciò leggere quant’egli scrisse su Teilhard in articoli pubblicati da “Il Corriere della Sera” fra il 1962 e il 1969. Dopo la ricerca mi sono reso conto che il poeta aveva una conoscenza generica del pensiero teilhardiano ma eramolto interessato all’evoluzione e al problema di Dio.
Poiché non intravedeva alcun fine nell’evoluzione, è facilmente comprensibile il suoscetticismo riguardo alla prospettiva che l’umanità possa un giorno convergere nel Punto Omega postulato da Teilhard de Chardin. Le perplessità di Montale sul problema di Dio non possono essere liquidate come se le avessimo definitivamente risolte;
perciò le terremo presenti nelle riflessioni di chiusura 

LA POESIA A TEILHARD
Nella raccolta di poesie composte fra il 1962 e il 1970, si trova quella riferita a Teilhard de Chardin, con il titolo A un gesuita moderno1, che è datata 10 dicembre 1968. Eccola:

Paleontologo e prete, ad abundantiam
uomo di mondo, se vuoi farci credere
che un sentore di noi si stacchi dalla crosta
di quaggiù, meno crosta che paniccia,
per allogarsi poi nella noosfera
che avvolge le altre sfere o è in condominio e sta nel tempo (!),
ti dirò che la pelle mi si aggriccia
quando ti ascolto. Il tempo non conclude
perché non è neppure incominciato.
È neonato anche dio. A noi di farlo
vivere o farne senza; a noi di uccidere
il tempo perché in lui non è possibile
l'esistenza.

Nelle citazioni di questa poesia, i versi con tonalità grigia sono tralasciati da coloro che cercano di mettere in rilievo il presunto giudizio negativo del poeta su Teilhard de Chardin. Purtroppo, in ciò si distinguono i siti “cattolici”, come quello indicato in nota.2
 
GLI ARTICOLI
Fra gli articoli stesi da Eugenio Montale per il “Il Corriere della Sera”, solo quello del
15 marzo 1963 è quasi per intero dedicato a Teilhard; altrove, egli è menzionato nel
contesto di una certa tematica.
In ordine cronologico, gli articoli sono i seguenti :
1. “L’albero dell’arte” (19 marzo 1962) è una critica agli artisti moderni che vogliono
«imitare la natura nel suo continuo farsi e disfarsi... una materia svuotata dallo spirito
che v’era infuso e che ora segue la sua legge.
Dove ci porti tale legge è ancora opinabile: uno scienziato religioso come il padre
Teilhard de Chardin ci ha detto che gli individui, o almeno la loro parte indistruttibile,
finiranno per convergere, distinti ma subordinati, intorno a un punto Omega, trascendente.
E questa sarà la fine del mondo».
2. “Nessuno fa il nome di Cristo nel dibattito su scienza e fede” (2 ottobre 1962)
tratta di un convegno svoltosi alla Fondazione Cini su scienza e fede. Montale trova
«confortante che nessuno abbia fatto il nome di Cristo e che sia stata così evitata la trasformazione
del dibattito in un’esibizione di pseudo-cattolicesimo mondano… Naturalista, biologo e se non erro paleontologo era il Teilhard de Chardin di cui si è fatto più
volte il nome nelle presenti discussioni. Il dotto gesuita accettò la teoria darwiniana dell’evoluzione e dedusse la rivelazione cristiana da quel sistema, ma dovette abbandonare l’uomo, nel corso di milioni di secoli, alle forze della natura, che alternano la creazione alla distruzione. Dio in quel sistema appare all’inizio e alla fine del mondo».
3. “Sul filo della corrente” (19 febbraio 1963) descrive la società attuale, caratterizzata dall’accentuato egotismo e protagonismo individuale che non costruiscono nulla di
durevole: «L’opinione che si vive una volta sola ha messo solide radici persino in coloro che credono nell’aldilà. Sia pure, essi dicono, ci sarà un aldilà, ma non essendo possibile
ch’esso sia simile all’al-di-qua vediamo di spremere tutti i succhi della vita presente che ci è data. Non si può ammettere che i sensi non abbiano un senso; non è pensabile
che Dio dopo averci fatto nascere stia lavandosi le mani di noi per migliaia di secoli, come ci fa supporre il venerato Teilhard de Chardin. D’altronde, se il Creatore
è misericordioso, e come non pensarlo tale?, comprenderà che durante simile sterminato intervallo nessun essere ragionevole poteva vivere dimezzando le proprie facoltà
vitali. E così il peccato, il male non fa più paura a nessuno, perché rappresenta il momento necessario nella dialettica del bene; anzi il bene non sarebbe neppure immaginabile
senza la contropartita del male».
4. “Il gesuita proibito” (15 marzo 1963) è la recensione-commento al celebre libro di Giancarlo Vigorelli,3 che almeno in parte fece finalmente conoscere agli italiani il
pensiero di Teilhard, le cui opere postume si stavano pubblicando in Francia sin dal 1955. Montale inizia così il suo articolo: «L’ultimo serio colpo al creazionismo dei teologi
che accettano alla lettera le parole della Bibbia l’ha dato un sacerdote cattolico largamente noto come geologo e paleontologo e ancor più conosciuto per il suo dramma
personale di sincero cristiano fedele alla sua Chiesa ma irriducibile a ogni sconfessione del suo pensiero religioso e scientifico». Poi descrive il pensiero di Teilhard sino
all’Omega e precisa: «Tutto ciò era già nell’occulto pensiero di Alfa, il punto di partenza, il “fiat” iniziale, ma sono occorsi milioni d’anni e l’avvento di Cristo perché il processo
si compisse secondo le leggi della natura, attraverso feroci selezioni, decimazioni, stragi e sprechi d’ogni genere. Le vie dell’evoluzione sono disseminate di cadaveri, il male è in noi come un ostacolo da superare, ma non sembra gli si riconosca una esistenza ontologica. Comunque siamo lontani da ogni manicheismo o dualismo esistenziale.
La natura è a suo modo divina, la vita dev’essere vissuta con gioiosa accettazione e il singolo deve aprirsi al collettivo, all’immagine di un’umanità totale assorbita nel suo ultimo destino. Socialismo, se volete, ma senza alcuna connessione con i socialismi materialisti d’oggi; e un largo afflato di religiosità terrestre che non sorprende in un
sacerdote che si disse naturaliter panteista e che lottò tutta la vita per conciliare il cielo e la terra.
Mi rendo conto che un’esposizione così sommaria può lasciare interdetto il lettore. Nel Fenomeno umano essa è invece dedotta con spirito consequenziale e con una ricchezza di osservazioni scientifiche tale da trascinare il più riluttante lettore. Da questo punto di vista il libro è tanto più pericoloso per la teologia tradizionale in quanto l’opera divina, anziché essere negata, viene assorbita e quasi condizionata da un immenso processo
naturale».
Alla fine, Montale esprime la sua opinione personale:
«Nel pensiero teilhardiano il punto Omega (Dio) è anche una creazione umana: Dieu a besoin des hommes, idea che non mi spaventa ma sarà difficilmente accettabile da chi
vede nel dono della vita un atto gratuito. C’è stato il punto Alfa, ma che bisogno Egli aveva di produrre l’uomo attraverso una serie innumerevole di distruzioni, selezioni,
sconvolgimenti e massacri? E se non poteva farne a meno conviene ammettere che Egli era appena un pre-Dio condizionato, naturale e imperfetto, nozione che non mi preoccupa personalmente, ma…
C’è di più; il passaggio dalla biosfera alla noosfera e quel che ne segue non è dedotto, è indotto: resta un’ipotesi. Inoltre: qual è il significato delle galassie e degli altri pianeti
(probabilmente disabitati) se sulla stessa terra l’<asse> del Cristianesimo ha lasciato da parte interi continenti? Come si può pensare che la “stoffa” della natura sia tessuta e
sottesa da una volontà univoca? (Lo stesso Chardin in Cina e in India ne ha dubitato).
Un punto ancora tra i mille che si affacciano: se il tessuto è continuo, se il più contiene il meno e il meno è un anticipo del più, se un principio d’anima è già negli animali, come
la mettiamo l’immortalità dell’anima dei pesci, dei rettili e degli uccelli? E per concludere  diciamo tutta la verità: in quale frigorifero sono finite le anime dei milioni di milioni
di uomini vissuti prima di noi in attesa di incentrarsi attorno, o al di sotto del punto Omega? Forse che quelle sono travasate quantitativamente nelle nostre? A mio modo
di vedere una nozione quantitativa dell’anima non ha nulla a che vedere con la nozione cristiana di sopravvivenza post-mortem.
Tutto ciò non toglie che il gesuita Teilhard de Chardin sia stato un grande veggente, un illuminato. Una sola frase tolta da una lettera: “È tirandosi dietro tutto il mondo dentro
di sé che si avanza nel cuore di Dio”, potrebbe salvare molti spiriti che stanno annegando
nel gorgo dell’uomo moderno “improbabile” e “assurdo”».
5. “Lettera da Albenga” (21 aprile 1963) è una riflessione sull’esistenza di Dio, con alcuni riferimenti al pensiero di Teilhard. La riporto quasi per intero:

«Anche i fisici dell’atomo credono in Dio. Così mi scrive, da Albenga, l’ingegnere Della  Valle, che ringrazio. Ma il Dio dei fisici, egli aggiunge, ha poco a che fare col Dio
delle religioni storiche e men che meno col Dio di Teilhard de Chardin. Il Dio dei fisici è l’entità che ha creato con un fiat unico e indivisibile le premesse (la materia) da cui si svolgeranno poi le varie forme della vita, fino all’avvento dell’uomo.4 L’errore delle religioni
è stato di prestare a questo Ente o Potere caratteri antropomorfici. Si giunge fino ad attribuirgli risentimenti e odio; si parla del “placatore della collera divina”;
si pensa di propiziarselo con particolari accorgimenti; si attendono da Lui vendette o ricompense.
Tutto ciò sembra ridicolo al mio lettore e, a quanto pare, ai fisici che la pensano come lui. Né io scrivo qui per contraddirlo. Se in realtà il Creatore fosse immaginabile con i poteri e la lungimiranza che gli si attribuiscono, sarebbe difficile non renderlo corresponsabile degli orrori che si sono accumulati sull’uomo da molte migliaia di millenni.
Se poi il Dio iniziale (l’Alfa) non fosse che un Dio parziale che attende di poter compiere numerosi altri fiat per completare se stesso e raggiungere la condizione finale di
Omega, tanto più allora bisognerebbe supporre in lui i caratteri della mente umana e l’antropomorfismo toccherebbe l’assurdo.
Fin qui seguo la traccia offertami dall’ingegner Della Valle. Se poi mi sforzo di integrare il suo pensiero, debbo inferirne che il Dio dei fisici ignora l’opera sua e le conseguenze
che ne sono venute. Infatti, ammettere in Lui una conoscenza, nel senso che la parola ha per noi, sarebbe già riconoscergli un pensiero: il nostro. Il Dio dei fisici non  può avere neppure una esistenza attuale, tanto meno un’esistenza futura. Egli è stato, una sola volta, unica e irripetibile; la nostra debole mente non può fare a meno di raffigurarselo
come Persona, sia pure non fisica, ma in verità Egli non fu che l’attuarsi di una Condizione (forse improbabilissima) che maturò con leggi proprie, senza che il Condizionatore ne sapesse nulla.
Diciamo pure tutto: un simile Dio non dà consolazioni all’anima umana ed era inevitabile che il suo volto subisse adattamenti e mascheramenti. In una civiltà di massa siffatti
camouflages sembrano del tutto necessari. Il Dio della nostra civiltà diventerà sempre più una suppellettile del nostro comfort quotidiano: degli attributi umani che gli conferiamo
perderà solo quello della collera, non quelli della benevolenza e dell’ inclinazione al compromesso, al pateracchio.
I Greci avevano risolto il problema in altro modo: inventando gli Dei, divinità ad hoc fatte a loro misura. Non diverso il pensiero di Holderlin che credeva all’esistenza di divinità
terrestri, viventi in incognito tra di noi. Ma non è facile incontrarne qualcuna; solo ai poeti è concessa tale possibilità. Ed è questo ancor oggi l’unico modo di avere
un’esperienza concreta del divino…».
6. “Soltanto inventariare” (27 giugno 1965) è il titolo riferito agli artisti degli anni
Sessanta, che secondo l’opinione del critico Enzo Siciliano offrono solo “inventari e non espressioni”. Montale scrive: «…resto incerto quando Siciliano mi dice che i concetti
cristiani e kantiani appaiono esauriti, benché egli aggiunga che “a tutt’oggi è difficile prevedere quale possa essere la strada speculativa per arrivare a tanto”. La strada mi
pare invece ben chiara: è quella dell’uomo concepito come fine: tesi che molti tra i più grandi scienziati d’oggi, non necessariamente cristiani, pongono in dubbio. Non nego
che il cristianesimo inteso come macchina sociale, dogmatismo e burocrazia sia in pieno sfacelo; contesto solo che esso debba risolversi nel culto dell’uomo e possa risollevarsi con le escogitazioni parascientifiche del paleontologo Teilhard de Chardin. Per quel che nega, più che per quello che afferma, il cristianesimo ha ancora molto da dire…
7. “Variazioni” (23 settembre 1969)
«Quando l’evoluzione biologica dell’uomo avrà compiuto la necessaria escalation, le anime dei superstiti uomini (non si sa se pochi o molti) decolleranno alla crosta (psichica)
del mondo e raggiungeranno il punto Omega fondendosi nel Tutto (Dio?) “ma conservando la loro individualità specifica”. Le parole tra virgolette sono di Nicola
Abbagnano, il quale ha riassunto in questi giorni il pensiero di Teilhard de Chardin. Io del dotto gesuita ho letto un libro solo – Il fenomeno umano – e non posso dire in qual
modo, e in quale opera, il problema della specifica individualità delle anime post mortem sia stato da lui affrontato. Ho letto però i saggi di parecchi teilhardiani e sono rimasto a mani vuote. Naturalmente il paleontologo gesuita avrà cercato di cavarsela alla meglio e non dubito ch’egli, scienziato ma anche prete, abbia potuto scrivere, qualche volta, più o meno di quanto pensava.
Non importa: fingiamo pure di credere che il traguardo da lui immaginato risponda al vero. Come la mettiamo allora la conservazione di quei miliardi di anime che sono esistite
e si sono spente prima del decollo [Omega]? Bisognerebbe ricorrere all’ipotesi della metempsicosi, alle molte e successive reincarnazioni delle anime. Il che non è affatto
contemplato dalle Sacre Scritture. La religione che dovrebbe legare insieme gli uomini, non può andar d’accordo con quella scienza, la biologia, che è selezionatrice
per eccellenza. Il giorno in cui il mondo finirà tutti gli uomini che sono apparsi alla luce, da Adamo fino a Mr. Smith, dovranno essere salvi e recuperati. Così si dice. Me ne
rallegro anche se io, personalmente, non mi sento degno di alcun recupero».
Meriggiare pallido e assorto
presso un rovente muro d’orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
schiocchi di merli, frusci di serpi.
(da “Ossi di seppia”, 1925)
T. Signorini – Piagentina
COMMENTO
A. Esaminiamo la poesia, suddivisa in tre parti diversamente colorate:
Paleontologo e prete, ad abundantiam
uomo di mondo, se vuoi farci credere che un sentore di noi si stacchi dalla crosta di quaggiù, meno crosta che paniccia,
per allogarsi poi nella noosfera che avvolge le altre sfere o è in condominio e sta nel tempo (!), ti dirò che la pelle mi si aggriccia quando ti ascolto. Il tempo non conclude
perché non è neppure incominciato.
È neonato anche dio. A noi di farlo vivere o farne a senza; a noi di uccidere il tempo perché in lui non è possibile
l'esistenza.
L’incipit in blu definisce la figura di Teilhard de Chardin. Gli articoli esaminati dimostrano che il poeta ha nei suoi confronti un atteggiamento di contenuta ammirazione
per la fermezza con cui seppe difendere le proprie idee. Quantunque abbia opinioni diverse, Montale riconosce il valore della principale opera teilhardiana che ha letto, Il
fenomeno umano.
Con l’espressione “uomo di mondo” s’intende solitamente una persona che ha vissuto molte esperienze. Il titolo di un libro di Carlo Cassola (Dal “Cortigiano” all’“Uomo di
mondo”) aiuta a comprenderne meglio il significato: Teilhard de Chardin è scienziato ma anche gesuita e, in quanto tale, dipende da un Ordine cui deve assoluta obbedienza.
Ciò nonostante egli è “ad abundantiam uomo di mondo”, vale a dire un uomo che manifesta senza timori le proprie idee, condivide le vicende umane – come al fronte
per assistere i feriti o nelle aree paleontologiche di ogni continente con altri scienziati - ha intensi rapporti epistolari con molte persone, sia uomini che donne, durante tutta la
vita. Per Montale, l’espressione “uomo di mondo” sarebbe quindi elogiativa.
Nella parte in verde è tratteggiato il pensiero di Teilhard sull’esito finale della noosfera, che sgomenta o fa inorridire il poeta (“la pelle mi si aggriccia/quando ti ascolto”).
In colore viola, le affermazioni con cui Montale giustifica il suo atteggiamento negativo rispetto alla visione tendenzialmente ottimistica di Teilhard.
La poesia “A un gesuita moderno”, come già detto, fa parte della raccolta Satura, di cui F. De Rosa scrive: «Ci troviamo davanti a un libro miscellaneo e di poesia satirica. Il
che giustifica uno choc anche prima della lettura, poiché né il carattere miscellaneo, né tanto meno il genere satirico erano mai stati patrimonio della poesia montaliana…
Montale ha parlato esplicitamente di “poesia comica” per le sue raccolte da Satura in poi».5 Ciò spiega meglio il tono ironico della poesia riferita a Teilhard, che taluni citano
per sminuirlo.
B. Negli scritti esaminati, Montale precisa il suo pensiero nei riguardi dell’evoluzione e di Dio. Egli è particolarmente colpito dalle feroci selezioni e stragi avvenute durante
un passato evolutivo di milioni di anni. Si tratta di vicende estremamente drammatiche, è innegabile! Nel commento ad un lavoro di Julien Ries,6 è stato pure rilevato l’enorme
lasso di tempo, di cui non si ha chiara percezione, fra la comparsa di Homo abilis e la venuta di Cristo. Il diagramma sottostante serve a cogliere grosso modo le inimmaginabili
dimensioni temporali del nostro passato:
Homo abilis Homo erectus H.Sapiens 2,5 milioni di anni fa G.Cristo
In realtà, Teilhard de Chardin non fissa lo sguardo su tale smisurato arco di tempo, se non per individuarvi il “filo d’Arianna” della crescente complessificazione. Persino nel
disumano scenario della 1^ guerra mondiale, egli guarda al Futuro dell’umanità: intuisce, sino a esserne sicuro, la nascita e lo sviluppo della Noosfera, che complessificandosi
sempre più tenderà a centrarsi in un Punto Omega umano e divino.7 Il corso stesso del tempo non implica che il progresso umano si realizzi con certezza, perché la libertà
può essere usata sia per il bene che per il male.8 Ciò che conta è il senso delle intenzioni e delle opere umane. Scrive Teilhard: «C’è soltanto un senso buono ed un senso
cattivo: il senso dell’ascesa, dell’unificazione amplificante, del massimo sforzo spirituale; e il senso della discesa, dell’egoismo che immiserisce, del godimento materialistico.
Seguite nella direzione che conduce in alto, tutte le creature sono luminose».9 Tutte, anche quelle che vissero migliaia di anni fa!
Su un punto Montale e Teilhard concordano: il male è strutturalmente connesso con il processo evolutivo. Ma il secondo puntualizza: «Un Mondo che non presentasse più
traccia o minaccia di Male sarebbe un Mondo già ultimato»10 e «L’essere si rinnova soltanto con la morte. Bisogna vivere per infrangere un bozzolo».11
C. Sarebbe interessante prendere in esame, una per una, le riflessioni di Montale contro l’esistenza di Dio, ma a che servirebbe? Sappiamo infatti che non ci sono, né possono
esserci - perché altrimenti la libertà di auto-decidersi verrebbe meno! - argomentazioni
di per sé sufficienti a dimostrare in modo inconfutabile le ragioni della propria scelta spirituale.
A ben guardare, però, prima di decidere fra l’esistenza o non esistenza di Dio (tema su
cui normalmente s’incentra il dibattito fra credenti e atei), bisognerebbe risolvere
questa domanda preliminare: qual è, per noi, l’Increato ovvero l’Assoluto? Vi sono due
tipi di risposte: 1) è l’Universo stesso (o la Materia o l’Energia o gli Elettroni12 di cui è costituito). Stephen Hawkings teorizza che – siccome esiste (!) la “Legge di gravità” – l’Universo può crearsi dal nulla.13 Se così fosse, l’Assoluto sarebbe la Legge di gravità, che per Hawkings è di fatto Increata, dato che non la fa dipendere da
nient’altro; 2) è un Essere trascendente.
L’atto di fede, per così dire primario, consiste nel credere che una delle due suddette alternative sia quella vera o per lo meno la più probabile.
La ragione ha qualche peso in questa scelta? Dovrebbe o potrebbe averla, certamente!
Come abbiamo visto, Montale osserva: «Il Dio dei fisici ignora l’opera sua e le conseguenze che ne sono venute. Infatti, ammettere in Lui una conoscenza, nel senso che la parola ha per noi, sarebbe già riconoscergli
un pensiero: il nostro». Teilhard de Chardin ragiona invece così:
«Poiché la persona umana, con la sua intelligenza e il suo straordinario potere di amare, rappresenta la forma più perfetta che conosciamo nella serie degli elementi del
Mondo, noi diciamo che Dio dev’essere concepito nella direzione di una superpersona…
Un Dio che fosse “una legge”, o una verità astratta, avrebbe meno essere di noi! Il che è assurdo».14
Con la prima alternativa, bisogna necessariamente pensare che l’ordine e la razionalità di tipo matematico (implicita nei rapporti fra gli elementi fisici dell’Universo, come nella
complessità astronomicamente elevata del nostro sistema nervoso) derivino da un processo originario caotico, privo di finalità intrinseche, e da un’infinita serie di casi
consecutivi favorevoli. Per quanto mi riguarda, ritengo che questo scenario assomigli più ad un racconto fiabesco che a un normale esito del calcolo probabilistico.
La seconda alternativa ammette un Essere (Dio) che ha creato gli elementi e le leggi fisiche del mondo, in via di costruirsi evolutivamente. L’orientamento del moto evolutivo
verso la crescente complessità, sino all’uomo (e oltre), sarebbe avvalorato scientificamente dal “Principio antropico”, discusso dall’astrofisico Alberto Masani in un suo articolo qui pubblicato.15
D. Le argomentazioni scientifiche sono evocate sia da coloro che credono in Dio sia da
coloro che Lo negano (ma questi ultimi “credono”, quasi sempre senza rendersene conto,
in un Assoluto immanente, ossia alla prima delle due alternative sopra indicate!).
Poiché la situazione è senza alcun dubbio questa, i dibattiti oggi di moda sul tema Scienza e Fede risultano pressoché inutili, se non controproducenti (soprattutto per chi
vorrebbe indurre gli atei a credere in Dio16). Confermo perciò quanto detto nello studio
«“Scienza e Fede”: tema troppo insistito ed esperienze ignorate (Teilhard e Florenskij
)» (http://www.biosferanoosfera.it/scritti/SCIENZA%20%20FEDE.pdf), essendo in ciò confortato dall’opinione di uno dei maggiori filosofi viventi, Alasdair MacIntyre,
che ha recentemente scritto: 17
«Egli [Newman] sapeva bene che la credenza che Dio esista è contestabile e che non ci sono argomenti a favore dell’esistenza di Dio ugualmente cogenti per tutte le persone
intelligenti. I non credenti contemporanei ritengono però che sarebbero razionalmente giustificati a credere nell'esistenza di Dio solo se venissero loro offerti degli argomenti
risolutori [a quanto pare, è anche il caso di E. Montale]. A una simile posizione il teista deve rispondere che ogni essere la cui esistenza fosse giustificata in tal modo
non sarebbe Dio. Non è che non ci siano argomenti sufficienti a giustificare l’asserzione teista dell’esistenza di Dio: piuttosto la correttezza di questi argomenti sarà
sempre contestabile, proprio a causa della natura di Dio e della sua relazione con la Creazione».
Sono pervenuto alla stessa conclusione in: «Verità dell’anima (un dialogo interiore)»
(http://www.biosferanoosfera.it/scritti/RELATIVISMO%20E%20VERITA.pdf), dove aggiungo: «Mi sembra che occorra accettare il rischio di ammettere un certo relativismo della ragione, che è tuttavia il male minore rispetto alle dannose conseguenze del fondamentalismo e del modello esclusivista. Osservo però che se una certa fede nasce per davvero dal discernimento interiore, essa è anche l’unica possibile, ed è per questo che la persona la sente vera. Sarebbe quindi fuori posto volerla imporre con dei ragionamenti, anziché proporla con una coerente ed umile testimonianza personale».
In definitiva, la “soluzione” del problema di Dio è concretamente data dalla risposta esistenziale di ciascun uomo, piuttosto che dalle sue concezioni scientifiche, filosofiche e teologiche. Ne deriva che la fede in Dio ha soprattutto bisogno di essere testimoniata
con modi di agire da essa ispirati.
E. In un’intervista del 1965 fu chiesto ad Eugenio Montale se il poeta può fare a meno di Dio. Egli rispose così:
«Io sono un poeta che ha scritto un’autobiografia poetica senza cessare di battere alle porte dell’impossibile. Nella mia poesia c’è il desiderio d’interrogare la vita. Dopo lo
scetticismo iniziale, nei miei versi della maturità ho tentato di sperare, di battere al muro, di vedere ciò che poteva esserci dall’altra parte della parete, convinto che la vita ha
un significato che ci sfugge. Ho bussato disperatamente come uno che attendeva una
risposta. C’è nozione di Dio, nella mia poesia: ma a patto di togliere a Dio ogni attributo
dogmatico. E io sono un cristiano: ma un cristiano che non appartiene a nessuna
chiesa».18
Il minimo che si possa dire è che Montale riconosce in Cristo l’Anthropos per eccellenza
(che esorta tutti, senza distinzioni, ad una crescente “umanizzazione”), ma ritiene
che «il cristianesimo inteso come macchina sociale, dogmatismo e burocrazia sia in
pieno sfacelo» (p. 5), che il Vangelo, quindi, sia “occultato”, non testimoniato fedelmente. 19
Negli anni ’60-’70, egli forse condivideva con molti altri la speranza che Teilhard de Chardin fosse all’avanguardia di un generale rinnovamento della Chiesa. È difatti significativo che Montale lo abbia stimato come «un grande veggente, un illuminato»  e che abbia intravisto nel suo pensiero («È tirandosi dietro tutto il mondo dentro di
sé che si avanza nel cuore di Dio») un nuovo modo di essere cristiani: talmente partecipi ai problemi del mondo da poter trascinare con sé e «salvare molti spiriti che stanno
annegando nel gorgo dell’uomo moderno “improbabile” e “assurdo”» Il poeta considera Teilhard de Chardin «uomo di mondo» (in senso lodativo, come già detto), cioè capace di relazionarsi positivamente con molte persone, spesso atee o agnostiche, restando sul loro stesso piano. Questo atteggiamento è riscontrabile con assoluta
evidenza nelle sue numerossime lettere, e ciò è molto istruttivo! Difatti, a coloro che negano l’esistenza di Dio oppure dubitano della Sua Bontà e Misericordia, non si
possono dare delle risposte dogmatiche, come fanno ad esempio certi ambienti cattolici od i fondamentalisti delle altre religioni e confessioni. Di grande ostacolo è anche
una certa aria cattedratica che talvolta il credente ostenta nei riguardi dell’ateo e dell’agnostico.
«Fin quando – nota Teilhard de Chardin - noi sembreremo voler imporre dall’esterno, ai moderni, una Divinità precostituita, anche se fossimo immersi tra la folla, predicheremmo irrimediabilmente nel deserto. C’è un solo mezzo per far regnare Dio sugli uomini del nostro tempo: è quello di passare attraverso il loro ideale; è cercare con loro il
Dio che noi già abbiamo, ma che è ancora tra noi come se non lo conoscessimo».20
Credere o non credere in Dio significa vivere rispettivamente, come se Dio esistesse o come se Dio non esistesse.
Ma credere è molto di più della scommessa di Pascal, basata su un criterio di ragionevole convenienza probabilistica. L’atto di fede implica l’umiltà di riconoscere la finitezza
della ragione umana e nello stesso tempo il desiderio di trascenderla, senza peraltro abbandonarla. Credere è un costante orientamento della vita al Divino e, per il cristiano,
alla Parola rivelata da Gesù.
Note
1 In Satura, Oscar Mondadori, Milano 2009.
2 Cfr. http://www.culturacattolica.it/default.asp?id=430&id_n=17923
3 G. Vigorelli, Il gesuita proibito, il Saggiatore, Milano, prima edizione febbraio 1963.4 C’è una nuova tesi dell’astrofisico Stephen Hawkings, secondo il quale l’universo si è creato da sé, e pertanto Dio
non ne è l’Autore. La questione è ripresa nel commento finale.
5 Cfr. “Profilo di Satura”, in http://chroniquesitaliennes.univ-paris3.fr/PDF/57/DeRosa.pdf pp. 113 e 121.
6 http://www.biosferanoosfera.it/scritti/ORIGINE%20COSCIENZA%20ARCAICA.pdf pp. 11-12.
7 http://www.biosferanoosfera.it/scritti/PUNTO%20OMEGA.pdf
8 http://www.biosferanoosfera.it/scritti/progresso.pdf
9 P. Teilhard de Chardin, Le direzioni del futuro, SEI, Torino 1996, p. 87.
10 P. Teilhard de Chardin, L’ambiente divino, Queriniana, Brescia 1994, p. 59, in nota 3.
11 P. Teilhard de Chardin, Journal, Fayard, Paris 1975, p. 326.
16 Per rendersi conto di ciò, si ascolti il dibattito del 20.1.2010 fra il Vescovo di Verona, Mons. G. Zenti, e l’astrofisica
M. Hack, in http://www.youtube.com/watch?v=vHOD28PGxrw&feature=PlayList&p=A90644C12D76A808&index=0&playnext=1
17 “Fede, ragione e scienza. La lezione di Newman” , in “Vita e Pensiero”, Luglio - Agosto 2010, p. 24.
12 Cfr. Jean Charon, Lo psichismo nell’universo http://www.biosferanoosfera.it/scritti/PSICHISMO%20UNIVERSO.pdf
13 Cfr. http://cosmiclog.msnbc.msn.com/_news/2010/09/01/5028472-hawking-says-gods-not-needed-so
14 P. Teilhard de Chardin, Realizzare l’uomo, il Saggiatore, Milano 1974, p. 58.
15 http://www.biosferanoosfera.it/scritti/IL%20PRINCIPIO%20ANTROPICO.pdf
Si veda altresì la celebre opera di John D. Barrow e Frank J. Tipler, Il principio antropico, Adelphi, Milano 2002.
18 Cfr. http://www.csscro.it/riviste/2003_gennaio.pdf pp. 71-72.
19 Su tali aspetti: cfr. G. Nobis, L’amore incompiuto – Fede cristiana e dogmi, il Segno dei Gabrielli ed., S. Pietro in Cariano
(VR), 2009. Si veda la recensione in http://www.biosferanoosfera.it/scritti/REC%20LIBRO%20NOBIS.pdf
20 P. Teilhard de Chardin, Note pour servir à l’Évangélisation des Temps nouveaux, in “Écrits du temps de la guerre,
-Grasset, Paris 1965. La Note pour servir … è inedita in Italia.


dal sito biosferanoosfera.it

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