mercoledì 31 ottobre 2012

                             Intervista a Jean Guitton

 In uno Speciale di Liberal (n.3) è stata pubblicata una interessante intervista al filosofo Jean Guitton. L'intervista realizzta dal giornalista Marino Parodi ha affrontato  anche una domanda su Teilhard de Chardin. Ecco la domanda e la risposta di Guitton.


Parodi:  "Non si può parlare di fede e scienza nel Ventesimo secolo senza perlomeno accennare a un'altra grande figura a lei ben nota: padre Teilhard de Chardin. Lei ha scritto, nel suo libro Chaque jour que Dieu fait: «Non oso dirlo, ma potremmo augurarci un futuro Teilhard-guittoniano, ovvero una sintesi tra le teorie di Teilhard, che è un genio, da un lato, e le idee di Guitton dall'altro, il quale non è un genio ma è dotato di un solido buon senso». Che cosa ha inteso dire con ciò?

Guitton:  "  Intendevo dire che sono sì per Teilhard de Chardin, a condizione di correggere le esagerazioni del suo pensiero, che tendono a uscire dal seminato rispetto alla fede cattolica. Benché nel Vangelo di San Giovanni leggiamo che Cristo afferma di essere l'Alfa e l'Omega, sino a Teilhard de Chardin Cristo è stato visto soltanto come alfa, ovvero come principio della storia umana e non come omega, ovvero come termine. La genialità di Teilhard consiste appunto nell'aver quindi collocato Cristo al centro del futuro ed è interessante notare che, con la teoria dell'evoluzione, la scienza gli ha sostanzialmente dato ragione. Teilhard ha così brillantemente risolto uno dei più gravi problemi del pensiero religioso: per il cristiano Cristo non può che essere al centro dell'universo e non già stretto entro i limiti di quel breve periodo storico che è la Rivelazione".
www.liberalfondazione.it/archivio/speciali/Terzo_Millennio/Guitton.htm           http://lgxserver.uniba.it/lei/rassegna/990323a.htm 





 
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Teilhard e la cultura cinese

 Come abbiamo più volte citato Padre Teilhard venne "invitato" ad andarsene dalla Francia e dall'insegnamento con la scusa che in Cina avevano bisogno di lui per le ricerche paleontologiche.  Ma come sappiamo il vero motivo era quello di allontanarlo per le sue idee evoluzioniste.  Teilhard obbedì alla "Chiesa" e andò in Cina dove non si chiuse in se stesso e nel lavoro di paleontologo, ma si aprì al mondo circostante aprendosi con sensibilità alla cultura spirituale cinese e diventando di fatto anche un missionario della cristianità.
Il 18 ottobre 2006 Marco Nicolini-Zani tenne una relazione al "Centro Missionario PIME" di Milano sul tema:  Una lunga storia di incontri: il missionario cristiano in dialogo con la cultura cinese. Voglio qui riportare alla vostra attenzione il passaggio in cui Marco Nicolini-Zani parla dell'incontro di Teilhard con la cultura cinese.
"Il missionario cristiano è chiamato a lasciarsi trasformare, a permettere che l’alterità cui si fa prossimo muti le proprie forme espressive esteriori e interiori. Questo lo avvicina a quella che è la terza tappa, o il terzo livello del dialogo, dell’incontro. L’accoglienza, all’interno della propria personale visione della realtà, del punto di vista dell’altro, dello sguardo e del pensiero dell’altro, resta il punto di arrivo mai raggiunto, cui sempre tendere; non in una «fusionalità» in cui l’altro si confonde con me ed è annesso al mio pensiero, ma in una reciproca ospitalità e accoglienza, che ha come fine la vera, profonda comprensione delle ragioni dell’altro. Come ha scritto Louis Massignon: «Per comprendere l’altro, non bisogna annettere l’altro a sé, ma divenirne l’ospite».
Siamo dunque al piano più profondo dell’esperienza dell’incontro e del dialogo, in cui il pensiero stesso dell’altro non è più estraneo, nella fattispecie il pensiero cinese. Evidentemente, questa meta non può che essere raggiunta se non attraverso un percorso di tutta una vita segnata dall’apertura e dall’ascolto dell’altro, di incontro in incontro, di dialogo in dialogo.
Il missionario cristiano che, attraverso questo percorso, è uscito da sé e si è lasciato permeare dal «mondo umano cinese», si troverà già naturalmente immerso anche nel «mondo spirituale cinese», essendo realtà umana e spirituale intrinsecamente connesse. Per «spiritualità cinese» si intende quell’ampio spazio in cui sono racchiuse tutte le relazioni dell’uomo cinese con le realtà terrene e ultraterrene, al cui interno vi sono anche le credenze religiose.
Fra i tanti esempi che si potrebbero citare a questo proposito, vorrei soltanto ricordare l’esperienza di ascolto della spiritualità orientale vissuta dal padre Teilhard de Chardin (che non sappiamo però attraverso quali letture sia passata), da lui accennata in vari passaggi del suo epistolario, e anche descritta in modo più sistematico in due saggi: “La route de l’Ouest” (“La strada dell’Occidente”, 1932), in cui paragona la mistica orientale alla mistica occidentale, e “L’apport spirituel de l’Extrême Orient” (“L’apporto spirituale dell’Estremo Oriente”, 1947).

Sintetizzando, il padre Teilhard sentì la spiritualità orientale - quella cinese in particolare - a lui vicina, e la accolse, la ospitò senza timore nel proprio pensiero teologico cristiano, recependone in particolare alcune direttrici.
Innanzitutto, l’ampiezza e la vastità dell’orizzonte del pensiero orientale. Fin dai suoi primi anni in Cina, il pensiero di Teilhard viene come dilatato dalla “multiforme” alterità del pensiero orientale, le cui forme rivelano una tale esuberanza di «possibilità» nella filosofia, nella mistica e nella morale umane, che non ci si può affatto rappresentare un’umanità interamente e definitivamente racchiusa nell’angusta rete di precetti e di dogmi entro i quali alcuni si immaginano di aver sviluppato tutta l’ampiezza del cristianesimo.
In secondo luogo, la riflessione filosofica cinese sull’uomo. Del pensiero cinese antico, soprattutto della scuola confuciana, Teilhard de Chardin ritenne «un gusto persistente, e alla fine sempre vittorioso, dell’Uomo e della Terra». Nel saggio, “L’apport spirituel de l’Extrême Orient”, ripete la stessa convinzione: «Se è possibile e permesso condensare in una secca formula l’esuberante realtà diffusa in tremila anni di virtù, di arte e di poesia, non si potrebbe, non si dovrebbe forse dire che ciò che caratterizza l’anima della vecchia Cina è il gusto, molto più che la fede, nell’uomo?».




In terzo luogo, la riflessione, soprattutto taoista, sull’armonia cosmica e il costante divenire cosmico, fondato sulla dualità dinamica di “yin” e “yang”, e la sua tensione verso l’Unità. «La grandezza incomparabile delle religioni dell’Oriente - scrive Teilhard - è quella di aver vibrato come nessun’altra della passione per l’Unità». Infine, la speculazione filosofica (mistica) buddhista. Teilhard pare sia stato sedotto soprattutto dalla scuola buddhista della “Terra Pura” (“amidismo”); su questo si confrontò anche con il confratello Henri de Lubac, conoscitore e studioso di questa scuola. Da ciò che possiamo intendere dai suoi scritti, Teilhard fu particolarmente affascinato dalle elaborazioni filosofiche del buddhismo antico.
Padre Jacques Leclerc, un prete cattolico francese che ha vissuto per un certo periodo in Cina in tempi più recenti, conferma questo piano più profondo dell’esperienza dell’incontro e del dialogo. Scrive Leclerc nella sua autobiografia spirituale: «Ecco la ragione più importante della mia vita in Cina: lasciar crescere (in me) l’uomo spirituale. L’uomo non è spirituale se non nell’alterità, nell’ospitalità. I cinesi sono un’alterità molto esigente. Essi mi danno la possibilità di diventare quest’uomo nella sua umanità spogliata, in cammino, affamata, svuotata, e autentica... in una parola, l’uomo spirituale». 

Giovanni Fois

 
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Teilhard durante il soggiorno cinese

                                  Preghiera Propria

Per chi come me passa molto del suo tempo nel Web, tra  vecchi giornali e le bancarelle di libri usati,  alla ricerca di tutto quanto riguarda Teilhard de Chardin, si imbatte sempre in qualche chicca.
 Ho trovato, tempo fa, sul sito NNTP NewGroup GATEWAY  un brevissimo post di Marco O. della Galassia Pinzillacchera.   Il  post era dedicato a Teilhard e alla fine riportava questa Preghiera Prorpria. Mi è piaciuta e ve la ripropongo. 
Giovanni Fois


Signore nostro Dio,
nel Teologo e Scienziato Pierre Teilhard de Chardin, noi abbiamo visto un uomo che non ha disprezzato la scienza con la sua fede, e neppure ha abbandonato la fede con la scienza; ma ha vissuto entrambe le ricerche come un dono per l'edificazione dell'uomo. Fa che anche noi, come lui, non disprezziamo il cervello che tu ci hai dato per pensare con la nostra testa, per indagare e scoprire la verità. Allo stesso tempo, fa che serbiamo la fede per compiere atti di amore verso tutti. Per Cristo, nostro Signore.
-Amen
Un livre magistral “LE PHÉNOMÈNE HUMAIN”



Par Pierre de Grandpré

Quand un ouvrage de science contient une vision du monde aussi profonde, aussi originale et aussi féconde pour la pensée et l'action que le Phénomène humain, ce n'est pas seulement le public ordinaire des ouvrages scientifiques qui doit être alerté.
Cette première oeuvre imprimée du déjà illustre géologue et pa-léontologiste français Pierre Teilhard de Chardin est d'un penseur qui n'hésite pas à innover et à franchir hardiment les limites d'une scien-ce trop étroitement positiviste. C'est l'objet étudié qui réclamait, pour être convenablement appréhendé, cet assouplissement des ins-truments d'investigation. Les méthodes ne sauraient être les mêmes pour la connaissance analytique d'objets limités et pour une vision étendue au Tout de l'Univers : l'étude en profondeur de l'homme ne demande pas moins que de remuer « mer et monde » pour cerner sa vraie nature, sa vraie place et son vrai destin. La méthode est du reste incontestablement scientifique puisqu'elle s'en tient rigoureusement  
au « phénomène ». « Ces pages, dit le Prologue, représentent un effort pour voir, et faire voir, ce que devient et exige l'Homme. »
Le phénomène en question est d'une telle ampleur cependant, il plonge des racines si profondes dans ce que l'auteur nomme « l'Etoffe de l'Univers », que l'interprétation scientifique, se rapprochant de la philosophie, présente toutes les apparences d'une tentative d'explica-tion philosophique du monde. En fait, l'oeuvre se situe à un niveau où la science [104] rejoint la philosophie, voire la religion, sans cesser d'être science ; elle inspire finalement à tout lecteur qui en saisit l'immense portée une éthique exaltante.
Maintes pages du Phénomène humain sont traversées d'un souffle pascalien. Au terme d'une vie de labeur, un savant réunit en une syn-thèse illuminante la vision « intelligible » du monde qu'autorise l'état actuel des acquisitions scientifiques ; et « l'intuition éclate sur les faits amoncelés ».
La principale affirmation à laquelle aboutit Teilhard de Chardin, c'est que l'Homme est « axe et flèche de l'Evolution ». Evolutionniste, ce père jésuite l'est avec une hardiesse, une décision, un enthousiasme qui font pâlir, par comparaison, les ferveurs du premier évolutionnisme matérialiste. Celui-ci s'en tenait à la face somatique, corporelle des origines humaines ; c'est l'ascension et les sautes successives de la Nature vers tout l'Homme, âme et corps, qui intéresse Teilhard de Chardin. Avec Julian Huxley, il professe que l'homme contemporain « n'est pas autre chose que l'Evolution devenue consciente d'elle-même ». De là l'inquiétude moderne, ce sentiment d'angoisse métaphy-sique lié à la brusque confrontation de l'homme avec l'Espace-Temps selon des perspectives que ne soupçonnaient pas nos pères.
Ce qui retire tout danger d'aggraver le mal à l' « initiation aux di-mensions vraies du Monde » qu'est le Phénomène humain, c'est préci-sément d'aller jusqu'au bout, jusqu'à la « perception d'une Evolution » qui anime cet Espace-Temps. « Aussi longtemps que nous croyons les voir immobiles et aveugles, écrit l'auteur, Temps et Espace sont à bon droit effrayants. » Mais « qu'importent les millions d'années et les milliards d'êtres qui nous précèdent, si ces gouttes innombrables for-ment un courant qui nous porte en avant ».
Au terme de son travail, Teilhard de Chardin résume ainsi son ef-fort : « Pour faire une place à la Pensée dans le Monde, il m'a fallu in-térioriser la Matière : imaginer une énergétique de l'Esprit ; concevoir au rebours de l'Entropie une montante Noogénèse ; donner un sens,  
une flèche et des points critiques à l'Evolution ; faire se reployer fina-lement toutes choses en Quelqu'un.
 « Dans ce ré-agencement des valeurs, j'ai pu me tromper sur bien des points.
« Que d'autres tâchent de faire mieux. Tout ce que je voudrais c'est avoir fait sentir, avec la réalité, la difficulté et l'urgence du problème, l'ordre de grandeur et la forme auxquelles ne peut échapper la solution ».
L'auteur a parfaitement fait saisir cet « ordre de grandeur » et l'intuition qu'il nous livre et développe mérite d'être appelée géniale.
Plus hardi que tous les autres évolutionnistes, Teilhard de Chardin discerne, coextensif à leur Dehors, « un Dedans des Choses » : « Dans une perspective cohérente du Monde, la Vie suppose inévitablement, et à perte de vue avant elle, de la Prévie. » Dans l'univers de la matière, l'intérieur des choses (« centréité, ») et leur complexité ne sont que les deux faces ou parties liées d'un même phénomène. Ce que l'auteur nomme la loi cosmique de complexité-conscience lui permet de suggé-rer comment la première cellule vivante peut être issue d'une toujours plus grosse et plus complexe molécule. L'émersion de l'organique hors du chimique est la première mue, le premier seuil que nous ayons à comprendre en la replaçant entre un Futur et un Passé sur une ligne d'évolution qui conduira jusqu'à l'homme et jusqu'à l'avènement de l'Esprit. Quelle surabondance d'essais et de millénaires il aura fallu ! « Une fois, et une fois seulement, au cours de son existence planétai-re, la Terre a pu s'envelopper de vie. Pareillement, une fois et une fois seulement, la Vie s'est trouvée capable de franchir le pas de la Ré-flexion. Une seule saison pour la Pensée, comme une seule saison pour la Vie. Depuis ce moment l'homme se trouve former la flèche de l'Ar-bre, ne l'oublions pas. En lui, comme tel, à l'exclusion de tout le reste, se trouvent désormais concentrés les espoirs d'avenir de la Noosphè-re, c'est-à-dire de la Biogénèse, c'est-à-dire finalement de la Cosmo-génèse. »
Il ne saurait être question dans un bref article de suivre dans le détail les perspectives grandioses que propose l'auteur en ce qui a trait à la Matière puis à la Terre juvénile ; ensuite au « pas de la vie » et aux évocations de cet « Arbre de la vie », [106] qu'il faudrait déra-ciner pour ne pas croire en l'évolution ; ensuite à la naissance de la pensée et au déploiement hors et au-dessus de la Biosphère, de la Teilhard de Chardin, Réflexions sur le bonheur. Inédits et témoignages.. (1960) 96
« Noosphère », la vie poussant en avant tout son réseau à la fois pour accomplir cette saute de première grandeur où la personnalisation de l'individu correspondra à l'hominisation du groupe tout entier, la cons-cience étant depuis l'origine la substance et le sang de la Vie en évolu-tion. Au-delà, il y aura encore l'avènement de l'Humanité à travers les Hommes.
Après avoir suivi les racines du Phénomène humain, à travers la Vie, jusqu'aux premiers enveloppements de la Terre sur elle-même, l'au-teur observe ce que la Réflexion annonce, en avant. « La Science, dans ses ascensions, écrit-il, - et même, je le montrerai, l'Humanité, dans sa marche - piétinent en ce moment sur place, parce que les esprits hési-tent à reconnaître qu'il y a une orientation précise et un axe privilégié d'évolution. Débilitées par ce doute fondamental, les recherches se dispersent et les volontés ne se décident pas à construire la Terre, » En un large tableau, Teilhard de Chardin montre comment l'histoire humaine, à sa manière et à son degré, est de l'histoire naturelle, enco-re. Mais nos temps connaissent un « changement d'âge ». Selon le mot de Henri Breuil : « Nous venons seulement de lâcher les dernières amarres qui nous retenaient encore au Néolithique. » Et Teilhard n'hé-site pas : « La chance, et l'honneur, de nos brèves existences à nous-mêmes, c'est de coïncider avec une mue de la Noosphère... Nous voici face à face avec toute la grandeur, une grandeur jamais atteinte, du Phénomène humain. Ici ou nulle part, maintenant ou jamais... nous pou-vons espérer... mesurer l'importance et apprécier le sens de l'Homini-sation. » Et qu'est-ce donc qui nous a faits si différents de nos aïeux d'il y a seulement quelques générations ? « C'est d'avoir pris conscien-ce du mouvement qui nous entraîne... » Chimie, physique, sociologie, etc. : « L'un après l'autre, tous les domaines de la connaissance humai-ne s'ébranlent, entraînés ensemble, par un même courant de fond, vers l'étude de quelque développement... ... L'invention, cet acte révolution-naire dont émergent l'une après l'autre les créations de notre pensée, peut être regardée [107] comme prolongeant sous forme réfléchie le mécanisme obscur par lequel toute forme nouvelle a jamais germé sur le tronc de la Vie. »
L'Homme, flèche montante de la grande synthèse biologique, cette vision fondamentale n'est-elle pas profondément stimulatrice ? « In-clinons-nous donc avec respect sous le souffle qui gonfle nos coeurs pour les anxiétés et les joies de « tout essayer et de tout trouver ». L'onde que nous sentons passer ne s'est pas formée en nous-mêmes. Elle nous arrive de très loin, - partie en même temps que la lumière des premières étoiles. Elle nous parvient après avoir tout créé en chemin.  Ù
L'esprit de recherche et de conquête est l'âme permanente de l'Evo-lution. »
La partie du livre consacrée à la Pensée, avec la dernière sur la Survie, contient les pages les plus inspiratrices de l'oeuvre. Cet article prendrait des proportions démesurées si je tentais de résumer la pen-sée de Teilhard de Chardin sur « L'Issue Collective », « L'Hyper-personnel » et « La Terre Finale ». Les paragraphes intitulés « L'Amour-énergie » et « Les Attributs du Point Omega » sont d'une particulière richesse de pensée.
Tout ce livre qui dit d'où l'homme vient, qui cherche à deviner où il va, prêche implicitement une option qu'il s'agit pour l'Humanité de fai-re émerger : l'acceptation d'Oméga, le Terme.
Y a-t-il conflit entre Foi et Science ? L'auteur n'en croit rien : « A mesure que la tension se prolonge, c'est visiblement sous une forme toute différente d'équilibre, non pas élimination, ni dualité, mais syn-thèse, - que semble devoir se résoudre le conflit. » C'est qu'une même vie anime science et foi.
« Effrayé un instant par l'Evolution, écrit l'auteur dans un épilogue sur « Le Phénomène chrétien », le chrétien s'aperçoit maintenant que celle-ci lui apporte simplement un moyen magnifique de se sentir et de se donner plus à Dieu... » C'est « par toute la longueur, l'épaisseur et la profondeur du Monde en mouvement que l'homme se voit capable de subir et de découvrir son Dieu ». Nous sommes entrés dans un monde où il [108] devient possible « d'aimer le formidable mouvement qui nous emporte ».
La synthèse de la foi et de la science inspire encore à l'auteur des phrases aussi étonnantes que celles-ci, dans lesquelles il est aisé de découvrir une source inépuisable d'idéaux, une exhortation suprême-ment entraînante : « Saisir, réunis tous ensemble, la barre du Monde, en mettant la main sur le ressort même de l'Evolution. À ceux qui ont le courage de s'avouer que leurs espérances vont jusque-là, je dirai qu'ils sont les plus hommes des hommes, - et qu'il y a moins de diffé-rence qu'on ne pense entre Recherche et Adoration *.   
Au Révérend Père Teilhard de Chardin


                                         HENRI PICHETTE
     ( Publié par Esprit, février 1954. Extrait des Poèmes offerts),

Contre la pesanteur une flamme se dresse.
Parole ou parabole ? alouette ou fusée ?
Arme d'archange ? hostie éclairant le cénacle ?
Cette main a saisi le fil de la caresse ;
Dans l'espace du coeur cette âme est diffusée ;
Cet orgue a retrouvé le chemin du miracle.
La pluie et l'océan et l'univers salubre,
L'infini me propose une astrale équipée ;
Le jour monte et descend selon mon seul mystère ;
Ma nuit s'arrache aux bras de son dompteur lugubre,
Pour se donner ardente et nue à l'épopée
Du radieux amour dont rayonne la terre.
Ici, le tournesol illumine l'église ;
Le rocher se déchire et la source est première ;
L'être a droit de regard sur le grain des campagnes ;
La cendre sous la neige aussi se cristallise.
Ailes en croix, natif de l'oeuf de la lumière,
Je suis l'oiseau qui touche aux rêves des montagnes.
Mes yeux puisent leur vie au plus beau de l'image.
Les algues, les roseaux vont par de larges nombres ;
Et les soleils... Où suis-je, - ô grandeur exilante ?
Mes fruits prennent sans fin aux racines de l'âge ;
Il n'est point de taillis qui ne m'ouvre ses ombres,
D'assez vaste tombeau pour ma mort vigilante.
 Nul n'est moins seul que moi : nous, troupeaux, nous, peuplades, Nous, liseré d'écume au long de la falaise,
Nous, vignes et jardins, et nous, langue sonore
Portée à retentir aux cieux par escalades,
Rien ne peut nous ôter le goût de la genèse.
Qu'on m'arrachât le coeur, il germerait encore. *
Contre la pesanteur une flamme se dresse.
Parole ou parabole ? alouette ou fusée ?
Arme d'archange ? hostie éclairant le cénacle ?
Cette main a saisi le fil de la caresse ;
Dans l'espace du coeur cette âme est diffusée ;
Cet orgue a retrouvé le chemin du miracle.
La pluie et l'océan et l'univers salubre,
L'infini me propose une astrale équipée ;
Le jour monte et descend selon mon seul mystère ;
Ma nuit s'arrache aux bras de son dompteur lugubre,
Pour se donner ardente et nue à l'épopée
Du radieux amour dont rayonne la terre. Teilhard de Chardin, Réflexions sur le bonheur. Inédits et témoignages.. (1960) 13
* Publié par Esprit, février 1954. Extrait des Poèmes offerts, de He
Ici, le tournesol illumine l'église ;
Le rocher se déchire et la source est première ;
L'être a droit de regard sur le grain des campagnes ;
La cendre sous la neige aussi se cristallise.
Ailes en croix, natif de l'oeuf de la lumière,
Je suis l'oiseau qui touche aux rêves des montagnes.
Mes yeux puisent leur vie au plus beau de l'image.
Les algues, les roseaux vont par de larges nombres ;
Et les soleils... Où suis-je, - ô grandeur exilante ?
Mes fruits prennent sans fin aux racines de l'âge ;
Il n'est point de taillis qui ne m'ouvre ses ombres,
D'assez vaste tombeau pour ma mort vigilante.
Nul n'est moins seul que moi : nous, troupeaux, nous, peuplades, Nous, liseré d'écume au long de la falaise,
Nous, vignes et jardins, et nous, langue sonore
Portée à retentir aux cieux par escalades,
Rien ne peut nous ôter le goût de la genèse.
Qu'on m'arrachât le coeur, il germerait encore. *


Teilhard et sa vision spirituelle du Milieu mystique
              Pasteur Philip HEFNER
                 (Georgetown University aprile 2005)

Résumé : Les commentaires du Pasteur Hefner sont une interprétation de l’essai de Teilhard
en date de 1924 : « Mon Univers ». Teilhard parle du « Milieu mystique » dans lequel sa vie se déroule. Ce Milieu est un parcours charnel, matériel vers la plénitude de la Christogénèse.
Cette vision spirituelle reconnaît la matérialité du parcours spirituel, et rend ainsi l’étude scientifique de la matière et de la nature révélatrice de Dieu. Cette vision est aussi une ligne directrice pour le travail moral qui s’offre à nous dans la construction de la Terre, trava qconstituenotrecontribution au développement spirituel ayant la Christogénèse pour résultat.
Ecrivant à Tientsin, Chine, il y a quatre-vingts ans presque jour pour jour, Teilhard livra pour
la deuxième fois un essai dont le titre était « Mon Univers ». Ce texte a depuis longtemps pour
moi une signification spéciale. Teilhard y parle du « Milieu mystique ». C’est un état de
conscience qui marque toute sa vie, qu’il agisse, qu’il prie, ou qu’il « ouvre laborieusement
son âme pour le travail ». Dans cet état de conscience, il se sait « in Christo Jesu ».
Que pouvons-nous dire de ce Milieu mystique ? « C’est une Chair –car de la chair il a toutes
les propriétés de domination palpable et d’étreinte sans limite. » C’est le Monde, et par
conséquent « pas une des impressions que j’en reçois ne manque de m’apporter une petite information supplémentaire sur Dieu. Comme un organisme puissant, le Monde me transforme en celui qui l’anime ». Avec ces mots, Teilhard donne un aperçu sur une vision spirituelle puissante, aux immenses possibilités pratiques. Union avec le Christ et union ave le Monde deviennent un seul processus de croissance –physiquement, moralement et spirituellement. Le Christ et le Monde sont inséparables. Nous reconnaissons en cela
l’importance que Teilhard donne toujours à la « Christogénèse », pleine participation du
Christ à la dynamique de l’évolution du Monde.
Ces idées ont un pouvoir magnétique ; elles nous entraînent dans une vision fantastique de
Dieu et du Monde. Ce qui m’a d’abord attiré vers cet essai, cependant, et qui est demeuré en
moi, s’exprimant dans mes sermons et dans mes cours, c’est l’image de l’Eucharistie qui porte
la vision de Teilhard. Citant Grégoire de Nysse, il écrit : « Le pain Eucharistique est plus fort
que notre chair ; voilà pourquoi c’est lui qui nous assimile, au lieu de nous, quand nous le
prenons ». Le pain, qui est le corps du Christ, nous consomme. Nous savons que, pour
Teilhard le Monde entier et toute la création sont l’Hostie Eucharistique. C’est cette Hostie
qui est élevée dans la Messe sur le Monde que nous avons célébrée hier. Le corps du Christ a
les contours de l’Hostie que nous avons reçue dans le sacrament, mais il n’y est pas confiné.
L’Eucharistie a « des extensions réelles et physiques ».
« Puisque, avant tout, le Christ est oméga, c’est-à-dire « forme » universelle du Monde, il ne
saurait trouver son équilibre et sa plénitude organiques qu’en assimilant mystiquement tout
ce qui l’entoure. L’Hostie est pareille à un foyer ardent d’où rayonne et se répand la flamme.
Comme l’étincelle jetée dans la bruyère s’entoure bientôt d’un large cercle de feu, ainsi, au
cours des siècles, l’Hostie sacramentelle, l’Hostie de pain, va s’enveloppant toujours plus
intimement d’une autre Hostie, infiniment plus grande, qui n’est rien moins que l’Univers luimême…
Le Monde est la définitive et réelle Hostie où descend petit à petit le Christ et
jusqu’à la consommation de son âge. »
Cette vision spirituelle est sensible au mécanisme réciproque de l’activité et de la réceptivité.
C’est le rythme de la vie –nous travaillons activement, donnant à nos énergies une extension
maximum, et nous somme également agis, entraînés dans le mouvement du Monde, et par
conséquent de Dieu. Dieu nous tire gracieusement vers Lui dans et à travers nos actes, qui
nous poussent vers Lui. Nous prenons le pain et le vin dans le sacrement et nous les
consommons, mais nous faisons cela à l’intérieur du rythme plus vaste où nous sommes nousmêmes
consommés par les flammes brûlantes de l’Hostie elle-même, qui est le Christ.
Deux facettes de cette vision spirituelle méritent une attention particulière ce soir : les
perspectives qu’elle ouvre sur la nature et les sciences de la nature, d’une part, et sa
dynamique pour l’action morale, d’autre part.
Perspectives sur la nature et les sciences de la nature
Pour Teilhard, l’idée n’est pas simplement que les activités du Monde peuvent avoir pour
résultat une Christogénèse, mais plutôt que l’énergie agissante du Monde, la raison d’être de
l’évolution, est le Christ, l’émergence plus complète du Christ. Il écrit :
« Autour de nous, le Christ agit physiquement pour tout régler. Depuis la dernière agitation
atomique jusqu’à la plus haute contemplation mystique ; depuis le plus léger souffle
jusqu’aux plus larges courants de vie et de pensée, il anime sans cesse, sans les troubler, tous
les mouvements de la Terre. Et réciproquement, il bénéficie, physiquement, de chacun d’ eux :
tout ce qui est bon, dans l’Univers est reçu par le Verbe Incarné comme un aliment qu’ il
assimile, transforme, divinise. »
Dans cette vision, nous discernons une perspective sur la nature très significative –la nature
est une révélation de Dieu et des voies du Christ. Puisque les sciences étudient la nature et
fournissent des connaissances sur ses processus, la science est également, quand elle est
comprise correctement, connaissance de la façon dont Dieu agit. C’est sur la base de sa
recherche scientifique que Teilhard formula sa première théorie de complexité-conscience. Sa
vision spirituelle lui faisait un devoir de reconnaître que c’était en même temps une théorie
sur la façon dont Dieu agit. Dans cet essai, il en parle comme de la théorie de « l’Union
Créatrice ».
Les oeuvres scientifiques de Teilhard nous montrent combien pour lui la matière faisait
intrinsèquement partie du Monde et aussi de nous-mêmes. Que nous parlions du physique ou
du spirituel, nous parlons d’un domaine matériel et de son développement. La vision de
Teilhard ne s’occupe pas de la matérialité, ou de naturalisme ; c’est plutôt notre perspective,
notre compréhension de la matière et de la nature qui sont en cause. En tant que processus
d’union créatrice, la matière est inséparable de l’esprit. Aussi ne faut-il pas s’étonner que
Teilhard parle du Milieu mystique comme d’un royaume de chair et de sa propre quête
comme de celle d’un homme qui « n’a pu trouver l’équilibre de sa vie intérieure que dans un
concept physiciste et unitaire du Monde et du Christ, basé sur la physique. » La physique du
Monde et du Christ. Voilà un langage qui nous semble étrange, mais cela n’a pas toujours été
le cas dans la tradition chrétienne. Au XVIème siècle, ce n’était pas si rare, comme en
témoigne le traité de Philippe Mélanchton intitulé « Theologia physica », traité qui eut un
grand retentissement. Teilhard fait un pas de plus avec sa « Christologia physica ».
De nos jours, nous parlerions plus volontiers de ce genre de pensée avec les termes de
« théologie naturelle », ou « théologie fondamentale ». Chez Teilhard, nous le rencontrons
sous forme de vision spirituelle.
Dynamique pour l’action morale
« Parce que le Christ est oméga, l’Univers est physiquement imprégné, jusque dans sa moelle
matérielle, de l’influence de sa surhumaine nature. » Chaque action, chaque oeuvre, aussi
humble et discrète soit-elle, si elle est « bonne », c’est-à-dire si elle tend à favoriser l’union
créatrice de Dieu, est finalement dirigée vers la croissance spirituelle accomplie dans le
Christ. C’est une source de motivation morale et éthique puissante. « Construire la Terre » est
devenu une façon familière d’exprimer cette éthique, et nous savons comment cela peut être
mal compris, et même perverti. Cette norme et cette structure Christogéniques de
développement fournissent le contenu nécessaire à cette idée, et nous permettent de distinguer
entre le bien et le mal, entre ce qui sert la complexité-conscience d’une part, et ce qui est
exploitation cupide. Cependant, nous reconnaissons dans sa vision spirituelle que construire la
Terre n’est pas seulement un impératif moral ; c’est une nécessité ontologique et théologique.
La Christogénèse ne peut se produire qu’à travers le développement de la matière.
« Rien n’arrive à l’esprit que par un trajet déterminé à travers la matière. Sur ce parcours,
les étapes ne sauraient être brûlées ; et il serait bien difficile de dire jusqu’à quelle
profondeur descendent encore au-dessous de nous les racines de l’esprit. La Chair du Christ
s’alimente de tout l’Univers. Le Milieu mystique recueille tout ce qui est énergie. Rien n’est
impuissant et condamné, dans le Monde, que ce qui tourne le dos à l’unification de l’esprit. »
Résumé
Les images de l’Eucharistie sont ici déterminantes. Notre travail, scientifique ou autre, et nos
efforts moraux dans le monde ont vraiment pour but un accomplissement personnel, une
avancée matérielle, et une excellence de performance, mais c’est l’accomplissement,
l’avancée et l’excellence qui sont initiés pour nous dans le corps et le sang du Christ. Notre
construction de la Terre n’est pas notre domination de la Terre, mais plutôt le fait que nous
sommes consommés par la Terre, unis à elle dans des processus de complexité. Notre
construction de la Terre est notre voie de pénétration dans la Christogénèse, notre plus grande
participation au Christ. Le Christ est le capaciteur, le « Dieu-En avant » de l’évolution, et
aussi le critère des bonnes et des mauvaises actions.
Teilhard résume sa vision de la vie chrétienne quand il dit que la vision mystique découvre à
la fois la consécration sacramentelle du Monde par une « foi entière » et la communion au
Monde par une « fidélité entière ». La foi lui fait voir « dans le réseau infini des causes
secondes l’influence organique du Christ » ; la fidélité « saisit toutes les occasions de
grandir » et « toutes les invitations à mourir ».
TEILHARD DE CHARDIN
(da una conferenza stampa di Padre Arrupe)



Il 14/6/1965, il  Generale della Compagnia di Gesù, P. PietroArrupe, ha temuto una conferenza stampa, largamente ripresa dalla stampa internazionale e nostrana, a causa di alcune risposte relative a temi molto attuali e d’interesse per la pubblica opinione. Delle cinque domande sottoposte, riportiamo quella riguardante P. Teilhard de Chardin.
“ Che cosa pensa del fatto che nonostante il Monitum del 30 giugno 1962 con il quale la Santa Sede segnalava i gravi errori filosofici e religiosi che pullulano negli scritti di Teilhard de Chardin, pubblicisti e autori cattolici oggi esaltano Teilhard de Chardin come uno dei più grandi maestri del pensiero religioso cristiano del mondo contemporaneo?”
Padre Arrupe  " Rispondo con due osservazioni. Una riguarda autori e pubblicisti che parlano di P. Teilhard. Ce ne sono alcuni che lodano incondizionatamente, ma non tra i gesuiti. Gli ultimi due libri scritti da gesuiti sul pensiero di P. Teilhard ‘La vision de Teilhard de Chardin’ di Pierre Smuldes e ‘La pensée du Pére Teilhard de Chardin’ di Emile Rideau, pur simpatizzando con le sue idee, non mancano di dare le necessarie riserve su alcuni punti ambigui o erronei.
La seconda osservazione riguarda la difficoltà di cogliere il pensiero esatto e definitivo di P. Teilhard; egli ha scritto moltissimo durante la sua lunga vita, ma è continuamente ritornato sulle sue idee, rivedendo, correggendo. Cosicché, su uno stesso problema ci sono molti testi, talvolta differenti e contrari.
Molti suoi scritti, oggi pubblicati non erano destinati alla pubblicazione, ma erano soltanto dei tentativi di ricerca in cui talune cose non erano sufficientemente maturate ed altre erano imperfettamente espresse. Inoltre, ambiguità ed errori, non certamente voluti da P. Teilhard che ha inteso restare assolutamente fedele all'insegnamento della Chiesa possono anche spiegarsi col fatto che, da una parte, il campo in cui si moveva era stato sino allora inesplorato ed il metodo da lui usato era nuovo; dall’altra, egli non era un teologo o un filosofo di professione ed è perciò possibile che egli non abbia visto tutte le implicazioni e le conseguenze filosofiche e teologiche di certesue intuizioni.
Bisogna però dire che nell’opera di P. Teilhard gli elementi positivi sono di gran lunga più numerosi degli elementi negativi o degli elementi che si prestano a discussione. La sua visione del  mondo esercita un influsso assai benefico negli ambienti scientifici, cristiani e non cristiani. Il P. Teilhard è uno dei più grandi maestri del pensiero del mondo contemporaneo, ed il successo che egli incontra non deve meravigliare. Egli, infatti, ha compiuto un grandioso tentativo di riconciliare il mondo della scienza con quello della fede: partendo da un'inchiesta scientifica, egli utilizza un metodo fenomenologico che piace ai nostri contemporanei e corona la sua costruzione con una dottrina spirituale in cui la persona di Cristo si trova non solo al centro della vita di ogni cristiano, ma al centro dell’evoluzione del mondo come voleva S.Paolo che parlava di Cristo “in cui tutte le cose hanno consistenza”.
 Non si può perciò, non riconoscere la ricchezza del messaggio del padre Teilhard per il nostro tempo.
Del resto, la profondità spirituale del padre Teilhard, che nessuno nega, si radica nella sua vita religiosa quale egli l’ha vissuta alla scuola di Sant’Ignazio Il suo tentativo è in pieno nella linea dell’apostolato della Compagnia di Gesù: mostrare come tutti i valori creati trovano in Cristo la sintesi totale e collaborano alla gloria di Dio".
(da: Aggiornamenti Sociali, n. 7-8 1965 pag.548)