lunedì 1 ottobre 2012



ATTUALITA' DEL PENSIERO SOCIALE DI TEILHARD DE CHARDIN

                              EMILE RIDEAU

     E' difficile misurare l'interesse attuale per Teilhard de Chardin e l'influsso che ancor oggi egli esercita: anche se non è entrato nel « cono d'ombra » (1) in cui spesso penetrano gli scrittori e gli artisti dopo la morte, sembra comunque che una certa effervescenza nei suoi confronti si sia sedata e che le discussioni appassionate si siano alquanto smorzate.  E' ancora troppo presto per sapere se egli sarà passato solo come una meteora sfolgorante o se invece avrà segnato profondamente il nostro tempo.
   Comunque sia, il ventesimo anniversario della sua morte (10 aprile 1955) invita a un ritorno sul suo pensiero, tanto più che tale anniversario ha coinciso con la pubblicazione del suo « Journal », in cui si manifesta la straordinaria attività del suo spirito durante la prima guerra mondiale (2).
    Scegliendo un punto di vista certamente particolare, ma centrale, ci proponiamo di offrire una visione d'insieme del suo pensiero sociale e di mostrare come esso mantenga la propria sostanziale attualità malgrado i mutamenti della storia.






I MUTAMENTI CONTEMPORANEI

   In primo luogo, conviene delineare sommariamente alcuni dei grandi mutamenti avvenuti nel mondo dopo la scomparsa di Teilhard, poiché precisamente uno sguardo sulla situazione contemporanea delle  idee e dei fatti permetterà di valutare la giustezza delle soluzioni da lui proposte e la pertinenza della sua visione della storia.
Nella massa dei cambiamenti avvenuti, le novità più rilevanti ci sembrano le seguenti:

1. Il progresso straordinario delle scienze e delle loro applicazioni tecniche: fisica, biologia e medicina, informatica e cibernetica, astronautica, ecc.  Certo, Teilhard è morto troppo presto per salutare la conquista  della luna (1969-1974), impresa che lo avrebbe entusiasmato; non ha conosciuto né gli sviluppi della genetica, né le nuove scoperte preistoriche che fanno ulteriormente arretrare nel tempo le origini dell'uomo, né la prodigiosa fioritura delle scienze umane.  Ma tutti questi   progressi sono nella linea delle sue previsioni e delle sue speranze circa il dominio dell'uomo sulla natura.                                                                                                                                                                                                            

2.         Il perdurare, anzi l'esasperarsi dei conflitti tra gruppi o classi e tra nazioni, conflitti collegati con ideologie contrapposte; l'impotenza relativa degli sforzi e delle strutture di pace, e il crescendo della violenza; infine l'aggravarsi del divario tra popoli ricchi e popoli poveri. E' un fatto che gli Stati continuano sempre ad essere mossi dalla  preoccupazione egoistica dei loro interessi e che l'assenza di grandi guerre è dovuta all'equilibrio del terrore.  Questo sussistere dei particolarismi e dei contrasti è una seria smentita all'ottimismo di Teilhard circa la « planetizzazione » umana e l'avvenire dei mondo.

3. Il permanere, anzi l'intensificarsi del conflitto spirituale tra la non credenza e la fede, tra l'ateismo e il cristianesimo: non si tratta qui soltanto dei marxismo, ma del neopositivismo strutturalista che sotto forme diverse riduce l'uomo ai suoi condizionamenti, e più generalmente della pretesa dell'uomo a «farsi » da se stesso e soltanto da se stesso.  Se la tensione tra la scienza e la fede si è attenuata grazie  alla delimitazione dei loro ambiti rispettivi, la negazione atea dell'esistenza di Dio e della rivelazione soprannaturale è sempre virulenta e non sembra destin4ta a scomparire in seguito all'autocritica della Chiesa e alle sue riforme interne dopo l'ultimo Concilio.  Così la frattura tra la Chiesa e il mondo, che Teilhard aveva constatato e contro la quale aveva lottato, persiste e tende anzi ad allargarsi.  E' possibile che gli sforzi dei cristianesimo non siano stati abbastanza radicali, ma non si vede, contrariamente alla tesi di Teilhard, come si possa sperare la conversione del mondo dal progresso di un umanesimo cristiano.

4. L'avvento del « gauchisme » - fenomeno sconosciuto a Teilhard e ormai universalmente diffuso -, ossia di un movimento di contestazione critica della cultura moderna, che ne mette in questione le forme diverse di razionalismo, nella speranza di un cambiamento radicale  dell'esistenza. A questo movimento si associa un antintellettualismo, fondato sulla critica del linguaggio e sensibile al divario di questo rispetto al mistero  della realtà, un rifiuto dell'ontologia ereditata dall'ellenismo.  Pur essendo ben consapevole della inadeguatezza tra la parola e il pensiero (3), Teilhard avrebbe certamente preso le distanze da questo antirazionalismo che tende a svalutare la scienza, la tecnica e l'organizzazione sociale, e del quale certe forme manifestano un'evasione dal mondo.

5. Soprattutto, il diffondersi abbastanza generalizzato di un sentimento di angoscia, dovuto alla presa di coscienza dei vicoli ciechi in cui finisce il grande progetto, nato dal Rinascimento e che fu l'anima
dei  tempi moderni.  Certo, l'uomo continua per inerzia a gestire, bene o male che sia, la sua impresa e a tamponarne le falle, ma la crisi è tale e le contraddizioni tanto acute che egli giunge a poco a poco a un atteggiamento di scetticismo.  Di fronte a problemi giganteschi la cui lista è impressionante (crescita economica, esplosione demografica, violenza, uso militare dell'energia atomica, ecc.), anche se si esita a pronunciare una dichiarazione di fallimento, palliativi e aggiustature non sono tuttavia proporzionati a una situazione tragica in cui per la prima volta l'umanità si trova ad affrontare la questione della propria sopravvivenza.  Non soltanto la fede nel progresso è seriamente intaccata, ma l'imminenza delle minacce induce a una certa disperazione di fronte all'avvenire, a un certo « disgusto della vita », fenomeno che già Teilhard aveva creduto di scorgere.  Ma è proprio qui, forse, di fronte all'esigenza di una inversione che sarebbe più esatto chiamare conversione, che le sue soluzioni e il suo spirito avrebbero l'opportunità di imporsi, a condizione di essere a loro volta purificati da un residuo di razionalismo.

Passiamo ora ad esaminare la situazione che Teilhard si era trovata di fronte e aveva volato cambiare: il suo merito, infatti, non fu solo quello di descrivere una fase della storia, ma di impegnarsi a fondo per affrontarne i pericoli.  Da questo punto di vista, la sua posizione si avvicina più a quella di Marx che al disinteresse hegeliano: « I filosofi hanno soltanto diversamente interpretato il mondo; si tratta, invece, di trasformarlo »






LA RIFLESSIONE DI TEILHARD SULL'UOMO                                               

   Contrariamente a quanto si pensa di lui, Teilhard ha una visione lucida del male. quello del suo tempo, quello della condizione umana in generale.

l. Lo sguardo sul suo tempo.

   Non si può misconoscere la fierezza che egli prova per la sua epoca; con tutta l'anima aderisce ai trionfi della ragione (scienza, tecnica, organizzazione sociale) e crede al progresso dell'umanità.  Ma non per questo è meno lucido sugli aspetti negativi della realtà.

Egli rileva il paganesimo dei costumi e le debolezze degli individui; le ideologie politiche non lo soddisfano; scorge le degenerazioni antipersonalistiche della socializzazione; la crisi economica del 1929 e le due guerre mondiali gli rivelano l'esito disastroso delle passioni collettive; si affligge dello scarso rendimento delle energie umane, in particolare di quelle investite nella scienza; detesta il materialismo filosofico che rifiuta di ammettere la trascendenza l'uomo nell'evoluzione (5).                                     

    Ma soprattutto la sua attenzione si fissa sulla scissione tra il mondo e la Chiesa.  Da un lato, l'incredulità rifiuta di riconoscere l'esistenza di Dio e il fatto della Rivelazione, e ciò ha gravi conseguenze per l'uomo e per la storia: assenza di rispetto della persona, organizzazione soffocante delle società, rischio di provocare (per mancanza di una speranza assoluta) l'affievolimento degli sforzi umani e il disgusto per la vita. D'altro lato, pur conservando la sua verità, il cristianesimo ha perduto  una parte della sua vitalità, dunque della sua seduzione: poiché non corrisponde al nuovo ideale umano, dal quale è soverchiato, esso non interessa più, è diventato irrespirabile e antipatico a tutti coloro che si appassionano per il progresso del mondo.  Qui l'analisi di Teilhard si fa minuziosa e insistente, soprattutto nei testi non destinati alla pubblicazione: teologia astratta e senza radici nel reale (in particolare: cristologia giuridica, interpretazione in chiave pessimistica del peccato  originale e della redenzione, esegesi concordista, estrinsecismo della  nozione di Dio, permanenza del concetto di un universo statico, interpretazione della fine del mondo intesa come catastrofe), individualismo della salvezza, disinteresse giansenistico per il mondo e perdita del senso dei valori terrestri, devozioni puerili, rassegnazione eccessiva davanti al male, insipidità e timidezza dei cristiani, concezione soporifera della  carità, clericalismo autoritario, ripiegamento della Chiesa in un ghetto  chiuso, ecc. (6).  Ora, queste deficienze o deviazioni, contrarie allo spirito di Cristo, impediscono al cristianesimo di essere l'anima e l'energia del progresso umano, di contribuire alla riuscita finale della storia. Così l'uomo viene doppiamente colpito: dalla negazione intellettuale dell'incredulità e dalla debolezza spirituale dei cristiani.

2. Lo sguardo sulla condizione umana.

    Ma l'antropologia teilhardiana è  anche sensibile al male inevitabile o volontario che affligge la condizione umana.  Senza negare, certo, la grandezza naturale dell'uomo e la sua vocazione divina, egli ne descrive, come Pascal, la « miseria »: fragilità nell'universo, pesantezza fatale dei determinismi, rischi dell'esistenza, inconsistenza, flusso della temporalità irreversibile, prospettiva ineluttabile della morte, sofferenze varie, angoscia di vivere, ecc.
     Ma ciò che soprattutto lo colpisce, fin dalla genesi del suo pensiero durante la guerra del 1914, è l'isolamento o la solitudine dell'individuo, la distanza fra le coscienze, la loro difficoltà a comunicare e ad entrare in comunione.  Sorta da una esplosione originaria e legata all'atto creatore, la «molteplicità» è per lui, se non un male (poiché è precisamente la condizione del valore e del bene dell'unificazione), almeno un problema fondamentale, e non trova espressioni bastanti per caratterizzarla: polverulenza, dispersione, disaggregazione, segmentazione, frammentazione, sparpagliamento, disseminazione, divergenza, separazione, ecc.  Questa situazione universale si manifesta soprattutto presso le «monadi» umane, poiché sono persone individue, e diventa per esse sofferenza (7).
     Ma questa giustapposizione, già in sè temibile, diventa nell'uomo opposizione più o meno violenta, conflitto di egoismi: « L'uomo si sente a suo agio con qualunque animale della giungla; diventa aggressivo all'avvicinarsi di un suo simile » (8); « Oh! la rivalità nativa dell'uomo  per l'uomo! » (9).  Individui, sessi, gruppi e razze hanno la tendenza non soltanto a ripiegarsi su se stessi, ma a entrare in mutua concorrenza e a combattersi.  Così il difetto radicale dell'uomo è il non-amore  per l'altro, l'ostilità nei suoi confronti; e la condizione normale delle società è l'antagonismo delle forze, la mancanza di unanimità, la ricerca del massimo di autonomia.  Ma questa situazione è insostenibile, poiché contraddice l'aspirazione degli uomini a unirsi e non tende ad altro che alla loro distruzione (10).                                                   

LA SOLUZIONE PROPOSTA                   

    La sola misura di difesa nei confronti di tale situazione è la riunificazione dell'Essere - quello dell'umanità, ma anche quello del mondo - nell'amore e mediante l'amore: è questo il leitmotiv di tutto il pensiero teilhardiano.  Questo movimento di espansione e di ritorno è forse un'eco dei temi di Platone e soprattutto di Plotino, ma eco trasformata e rinnovata dal cristianesimo.                                                                                                                                           
 
1. L'amore è il valore esistenziale supremo, vertice di tutti gli altri  e oggetto finale dell'aspirazione oscura dell'universo come del desiderio più cosciente dell'uomo (11).  Per l'individuo come per la società nella storia, la sola cosa che importi è passare da un meno-essere a un essere-di-più, e infine superarsi nel pieno compimento dell'unità.  Bisogna però  intendersi circa questa unità: lungi dall'essere una confusione nell'omogeneità, essa è per l'uomo unanimità di persone distinte, organismo spirituale il cui tipo è il « Corpo mistico » di cui parla il cristianesimo.  Già nel suo « Journal », ma anche altrove, Teilhard insiste molto sul mantenimento della eterogeneità o della « differenza », cosicché un rapporto dialettico collega tra loro la comunione e la persona (12): si osserva qui una parentela del pensiero di Teilhard con il « personalismo comunitario » di Mounier.    

Teilhard avverte qui il bisogno di collegare questo tema a una metafisica generale dell'Essere e della creazione: è unendo, afferma egli, che Dio crea. Dunque l'essenza dell'essere « partecipato » è di essere unito: « Esse est uniri » (13).

2. Ma se l'atto di Dio è eterno, la creazione è essenzialmente temporale e la comunione finale che costituisce il disegno divino non può giungere a compimento se non partendo da uno stato di incompiutezza. L'unanimità umana si realizza dunque soltanto grazie a una genesi storica (termine centrale di Teilhard), a una trasformazione progressiva che fa passare i pensieri e t cuori dall'opposizione all'accordo. di questo movimento, Dio è insieme la causa, la forza movente e soprattutto il fine; egli è l'Attrazione suprema che determina e stimola il progresso  di tutta la creazione.
     Ma l'antropogenesi deve essere preceduta da una cosmogenesi, la quale non è altro che l'evoluzione della materia e della vita.  Da sempre, associata ai determinismi di cui non sopprime le leggi ma di cui orienta il corso, una Energia spirituale opera nell'intimo delle cose per preparare e avviare nella natura stessa la riunificazione degli uomini.  Partita da uno stato di disseminazione quasi infinita, la natura tende, almeno lungo certe linee, verso una strutturazione o combinazione, di più alta qualità, dei propri elementi: è così che l'atomo diventa molecola minerale, e questa molecola organica.  Quando una certa soglia di complessità è raggiunta, si opera necessariamente il passaggio all'organismo vivente.  La storia arborescente della vita continua questa strutturazione, che coincide con una elevazione del livello di coscienza (14).  Giunto il momento, essa approda all'uomo, varcando il « passo della riflessione ». Così, in senso opposto all'entropia, che è una energia di disaggregazione e una caduta verso l'omogeneo, agisce nell'universo una energia di unificazione e di ascensione; e la materia, che certamente separa e situa nello spazio, è anche una forza di coesione.  Ma in definitiva, per Teilhard, è lo Spirito che fa progredire verso l'unità.

    3. La storia umana, che allora si inaugura, è più drammatica, a causa del sorgere delle libertà, capaci di ostacolare la spinta dell'energia spirituale: tra le forze di disorganizzazione e le forze di coesione, il conflitto andrà accentuandosi.
    La grande idea di Teilhard è che questa energia spirituale non è altro che lo Spirito di Cristo, immanente e attivo in tutta la creazione. Più ancora presente nella storia umana, la promuove dal di dentro verso l'avvento di Gesù: « Quando Cristo apparve tra le braccia di Maria, aveva già sollevato il mondo » (15).
      Nella prospettiva fondamentale dell'unificazione del mondo e degli uomini, bisogna anzitutto considerare Lui come il Centro dell'incontro universale, il Promotore dell'unità, il Collegante e il Legame di ogni essere.  Si aggiunge qui per Teilhard una nuova prova della quasi-necessità dell'Incarnazione, senza cui la storia avrebbe mancato insieme di energia, di unità e di fine, storia che Cristo salva dall'assurdità e dal non-senso. E' questo   il principio della cristologia di Teilhard.
   Sorta da Gesù, la Chiesa è essenzialmente Incaricata di promuovere nella storia l'unificazione degli uomini nell'amore del quale Cristo è stato nella sua vita e nella sua morte l'esempio e il tipo assoluto. E tutte le sue strutture, i suoi dogmi e i suoi sacramenti non sono che                  mezzi per questo fine (16).

4. Ora, dall'avvento del cristianesimo, una visione d'insieme della storia mostra, attraverso gli ostacoli e i drammi, un progresso evidente dell'unità umana. Esso è più notevole oggi nel fatto della socializzazione o della planetizzazione, che aggrega e stringe insieme gli uomini malgrado le loro particolarità e divergenze: la scienza, la tecnica, le neces  sità dell'organizzazione sociale accrescono le interdipendenze e obbligano gli uomini a collaborarci, a riunirsi.
     Una estrapolazione permette qui a Teilhard di pronosticare l'avvenire dell'umanità: qualunque sia il tempo che occorrerà per questo, essa deve infallibilmente raggiungere un Punto ultimo e insorpassabile,                     Omega. Definito come l'unanimità umana nella comunione delle persone, esso si definisce altresì come l'incontro degli uomini con Dio, il passaggio dell'umanità nell'intimità divina: la speranza di questa riuscita, nel superamento della morte, è indispensabile per sostenere lo sforzo dell'umanità e preservarlo da ogni rilassamento e da ogni scoraggiamento. Questa meta è tanto più certa per il credente in quanto coincide con le promesse della Rivelazione cristiana, in particolare con la                          nozione paolina della pienezza del Corpo mistico di Cristo: la Chiesa che si va costruendo avrà un giorno il suo compimento, e Dio sarà tutto in tutto e tutto in tutti (1 Cor. 15, 28).                                                                                                                      
                                                                                                                                                  
5. In definitiva, « è un Amore che costruisce fisicamente l'Universo » (17), e l'intera storia (materiale, biologica e umana) è uno sforzo dello Spirito, immanente nel mondo, volto a ottenere che le libertà, al loro rispettivo livello, superino le loro opposizioni per riunirsi nell'Amore del quale partecipano. Consentendo a ciò, esse acquistano la loro vera « esistenza » in un « Noi » collettivo che è la perfezione del loro essere; e il mondo intero raggiunge la sua « consistenza » definitiva.

LE MEDIAZIONI DELL’UNANIMITA’

      Resta da chiedersi con quali mezzi effettivi l'umanità può giungere a questo termine della propria vocazione. A sua insaputa. Teilhard dispiega qui tutta la riflessione della filosofia esistenziale cristiana, elaborata alla sua epoca da pensatori quali Blondel, Mounier, Gabriel Marcel e molti altri; la sua originalità consiste nell'introdurvi la nozione                   oggettiva di un mondo in movimento, al quale le persone partecipano collaborando al suo successo.
      L'analisi da lui condotta fa emergere gli elementi seguenti, che costituiscono i «valori» che    l'uomo deve rispettare e perseguire per raggiungere il suo fine:

1. Il lavoro.

    Il lavoro utile, produttore di beni da distribuire, ha per Teilhard una triplice funzione: umanizza e spiritualizza l'universo materiale, del quale così avvia e anticipa la trasformazione finale; crea tempo libero, che può essere impiegato per attività superiori; soprattutto, la collabo razione che esso implica è un potente mezzo di coesione tra gli uomini. Perciò deve essere considerato « santo » e l'opera umana esige un'infinita serietà: con audacia, dunque, bisogna creare, proseguire l'esplorazione della realtà,  «cercare e trovare» (18). Teilhard si mostra qui erede della concezione nazionalista moderna, di cui Descartes coniò a suo tempo la formula definitiva: « rendersi dominatori e possessori della natura » (19). E rispetto all'Oriente, allora piuttosto passivo, tutte le sue preferenze vanno all'Occidente, attivo e sgobbone.
    Questo interesse per il lavoro gli permette di tracciare le grandi linee di una economia ideale. Innanzi tutto, egli non ha affatto simpatia per il capitalismo liberale, religione del denaro e del profitto individuale, e in cui la ricerca borghese dell'avere primeggia su quella dell'essere-di-più. Testimone della crisi del 1929 e dell'adozione del New Deal da parte di Roosevelt, egli auspica una pianificazione planetaria dell'economia che metta fine all'autarchia degli Stati, a condizione che tale organizzazione lasci un margine sufficiente per le libertà. Ma egli ritiene    che l'economia, lungi dall'esaurire il proprio fine nella produzione, deve mirare all'edificazione di una « terra nuova », di una umanità migliore, essere un mezzo di personalizzazione e di sviluppo per tutti. E' con un certo ottimismo che egli interpreta la disoccupazione come  un segno di quella disponibilità di tempo libero che permetterà una  più avanzata educazione delle masse.                                                  

2. Il pensiero.

L'esercizio del pensiero razionale volto alla ricerca della verità è per Teilhard ancora più importante, poiché il lavoro ne assicura la possibilità.  Senza dimenticare altre forme della conoscenza, in particolare la filosofia, egli pensa soprattutto alla scienza, che si augura venga praticata dal maggior numero possibile di uomini ma anche sia meglio organizzata.  Egli si rallegra del fatto che la scienza non sia più un'avventura di alcuni cercatori isolati, ma sia diventata una passione centrale e vitale dell'umanità giunta all'età adulta, « la forma sotto cui si   cela e opera col massimo di intensità il potere creatore di Dio ». Intimamente unita alla tecnica, la scienza ha di mira l'esser-di-più dell'uomo, e insieme con essa contribuisce alla socializzazione, dunque al progresso dell'unità interumana mediante la convergenza degli spiriti e l'identità dei metodi.  Ogni verità ha pertanto un « valore sacro ».

3. L'arte.

   Anche se meno sviluppato, il ruolo dell'arte non è misconosciuto, poiché essa è un raffinamento disinteressato della tecnica nella perfezione dell'espressione; compiendo meglio ancora la trasformazione oggettiva del mondo, essa è altresì indispensabile alla promozione di una umanità più unita: « Più il mondo si nazionalizza e si meccanizza, più esige i " poeti " come i salvatori e il fermento della sua personalità » (20).
                                                        
4. La vita sociale.                                                                                                                   
                                                                                                                                                                                                                                              
    Con una vera cesura rispetto agli stadi precedenti, che pure ne formavano l'inizio, si apre qui un campo estremamente vario, che è il nucleo centrale dell'unificazione umana: prenderemo in considerazione specialmente il pensiero di Teilhard sulla sensualità e sulle strutture politiche.

a)      La sessualità.      
      
   Fin dal tempo di guerra, come testimoniano molte pagine del suo  « Journal » (21), ma anche lungo tutta la sua vita (22), Teilhard ha molto riflettuto sul fenomeno della sessualità.
    Nella sessualità egli vede la linfa o la sorgente profonda delle attività superiori, l'energia che rende possibile ogni amore, « compreso quello di Dio ». In ciò che egli chiama « l'eterno femminino », identifica l'impulso sessuale con l'Energia spirituale che, alla ricerca di progresso e di unità, muove il mondo nelle diverse fasi della sua storia; questo slancio si è purificato e trasformato nella Vergine Maria e in Cristo, il quale, senza per questo condannare l'esercizio della sessualità, ha introdotto l'ideale della verginità.
    Di carattere in qualche modo assoluto, l'incontro sessuale non è tuttavia che parziale e provvisorio; se il piacere è legittimo, rischia però di essere un elemento dissolvitore e di disintegrare la persona in una specie di sbriciolamento; l'unione sessuale deve perciò purificarsi e spiritualizzarsi.  Il matrimonio contribuisce all'unificazione umana a condizione che la coppia non si rinchiuda in un egoismo a due e impieghi il sovrappiù del suo amore per l’opera di compimento del mondo. « Ciò che l'amore opera quotidianamente su scala ridotta (nella coppia e nel gruppo), perchè non lo ripeterebbe un giorno alle dimensioni della Terra? » (23).

     b) Le strutture politiche.

Ma le relazioni interpersonali sono necessariamente inquadrate in  strutture politiche.  Molte occasioni si offrirono a Teilhard per esporre la sua opinione sui diversi regimi, specialmente all'epoca della crisi che precedette la seconda guerra mondiale: in un articolo del 1936, dal titolo drammatico « Salviamo l'umanità » (24), ma anche altrove, egli mette a confronto tre forme di regime politico: la democrazia, il fascismo (identificato col nazismo) e il comunismo (25).
         La sua preferenza evidente va alla democrazia, poiché questa consacra il valore della persona e la chiama a partecipare al bene comune.  Purtroppo, essa inclina verso un egoismo individualista, che fa un uso soltanto negativo della libertà; e le democrazie liberali, troppo sottomesse alla massa impersonale, sono spesso deboli e inefficienti.  Aborrendo il livellamento, Teilhard auspica dunque che le democrazie siano animate da élites e propone un sistema « organico e gerarchizzato ». Lungi però dall'essere costituite da alcuni privilegiati e dal formare una classe a sé, queste élites devono essere un fermento dinamico.
    Quanto al fascismo, Teilhard ha inizialmente manifestato verso di esso una certa indulgenza, a motivo della sua apparenza virile, della  promozione delle élites da esso esaltata e dell'esperienza di organizzazione collettiva che esso rappresenta.  Solo in seguito si renderà pienamente conto delle perversioni dei regimi totalitari, che inclinano « pericolosamente verso uno stato infra-umano di formicaio o di termitaio » (26).  Ne critica il nazionalismo gretto, il culto della forza, i metodi coercitivi, il conservatorismo intellettuale e sociale, infine l'assenza di fede in un avvenire umano.
      Se la conoscenza dei marxismo teorico resta sempre insufficiente presso Teilhard, egli però si è molto interessato del fenomeno comunista.  Indubbiamente, assorbito dai suoi lavori scientifici, ebbe scarsi  contatti con il proletariato, e il gentiluomo ch'egli era tendeva a un  certo disdegno delle masse (27).  Ugualmente, egli ignora l'asservimento operaio e non pensa agli aspetti disumanizzanti del macchinismo.  Ma crede di riconoscere nel comunismo la fede nel futuro e nell'universale  e vi ritrova alcune delle idee che gli sono care: l'amore della Terra, il senso di una storia in cammino, l'idea della costruzione di un mondo nuovo.  Manifesta perciò simpatia per esso, e dichiara di preferire « un comunista sincero a un cristiano gretto ». Tuttavia è abbastanza lucido per riconoscere nel comunismo un'oppressione dell'uomo perpetrata in nome della dittatura del proletariato, una « assenza di personalismo »: se esso ha ragione di credere nella possibilità di un « avanti », gli manca però la dimensione verticale dell'« in alto »; ora, per Teilhard, l'avvenire dell'uomo dipende dalla congiunzione di queste due dimensioni.
       In ultima analisi, ciò che egli condanna nei due regimi precedenti è la disumanizzazione della persona, lo schiacciamento dell'uomo da parte dell'apparato dello Stato e del Partito, l'implacabile determinismo, infine il materialismo di una economia rigida che confonde il benessere con l'essere-di-più.  Ma, accennando alla teologia dell'epoca, constata, non senza umorismo, che « queste due supercorazzate non saranno vinte dalle nostre galere medievali » (28).
   Infine, egli si fa assertore di un « fronte umano », al di sopra delle divisioni politiche e capace di unire tutti i lavoratori della Terra, tutti coloro che credono nel progresso dell'uomo e vogliono promuovere il  compimento organico del mondo in  una solidarietà dinamica e attiva.  Egli nutre la speranza, forse l'illusione, che questo ideale comune avvicinerà i non credenti e i cristiani, poiché  «tutto ciò che è fede ascende, e tutto ciò che ascende converge inevitabilmente » (29).
                                                                                                                                                                                                         I suoi viaggi nel mondo intero hanno inoltre offerto a Teilhard l'occasione di esprimere il suo pensiero sul problema delle razze; se è quanto mai lontano da ogni razzismo a motivo della sua fede nella uguale dignità di ogni uomo, ritiene peraltro che esse siano di valore ineguale.

      Emerge altresì un atteggiamento generale di Teilhard: un anti-conservatorismo, una preferenza spontanea per l'innovazione contro il conformismo, per l’avvenire contro il passato.  Ciò vale tanto per la teologia, che egli chiama a rinnovarsi, quanto per le strutture sociali e politiche.  Talune vigorose riflessioni del suo « Journal » mostrano specialmente che egli non ha paura delle rotture, e considera anzi fecondi certi eccessi: il progresso del mondo non si compie se non grazie a degli audaci che rompono con l'ordine tradizionale e sono inizialmente tacciati di immoralità (30).  In questa luce, si capirà meglio ciò che egli pensa della morale.

5. La morale.

Teilhard parla spesso della morale, ossia della disciplina razionale della condotta umana che deve reggere i valori sopra menzionati.  Ma, sempre nella sua prospettiva centrale dell'unificazione, è da segnalare il fatto che egli la considera meno come un complesso di regole che come una mediazione dinamica dell'unanimità. il suo valore consiste  nell'« aggregare la monade alla corrente dell'Evoluzione » (31).

Senza saperlo, egli coincide su questo punto con uno dei suoi contemporanei, il grande moralista Jean Nabert, per il quale il male essenziale consiste nella « secessione delle coscienze » e il bene nel loro ravvicinamento (32).

Fondamentalmente esistenziale, la morale secondo Teilhard si giustifica in base alla vocazione dell'uomo al pieno compimento del proprio essere, personale e sociale.  L'« obbligazione » del dovere è la misura difensiva, inventata dall'energia spirituale della Terra, per superare l'egoismo mortale e fare riuscire la storia con il consenso delle libertà, orientandola verso l'universalismo.  Collegata così alla corrente cosmica, la morale è « l'energetica del pensiero » (33): relais delle unificazioni cosmiche, già realizzate dalla materia e dalla vita, essa è, come tali unificazioni, al servizio di un migliore amore.
     Prima dunque di essere soggetta a precetti particolari, la morale  sarà retta da uno spirito (34): la sua sola legge è la partecipazione dellalibertà al progresso della storia verso l'unità finale, la comunione delle persone.  Tutto si riconduce alla ricerca appassionata di una forma superiore e insuperabile di umanità.  Tre termini solidali e complementari riassumono questa passione: centrarsi (su se stessi), decentrarsi (verso l'altro), supercentrarsi (sull'Assoluto).  Teilhard ha il sentimento di una urgenza tragica che grava oggi sull'uomo: « In verità, alla velocità a cui la sua coscienza e le sue ambizioni aumentano, il mondo esploderà se non impara ad amare.  L'avvenire della terra pensante è organicamente legato al ribaltamento delle forze di odio in forze di carità » (35).
     L'antitesi della morale può essere allora così definita: il godimento che sia solo un egoismo chiuso e conduca alla confusione panteistica con il Inondo, la pigrizia intesa come indifferenza al dovere comune di promuovere il pieno compimento, l'avarizia in quanto è un arresto degli scambi tra persone, la conquista orgogliosa e prometeica del mondo che sia solo una forma della volontà di potenza (36).
       E' in definitiva sull'educazione che Teilhard conta per la trasformazione dell'uomo; ma egli non ignora che la formazione delle coscienze ha bisogno di una forza associata alla persuasione, e che d'altra parte il suo successo dipende da un ambiente favorevole, da una organizzazione sociale che venga in soccorso alla debolezza delle libertà (37).  Come Bergson, egli fa molto affidamento sull'azione esemplare e trascinante di personalità d'élite: uno dei suoi temi favoriti, d'altronde, è che l'evoluzione del mondo fin dalle origini opera sempre attraverso segregazioni o selezioni di centri scelti (38).

6. La religione.

Al vertice della scala dei valori che devono assicurare l'unificazione umana, Teilhard colloca la religione, in particolare nella sua forma cristiana.  Senza dubbio non,si può negare che, in una certa misura, questa opzione è determinata dalle influenze da lui ricevute fin dalla giovinezza.

D'altra parte, Teilhard non era forse abbastanza filosofo per giustificare il passaggio dialettico dalla morale alla religione: sarebbe stato necessario dichiarare che da se stesso, dunque finché è «ateo», l'atteggiamento  morale è inevitabilmente un possesso della virtù, una attribuzione dell'atto buono a se stesso; e che, per conseguenza, per non rivolgersi contro se stesso mutandosi in un egoismo superiore, esso implica e postula il riferimento a una Sorgente di grazia, a un Essere cioè che, senza essere una Forza, sia il Donatore della buona volontà e si faccia riconoscere con amore e umiltà.  Per questo superamento dell'etica, le lezioni di Kierkegaard, che Teilhard non sembra aver conosciuto, avrebbero potuto giovargli.

Tuttavia egli risolve in un altro modo il problema della necessità dell'esistenza religiosa: non mediante ora ragionamento astratto o una costruzione di prove, ma ponendo l'esistenza di Dio come la condizione concreta e il fine dell'unificazione delle monadi.  Egli ritiene che il pluralismo e l'opposizione di queste ultime non possono essere superati che da un Centro di convergenza, da una Energia attuale di amore, da un Fine ultimo dei loro movimento storico.  E' così che può definire il Punto Omega, il quale è in pari tempo Dio nella sua pienezza eterna, l'Energia della ascesa umana e la Congiunzione finale delle coscienze.
       Ne risulta che il riconoscimento di Dio mediante una adorazione amorosa è indispensabile alla ominizzazione esistenziale e fonda tutti i valori precedenti: « Solo un vero " super-amore (cioè solo l'attrazione di una vera "super-persona") può, con necessità psicologica dominare, captare e sintetizzare la folla degli altri amori della Terra » (39). « La religione può diventare un oppio.  Troppo spesso viene compresa come una semplice mitigazione delle nostre pene.  La sua vera funzione è di sostenere e stimolare i progressi della Vita » (40).
Infine, intuìto dalla riflessione senza poter essere dedotto, un Mediatore di questo Assoluto appare necessario alla riuscita della storia.
     Pertanto, il vertice dell'esistenza umana non è altro che la vita mistica. « La mistica è la grande scienza e la grande arte » (41); essa, più della scienza, fa scoprire il segreto del reale, trovare la sorgente.  Al di là delle apparenze, essa introduce nella pienezza dell'essere, e soltanto per mezzo di essa si lacera « il velo senza cuciture dei fenomeni ». « E' al mistico che è riservato il compito di impossessarsi del mondo là dove esso sfugge agli altri, e di realizzare la sintesi là dove  falliscono e vengono meno l'esperienza e la filosofia comune ». «  Non ci si avvicina all'Assoluto con un viaggio, ma con un'estasi » (42).                                                                
     Pur insistendo sull'importanza dei valori temporali e della costruzione positiva dei mondo, Teilhard non ha mancato, in conformità con la sua fede cristiana, di richiamare le condizioni mortificanti e  dolorose della riuscita umana: egli era convinto che il vero umanesimo implica la croce e che solo la rinuncia permette a Dio di invaderci.  Ma alla  ricerca del sacrificio si unisce l'efficacia, ancora più grande, delle passività umane: apparentemente sterili, la sofferenza, e la morte soprattutto, che al non credente si presenta come lo scandalo assoluto, possono essere feconde, poiché offrono alla persona la possibilità di un superamento incomparabile, che contribuisce al progresso spirituale  dell'umanità.  Provvisorie, ma necessarie, queste « passività » devono essere considerate, non come un fine in sè, ma come una traversata, un  modo positivo di trasfigurazione.  Lungi dal contraddire lo sviluppo dell’uomo, esse lo permettono e lo favoriscono: lo incamminano verso il vertice della sua esistenza. Così l’attaccamento al mondo e il distacco dal mondo sono complementari: « La rinuncia non consiste nel disprezzare e nel rifiutare, ma nel traversare e nel sublimare » (43).
      Tutte le condizioni, intellettuali e pratiche, dell'unificazione dell'uomo sono così poste: tutte necessarie, e tutte altresì solidali.
   Teilhard può allora rivolgersi in pari tempo al non credente e al cristiano, che egli tenta di ravvicinare.
    Al non credente egli domanda di riconoscere l'insufficienza, anzi l'impotenza della sua posizione negativa ai fini della realizzazione del suo progetto: lo sforzo umano teso alla conquista del mondo e al successo della storia è minacciato - gli dice Teilhard - di stagnazione e di scoraggiamento se non è sostenuto dalla speranza di un successo    assoluto e definitivo, di una vittoria collettiva sulla morte, che e precisamente Omega, il Dio della comunione degli uomini. E certi segni mostrano fin da oggi che l'attività umana rischia di degenerare in nausea per la vita se non è animata dalla fede nel soprannaturale. Teilhard ritrova qui l'equazione ben nota e, messa in evidenza da Michel Foucault (44) secondo cui la morte di Dio ha per conseguenza prossima la morte dell'uomo, l’annichilazione dell'uomo, concepito come il puro  prodotto dei suoi condizionamenti.  L'avvenire e la sopravvivenza della umanità dipendono così dall'esistenza religiosa.  Si potrebbe aggiungere che dipendono più precisamente dall'adesione, almeno implicita, alle norme del Vangelo, le quali non fanno che tradurre la fede in Dio: distacco, rinuncia, umiltà, servizio e amore.  A queste stesse conclusioni  perviene, attraverso l'analisi della violenza, un René Girard (45).
    Ma al cristiano, all'insieme organico dei cristiani che è la Chiesa, Teilhard domanda una conversione altrettanto difficile: il riconoscimento dell'uomo, dell'umanesimo e dei valori umani.  Ora, in pratica, come di recente è stato richiamato (46), questo riconoscimento va molto lontano: significa la rinuncia all'orgoglio trionfalistico dell'isolamento, l’abbandono dello spirito di potenza e del clericalismo, la reinterpretazione delle formule dogmatiche nella fedeltà permanente al loro contenuto, la critica effettiva di ogni caricatura di Dio (47), l'invenzione di una morale centrata sul progresso umano e la promozione dell'uomo, il contributo generoso dell'energia religiosa al servizio di tutte le cause umane e la partecipazione allo sforzo con cui l'umanità tende a liberarsi dalle proprie servitù, ecc.  Di questa conversione Teilhard non ha potuto che intravvedere i segni precursori, poiché soltanto l'ultimo Concilio le ha dato l'avvio; ma è stato tra coloro che l'hanno preparata.

RIFLESSIONI CONCLUSIVE

    Questa sommaria rassegna del pensiero sociale di Teilhard ne mostra la attualità in una situazione universalmente riconosciuta come di crisi grave.
     l. E' indubbiamente facile rilevare le debolezze di certi temi teilhardiani. L'evoluzione del mondo non manifesta affatto un progresso di unanimità delle coscienze e un avvicinamento tra i gruppi umani, e i segni di una planetizzazione che Teilhard credeva di scorgere rimangono superficiali: né la tecnica, né la scienza, né le aspirazioni umane all'unità, né « a fortiori » le ideologie profane bastano a realizzare la comunione tra gli uomini. Inoltre, l'ottimismo di Teilhard relativamente a certi fatti, come la disoccupazione e soprattutto la disponibilità dell'energia nucleare (48), è un po' semplicistico o unilaterale. E si sarebbe   preferito che la sua visione positiva della guerra fosse più discreta.                                                                                                                   
Bisogna infine affermare che la sua concezione di uno sfociare della storia in una riuscita collettiva di unanimità è un mito.  Egli ha creduto qui di poter proiettare sull'evoluzione umana ciò che la Rivelazione gli insegnava circa il pieno compimento spirituale del Corpo mistico di Cristo; ma i due piani non coincidono così facilmente com'egli si immaginava.  Si deve del resto notare che solo nell'ultima parte della  sua vita il suo pensiero su questo punto si è un po' irrigidito in sistema.  In realtà, la convergenza dell'umanità resta problematica, e anche se si può contare sulla possibilità di certi progressi, questi coesistono con la permanenza delle contraddizioni della condizione umana, dunque del tragico della storia.  Benché abbia dei riflessi sulla storia concreta, è però su un piano di mistero e nel segreto di Dio che si compie la riunione delle coscienze nel Corpo mistico di Cristo.  In breve, Teilhard è rimasto prigioniero di une concezione troppo biologica del progresso, che non può essere estesa allo spazio umano delle libertà.  Bisognava forse prendere più sul serio il fatto del male, invece di considerarlo soltanto come un materiale di scarto provvisorio della ascesa umana, e per conseguenza dare altresì più spazio, nella cristologia, alla redenzione.

  2. Ciò detto, si deve però affermare che il pensiero di Teilhard è oggi di capitale importanza per la soluzione, almeno a grandi linee, della crisi presente dell'umanità.  Si comincia infatti a convenire che il grande progetto, concepito dall'uomo all'inizio dei tempi moderni, di una conquista del mondo mediante la ragione applicata ha fatto fallimento, perchè egli ha trascurato di introdurre nei dati del progetto stesso le condizioni spirituali della sua riuscita.
     Ciò Bergson l'aveva intravisto, fin dal 1932, nella celebre analisi di  quella che egli chiamava la «meccanica », ossia il macchinismo industriale, che esigerebbe un « supplemento d'anima » (49).  Ora, da quella data, le contraddizioni del razionalismo si sono terribilmente aggravate, senza che per questo l'umanità consenta a prendere decisioni a misura degli avvenimenti. Attualmente tutto induce a credere che ci troviamo in una situazione che prelude a una rottura: è impossibile continuare nella linea di una economia di produzione-consumo a crescita indefinita, di una demografia esplosiva, di una militarizzazione infinitamente temibile delle grandi potenze, di un divario tra i ricchi e i poveri nella  ripartizione delle forze e delle risorse, di particolarismi nazionali ed etnici che tendono alla disgregazione dell'umanità, infine di una scienza asservita alla volontà di godimento degli individui e alla volontà di potenza degli Stati.  Ora, tutte le soluzioni fondate sul materialismo sono insufficienti o pericolose, poiché sono alienanti per la persona, e tali sono specialmente i totalitarismi.  Ma proprio, purtroppo, verso il totalitarismo evolvono i regimi cosiddetti liberi: viene infatti un momento in cui le società non possono più permettersi il minimo anticonformismo che contesti la necessità dell'« ordine » (un ordine di ingiustizia, del resto, in ogni regime), e tendono quindi verso il terrore e la repressione.

    Di questa situazione, il movimento « gauchiste » ha una qualche lucida percezione, poiché nel nome di una trascendenza di cui ha l'oscuro sentimento, contesta tutte le forme e le strutture della civiltà razionale.  Sfortunatamente mantenendosi nel negativismo assoluto di una anti-cultura, esso non propone alcuna soluzione positiva e rifiuta qualunque progetto costruttivo e persino ogni riforma.  Inoltre, esso condivide generalmente l'atteggiamento di non credenza e tende ad evadere nell'immoralismo dei godimenti facili o nell'alibi di una disincarnazione che si traduce in diserzione dai compiti storici.

    E' qui che la voce di Teilhard potrebbe essere ascoltata.  In verità, - essa dovrebbe rinunciare a un resto di razionalismo, all'esaltazione illusoria della scienza, della tecnica e dell'organizzazione pianificatrice.
   Ma rimane valido l'essenziale del suo pensiero, l'affermazione del primato dello spirituale, della persona, dell'amore, e della mistica.
   Nessuno oggi sa che cosa sarà l'avvenire: la previsione più probabile è che sarà fatto di grandi prove.  Certamente, al di fuori di ogni della condizione utopia, bisognerà sempre sottomettersi alle costrizioni
economica e sociale: produrre per rispondere ai bisogni, organizzare e pianificare, cercare e trovare, comandare e obbedire.  Si tratterà, dunque, di fare opera di ragione per affrontare e risolvere una serie indefinita di problemi.  E' in questo ambito che la parte razionalista del pensiero di Teilhard mantiene il suo valore.
     Ma oggi si pone una svolta decisiva e indispensabile; il riconoscimento, da parte di un numero sempre maggiore di uomini, dei valori superiori e propriamente contemplativi. Come infatti Teilhard, dopo Bergson, l'ha mostrato, non è l'azione creativa ma la mistica che dà all'uomo le vere gioie e costituisce il vertice dell'« esistenza »: l'uomo è fatto per entrare fin da ora in contatto con l'Assoluto vivente che si offre a un incontro. Non si tratta di sognare fenomeni straordinari, ma di aprirsi a un Dono. Questo passaggio, che non implica affatto la rinuncia alle esigenze dell'azione, non mancherebbe di conferire alla vita umana un altro stile: di semplicità, di non violenza (sulla natura e sugli uomini), di serenità e di pace.  La conquista e il possesso degli oggetti, il piacere dei godimenti, non sarebbero più il primo valore e il movente universale: tutto riceverebbe un senso e una consacrazione.
 +   E' a questo mutamento di fondo che, sotto pena di perdizione, l'umanità è attualmente sollecitata a consentire, e non esiste soluzione di ricambio.  Ma esso è già in cammino, grazie aviazione segreta dello Spirito, e molti segni lo annunciano.  L'illusione consisterebbe sia nel crederne prossima la realizzazione sia nel giudicarlo irrealizzabile; ed è sugli umili inizi, sulla fedeltà al quotidiano, ma anche sulla fecondità della sofferenza che bisogni fare affidamento.
   Qui è di incomparabile valore la spiritualità di Teilhard, quale si esprime in quel capolavoro che è «Le Milieu divin », ma anche sua direzione spirituale in cui, al di fuori questa volta di ogni sistema, fu un maestro (50).
     Il problema dell'unità umana, che fu la passione di Teilhard, così com'è l'aspirazione ancora impotente di ogni uomo, comincerebbe allora a trovare soluzione, prefigurando nel tempo la riunificazione finale, annunciata dal cristianesimo.
       In definitiva, il grande rivolgimento atteso e sempre differito implica una rinuncia decisiva alle deviazioni del razionalismo moderno, attualmente ridotto agli estremi e costretto in una tragica impasse.  Il  paradosso salvifico si situa nella fede: fede primariamente non già in verità ancora astratte, ma nel messaggio originale e nella persona di Colui che è il Legame degli uomini e la Condizione della loro comunione, il Cristo Gesù.  A questa adesione vitale Teilhard fu pienamente
fedele, e al suo esempio, più ancora che al suo pensiero, bisogna riferirsi per entrare nuovamente nella via della speranza.

NOTE
(1) Cfr.  E. RIDEAU, Le cône d'ombre?, in « Le Monde », 10 aprile 1975.
(2) Journal (26 août 1915 - 4 janvier 1919).  Fayard, Paris 1975, pp. 396.  A motivo della sua novità, vi faremo spesso riferimento. - L'autore del presente articolo si permette di rimandare ai suoi due libri su Teilhard: La pensée de Teilhard de Chardin, Seuil,  Paris 19652, pp. 600; Teilhard, oui ou non, Fayard, Paris 1967 (tr. Ital. Sì o no a Teilhard de Chardin, Edizioni Paoline, 1969. pp. 270).
(3) « La parola è un intarsio che ricopre più o meno bene, sotto scaglie di espressioni verbali, il contenuto e la morbidezza dei pensiero.  Il linguaggio è una grande potenza, ma una grande debolezza [...]. Di qui, l'importanza dei vocabolari e del perfezionamento della lingua.  Le parole si creano per fissare delle idee conquistate di recente.  Il loro senso si definisce, in movimento, per approssimazioni
successive » (Journal, p. 61). « Il pensiero è asservito, non solo alle approssimazioni del linguaggio, ma alle sue armonie e collegamenti e determinismi speciali » (ibid., p. 74).
(4) K. Marx, Tesi su Feuerbach, XI.
(5) E' con un senso di ripulsa che egli cita la frase di Taine: « Che siamo noi se non una escrescenza passeggera spuntata per caso in una fenditura della roccia eterna? » (Journal, p. 179).
 (6) Tra moltissimi testi, citiamo soltanto i seguenti: « Mentre  i cattolici sono assorbiti nella sistemazione e armonizzazione del mondo della pietà, scrutano i rapporti tra santi, angeli, anime [...], costruiscono tutto un Universo pio e si confinano in esso al di fuori della portata degli uomini naturali, mentre i dottori analizzano indefinitamente le relazioni divine "ad intra", - non bisogna che qualcuno si occupi di fissare le relazioni divino-cosmiche? » (Journal, p. 249). « La lotta contro gli zuavi pontifici e i garibaldini mi sembra sia stata un eroico e inevitabile malinteso, il conflitto tra due aspirazioni sante, fatte per svilupparsi su piani diversi »  (ibid., p. 103).
(7) Teilhard si lamenta un giorno di non saper amare abbastanza coloro che ama e di dimenticarli talvolta.  Dice anche: « Chi verrà a guarirci dalla pena della solitudine? [...] L’anima si rende conto a poco a poco improvvisamente che si isola, che si separa dalle altre [...]. Le voci si fanno più lontane.  Si diverge, ci si circonda di impenetrabilità » (Journal, p. 181).  Egli richiama inoltre la « disperante pluralità ».
(8) L'Esprit de la Terre (scritto del 1931), In L'énergie humaine (Oeuvres, Seuil, Paris 1955-1965, t. VI, p. 43).
(9)  Journal, p. 96.
(10) « Gli uomini, ancora oggi, rassomigliano a dei naufraghi che cercano di unirsi tra di loro.  Si tendono le braccia, ma onde brutali il urtano e il sbattono gli  uni contro gli altri » (Journal, p. 127). (11) « L'essenza dell'essere è l'amore, cosicché il Mondo è creato per produrre una somma massima di amore » (ibid., p. 98).
(12) « L'Eterogeneo è condizione di unione » (ibid., p. 289). « Importanza del fattore differenziazione al fini dell'unione più intima » (ibid., p. 355). Altrove, Teilhard ripete spesso che « l'unione differenzia».                              
(13) Ibid., p. 311
(14) Temi sviluppati in Le phénomène humain (Oeuvres, t. 1) e, più specialmente, in La place de l'homme dans la nature (Oeuvres, t. VIII).
(15) Mon univers (scritto del 1924), in Science et Christ (Oeuvres, t. IX, p. 90).
(16) Se Teilhard critica spesso la Chiesa. ritiene nondimeno che essa è l'asse spirituale dell'umanità.  In contrasto con una « religione dello Spirito », egli osserva che, « senza la Chiesa, il Cristo svanisce o si frammenta o si annulla ». « Lo spirito ha bisogno di un corpo dove posare: lo spirito liberatore della Chiesa è legato indissolubilmente all'esistenza di questa come corpo organizzato » (Journal, p. 133).                                                                                            
 (17) Esquisse d'un univers personnel (scritto del 1936), in L'énergie humaine  (Oeuvres, t. VI, p. 90).                                                                                                                                                            
 (18) « Che la Materia, scrutata e  manipolata, ci scopra i segreti del suo tessuto, dei suoi movimenti e del suo passato! Che le Energie, dominate, si pieghino a noi e obbediscano alla nostra potenza! ».(Le Milieu mystique – scritto del 1917 – in Ecrits du temps de la guerre, Grasset, Paris 1965, p. 157
(19) Discours de la méthode, 6e partie.
(20)   Cahiers Pierre Teilhard de Chardin, n. 3, Seuil, Paris 1962, p. 103.
(21) Journal, pp. 33, 53, 75, l04, 108, 180, 183, 187, 254, 256, 276, 284-289, 292, 296-304, 355, 364, 377.  
(22) Si vedano, in particolare: L'éternel Féminin (scritto del 1918), In Ecrits du temps de la guerre, cit., pp. 249-262; e alcune pagine di capitale importanza, dal titolo « Le sens sexuel », in Esquisse d’un univers personnel, cit., pp. 91-96.
(23) Le phénomène humain, cit., p. 295.
(24) In Science et Christ, cit., pp. 167-191.
(25) Sul temi politici qui accennati, cfr. P. L. MATHIEU, La pensée politique et économique de Teilhard de Chardin, Seuil, Paris 1969.
(26) Vie et planètes (scritto del 1945), in L'avenir de l'homme (Oeuvres, t. V, p. 151).
(27) « La moltitudine è schiacciante per l'individuo, schiacciante da sopportare  e da sollevare. Ci si trova perduti, annegati, e non si sa come farsi sentire: la moltitudine è distratta, soffoca tutte le voci » (Journal, p. 134).
(28)   Lettera del 25 maggio 1938 al P. Auguste Valensin.                                                                                                                       
(29) La foi en l'homme (scritto del 1947), in L'avenir de                l'homme, cit,, p. 242.                                                        
(30) Journal, pp. 237-241. vi sono casi in cui « Il progresso sembra si compia  soltanto in seguito a un peccato contro la legge » (ibid., p. 220).
(31) Ibid., p. 104.
(32) Cfr. J.  NABERT, Essai sur le mal, P.U.F., Paris 1955.
(33) Cfr. Le christianisme dans le monde (scritto del 1933), In Science et Christ, cit., p. 132.
(34) « A propriamente parlare, non ci sono cose sacre e profane, pure o impure. C’è soltanto un senso buono e un senso cattivo: il senso spirituale e il senso della discesa, dell'egoismo che rende gretti, del godimento materialista ».
(35) Les unités humaines naturelles (scritto del 1939), In La vision du passé (Oeuvres, t. III, p. 300).
(36) Teilhard critica spesso anche una bontà che fosse solo pietà e auspica che la carità sia animata dalla forza, che non abbia paura della lotta.
(37) « Amare le anime, dedicarsi alle anime, è evidentemente la forma suprema dell'attività cosmica ma le anime sono connesse con tutto il resto, cosicché il mezzo più efficace di lavorare su di esse e di purificarle è, assai spesso, lavorare sull'ambiente nutritivo in cui esse evolvono [...], piuttosto che affrontarle da centro a centro » (Journal, p. 135). « La Scienza e la Forza sono indispensabili al Diritto e alla Moralità » (ibid., p. 136). « Una legge energica è più efficace di tutte le predicazioni ed è legittima in certe condizioni » (ibid., p. 87). « Bisognerà sempre applicare la coercizione agli smorti e ai viziosi, che devono essere (per il loro bene maggiore) costretti entro gli stampi della Verità (la più riconosciuta) » (ibid., p. 115).
(38) Cfr. ibid., pp. 63 e 185.  Teilhard pensa anche che proprio per via di segregazione l'evoluzione si è orientata verso Cristo, « stelo eletto » per eccellenza; similmente, la sessualità cosmica si è «verginizzata » in Maria.
(39) Comment concevoir et espérer que se réalise sur terre l'unanimisation humaine? (scritto del 1950).  In L'avenir de l'homme, cit., p. 373.
(40) L'Esprit de la Terre (scritto del 1931), in L'énergie humaine. cit., p. 53.
(41) Lettera del 9 dicembre 1923, in Lettres de voyage, Grasset, Paris 1961, p. 47.
(42) Les fondements et le fond de l’idée d’évolution (scritto del 1926), in La vision du passé, cit., p. 184.                                  
(43) L'idea di « traversata » è familiare a Teilhard, come indica il testo seguente: « Il distacco [... ] non è più rottura, ma traversata; non più evasione, ma emergenza » (L'esprit nouveau - scritto del 1942 -, in L'avenir de l'homme, cit., p. 125).
(44) Cfr, M. FOUCAULT, Les mots et les choses, Gallimard,  Paris 1966, p. 396.                                                
(45) Cfr. R. GIRARD, La violence et le sacré, Grasset, Paris 1972; e Discussion avec René Girard, In «Esprit», novembre 1973, pp. 551-558.                                                                                                                                                                                                  
(46) Cfr. M. BELLET, Naissance de Dieu, Desclée de Brouwer, Paris 1975, soprattutto pp. 335-418.
(47) Cfr.  F. VARILLON, L'humilité de Dieu, Le Centurion, Paris 1973; J. THOMAS, Croire au vrai Dieu, Le Centurion, Paris 1975.
 (48) Teilhard non sembra aver avvertito la disumanità delle prime applicazioni militari dell'energia nucleare.  In questa egli vede soprattutto una grande promessa di conquista del mondo mediante una collaborazione comune e perfino unanime.  Ma si rende conto che si avvicina il momento in cui l'umanità dovrà scegliere tra lo « spirito di forza » e lo « spirito d'amore », quindi optare in definitiva per Dio.  Cfr. Quelques réflexions sur le retentissement spirituel de la bombe atomique (scritto del 1946), in L'avenir de l'homme, cit., pp. 177-187.       
(49) Cfr. H. BERGSON, Les Deux Sources de la morale et de la religion,  in Oeuvres, Ed. du Centenaire, P.U.F., Paris 1959, p. 1239.
(50) Cfr., in particolare, le lettere a sua cugina Marguerite-Marie Teillard-Chambon, raccolte in Genèse d'une pensée, Grasset, Paris 1961, e Lettres à Léontine Zanta, Desclée de Brouwer, Paris 1965.

( da Aggiornamenti sociali (rivista dei gesuiti milanesi)   26 (Settembre -Ottobre 1975) 9-10, pagg.539-558)

Nessun commento:

Posta un commento