domenica 28 ottobre 2012

 La scintilla del mio interesse per Teilhard


Qui è pubblicato il brevissimo  lavoro che Felice Balbo  aveva scritto su Teilhard de Chardin.
Lo scritto fa  parte di tutto il materiale organizzato dall’autore in vista della pubblicazione  del nuovo libro: Essere e progresso, mai uscito per la morte del filosofo.
I curatori dell’opera postuma  lo hanno posto come  Frammento M nella parte Va, Capitolo terzo con il titolo: Mie opinioni sul modo di comprendere Teilhard.
Non ci è dato di sapere la data in cui Balbo scrisse il testo riportato né quali opere avesse letto il filosofo italiano
Il lavoro di Balbo è lo stesso che lessi, su fogli dattiloscritti  negli anni ’60  e dopo quella lettura mi è nata la curiosità di ricercare tutto quanto veniva pubblicato su questo gesuita  e di raccogliere tutto quanto veniva pubblicato su di Lui e sul suo pensiero.

Felice Balbo
Mie opinioni sul modo di comprendere Teilhard


Tratto da: Felice Balbo ESSERE E PROGRESSO
In OPERE 1945-1964
Editrice Boringhieri 1966

Capitolo Terzo
Frammento M

Tener presente la sua biografia e lo scopo preciso dato alla sua vita.
Suo scopo è stato, volendolo riassumere in una sola definizione – ridare, in modo moderno,un senso pieno e tangibile della vita   stabilendo pertanto un ponte tra la Chiesa e la scienza, la tecnica e la civiltà. Senza voler trarre illazioni, mi ha molto colpito il fatto che Teilhard sia morto il giorno di Pasqua.
Non si pone mai in modo esplicito, e  lo sa, dei problemi filosofici o teologici, ma solo problemi che nascono dalla sua esperienza di paleontologo e di antropologo e di sacerdote che vive la liturgia. Natura e liturgia sono i poli della sua vita.
Il suo linguaggio è spesso immaginoso e poetizzante,, ma, se ben si osserva, è rigoroso: nasce sempre dall’osservazione,  dalla generalizzazione e infine dal tentativo i fissare la generalizzazione con il termine. Non sono mai termini vaghi e allusivi. Compresi i termini come anima, spirito, coscienza, ecc. che non sono mai pensati in termini filosofici ma in termini rigorosamente fenomenici.  Naturalmente ciò è tanto più chiaro nei termini creati ad hoc da lui, come il dedans e il delors, come la noosphere, ecc. Pertanto il suo sistema può ben dirsi un’ipotesi di lavoro scientifico.  E così egli l’ha sempre intesa.  Malgrado l’ampiezza e la totalità dello sguardo sul cosmo, si mostra molto avvertito sui limiti del suo punto di vista di naturalista e si mostra spesso consapevole dei vari postulati della civiltà moderna, da quelli del pensiero filosofico a quelli sociali.

Intende parlare a credenti , come a non credenti.  Anche questo è un criterio dell’autore che spiega molte cose, a mio avviso.  Tanto più se a quello si aggiunge che si tratta pur sempre di un gesuita.
In genere le critiche più gravi a Teilhard sono state  male fondate e le critiche di eresia o paraeresia non hanno fondamento.
Il punto che a me pare più dubitabile ma anche questo lo dico con molta riserva, riguarda il problema del male.  Anche  a tale proposito, in ogni caso,io noterei che l’ipotesi cosmologica di Teilhard potrebbe essere rettificata o modificata, senza però mutare la sua fisionomia d’insieme.  Non credo, in altri termini che le critiche che si possono fare a Teilhard, siano in grado di distruggere alla radice la sua ipotesi.
Volendo accennare brevemente ai punti che riconsidererei, indicherei i seguenti:
1        Considerare se è stata buona la sua scelta della tradizione francescana invece di quella tomista sul motivo dell’Incarnazione; nel senso che quella tomista avrebbe orientato diversamente la sua osservazione dei fatti.
2        2  Se l’Incarnazione è motivata dal peccato dell’uomo, tutta la visione dell’evoluzione ne può essere tragicizzata.
3        3  Peraltro, per la sua concezione del punto Omega,non potrebbe essere sufficiente pensare al Verbo, anche senza Incarnazione? Dando pieno sviluppo alla funzione dello Spirito nel creato?
4        In questa diversa ipotesi, sarebbe accentuato l’aspetto di Redenzione e di Recupero del Cristo.
5        In questo quadro la riuscita dell’evoluzione diverrebbe frutto di opera e di preghiera, di natura e grazia e sarebbe certamente meno ottimistica di quella che sembra risultare dall’impostazione teilhardiana.  Infine risulterebbe diversamente interpretabile il male connesso con la stessa finitezza e molteplicità, in quanto il male sarebbe di un mondo abbandonato alla sua finitezza e sotto il dominio di un principio attivo del male
Che il pensiero di Teilhard si presti a molti equivoci è cosa che  può ormai essere considerata pacifica.  E’ un fatto.  Un fatto dimostrato sia dai teilhardiani, sia dai contestatori di Teilhard.  E’ ormai ampiamente avviato lo studio storico-critico interpretativo per accertare quale fu veramente il pensiero di Teilhard e se e come Teilhard mantenga in sé gli equivoci cui ha dato origine di fatto.
E’ però anche un fatto che Teilhard è entrato a far parte della discussione filosofica-scientifica del nostro tempo.  Pertanto può sembrare utile, accanto agli altri, anche lo studio che cerchi di porre a fuoco i problemi che Teilhard ha contribuito in modo decisivo a imporre all’attenzione dell’uomo di oggi e quale sia pertanto il contributo positivo del suo pensiero su tale problemi.
In Teilhard si trova un’ispirazione mistica, profetica, apologetica. IL che non vuol dire che ciò caratterizzi in modo dominante la sua opera, ma solo la sua persona, il suo stile, il suo comunicativo entusiasmo.
In Teilhard si trova una tendenza poetica e scenografica.
In Teilhard si trova costantemente la distinzione di ciò che pensa e scrive dalla teologia e dalla filosofia. L’una e l’altra vengono considerate come dimensioni conoscitive essenziali e non perseguite come tali dalla sua ricerca.
In Teilhard si trova l’affermazione di porsi  da un preciso punto di vista, quello di tutto il fenomeno, e di inaugurare pertanto un tipo di conoscere chiamato iperfisica o ultrafisica.  Differenziando questo procedimento conoscitivo da quello propriamente scientifico.
I critici, come anche  i sostenitori di Teilhard , non tengono conto a sufficienza della carenza obiettiva del pensiero filosofico cattolico e non cattolico.
Se Teilhard si è giovato, e magistralmente, dell’immaginazione, non è per disprezzo della filosofia e della teologia, o per fare poesia,o non rendendosi conto dell’estremo rischio di estrapolazioni ardite come le sue.  E non è nemmeno che non si rendesse conto chela sua ricerca, la sua avventura, avrebbe comportato imprecisioni, sproporzioni e anche errori.
Sta il fatto che le intenzioni a cui lo conducevano i suoi studi di scienziato e la sua anima sacerdotale trovavano il pensiero filosofico in genere e quello tomista in particolare completamente impreparato a fornire un quadro metafisico proprio e pertinente per accogliere intuizioni e controllare il significato nell’ordine  dell’essere orientandone la concettualizzazione e quindi la sistemazione. I vari sistemi filosofici non tomisti, salvo, forse,il pensiero di Bergson 
il quale però non è un sistema e quindi manca intrinsecamente di una funzione essenziale della filosofia erano deficienti perché idealisti, ossia incapaci di contatto autentico con l’essere; il pensiero tomista, perché rimasto nel quadro di un assetto sistematico statistico e intellettualistico.
L’evoluzionismo di Teilhard è assoluto nel senso che non accetta alcuna realtà materiale come fissa. Non di più. Non è vero che tale evoluzionismo continua a non ammettere più nulla che venga dall’alto.  Semplicemente, mettendosi dal punto di vista iperfisico di Teilhard, l’alto diventa infimo, l’eterno nel tempo, l’increato nel creato, ecc. Ma tutto ciò non solo non è in contrasto con la metafisica tomistica: ne è invece la più precisa tradizione fisica.
Innanzi tutto, che nessuna realtà materiale debba essere fissa si trae dal concetto stesso di materia nel senso che sussiste e consiste per sé in qualche modo, ma Dio è in esso più autenticamente del suo stesso essere.  Dio non è in esso più autenticamente del suo stesso essere.  Dio non è altro se non in una immaginazione infantile. In realtà è in ogni cosa perché e.  Ora, guardando dall’interno del fenomeno, come Teilhard, guardando cioè iperfisicamente, Dio non si vede se non indirettamente, se non nel dedans

 

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