giovedì 18 ottobre 2012

        IL MIO AMICO TEILHARD
 
                              di Massimo OLMI

Gli scienziati che lavorarono con lui, i filosofi che seguirono l’evoluzione del suo pensiero, gli uomini e le donne cui confidò i suoi entusiasmi e le sue crisi, ci rivelano un nuovo Teilhard de Chardin.

Fino a qualche mese fa, in Italia, il nome di Pierre Teilhard de Chardin era più familiare agli studenti di paleontologia che ai cattolici.  La sua fama presso il pubblico italiano si affidava cioè assai più alla datazione del famoso Sinantropus pechinensis, o “ Uomo di Pechino”, che alle polemiche suscitate dai suoi scritti teologici.  E ciò anche perché, in Italia,  quegli scritti non  sono stati ancora pubblicati (ricordo che l’articolo è datato 1963, n.d.r.), restando la loro conoscenza limitata a quella esigua minoranza di cattolici impegnati e di studiosi che li avevano letti nelle copie semiclandestine al ciclostile diffuse in Francia prima della morte del loro autore:
Ma negli ultimi mesi il nome di Pierre Teilhard de Chardin è esploso anche in Italia, favorito dalla diffusione dei volumi francesi, dalla traduzione di una raccolta di lettere e dalla biografia di Claude Cuenot, da molti articoli di riviste specializzate e di giornali, dal saggio di Giancarlo Vigorelli e anche dal del monitum  con il quale il Santo Offizio ha consigliato estrema prudenza nel consentire ai giovani, soprattutto in seminario, la lettura delle sue opere.
La diffidenza di certi ambienti della Curia romana a lasciare avvicinare i fedeli italiani a correnti di pensiero pur liberamente dibattute negli altri paesi ha ancora una volta generato confusioni pericolose: molti discutono ora di Teilhard de Chardin conoscendolo poco o senza conoscerlo affatto;  la oiù importante forse tra le sue opere, “ Le milieu divin” sta  per avere la stessa sorte del “Capitale” di Marx: quella di essere un libro pochissimo letto e spessissimo citato.
Chi era Teilhard de Chardin?  Che tipo d’uomo?  Che tipo di cristiano ?  Queste le domande cui abbiamo cercato di  rispondere con la presente inchiesta condotta fra coloro che conobbero, amarono, criticarono Teilhard: e poiché è assai difficile separare una personalità d’eccezione (quale indubbiamente Teilhard fu ), dalle sue idee, si vedrà che dalle risposte raccolte anche queste emergono con sufficiente chiarezza.  Per la nostra inchiesta, dovunque, con una  sola eccezione, abbiamo incontrato mani tese, incoraggiamenti; dovunque si sono aperti archivi privati contenenti lettere e documenti a tutt’oggi inediti; e la Compagnia di Gesù, cui  Teilhard appartiene, non ci è stata meno larga di aiuti degli studiosi e degli amici cui ci siamo rivolti.
L’impressione dominante che abbiamo tratto da tutti questi incontri, eccola in breve.  Dovunque passò,  Pierre Teilhard de Chardin lasciò il ricordo di un’altissimo ingegno e di una sconcertante bontà: tutti, difensori e avversari, si sono detti concordi su questo punto, a cominciare da Gabriel Marcel, il leader dell’esistenzialismo francese,  che ebbe con Teilhard alcune polemiche rimaste famose: “ Teilhard de Chardin si muoveva su un altro piano”: ce lo siamo saentito dire dire cento volte.  Vittima spesso di terribili crisi di angoscia, egli fu e rimase un ottimista di fronte al mondo, alla vita: in tutti cercava subito l’aspetto migliore, il lato positivo.  Teilhard de Chardin amava l’uomo così come amava il  mondo e credeva in esso.  “Non mi sembra un caso”, scriveva ad un amico nel dicembre del 1917, “ che Dio mi abbia dato una così viva passione per il mondo e per Cristo.  Dal momento che il loro doppio amore si concilia e si sostiene così fortemente in me, nella realtà dei miei affetti, non è questa la prova che  esiste un punto di vista sotto il quale l’uno si ricollega all’altro?  Per me accanto a una comunione con il mondo.  E’ di questa  comunione che mi sembra di essere l’apostolo”.
La vita spirituale di Teilhard de Chardin fu dominata da una specie di “sentimento” profondo della realtà organica del mondo, il sentimento di una convergenza generale su se stesso dell’universo, di una convergenza che culmina in Cristo: la creazione non è qualcosa di fatto una volta per tutte, la creazione è qualcosa che continua  a farsi, la  creazione è evoluzione.  Dio non ha creato a una data X il mondo ma lascia piuttosto che il mondo continui a crearsi.  Visione del cristianesimo prematura, incompleta?  Il una lettera che Teilhard scrisse al padre generale dei Gesuiti, Janssens, nell’ottobre del 1951 da Città del Capo, egli ammetteva che Roma potesse considerarla tale per una serie di ragioni e avvertiva che, nonostante certe apparenze esterne, egli era ben deciso a restare obbediente e  docile alla Chiesa ( “anche se non posso” aggiungeva,  “senza provocare una catastrofe interna e senza essere infedele alla mia più cara cessare dal cercare”).
Fosse oggi vivo, Teilhard assai probabilmente non troverebbe nulla da ridire contro il monitum del Santo Offizio: quanto alle sue obbiezioni all’articolo dell’Osservatore Romano che lo ha accompagnato, se le sarebbe tenute per sé. E’ un punto da sottolineare: questo prete che ha conosciuto lunghi esili per le sue idee, era prete sino al fondo dell’anima, e prete cattolico e gesuita.
Ecco un’altra considerazione emersa dalla nostra inchiesta.  Non tutto probabilmente è accettabile in Teilhard de Chardin: scienziato di prim’ordine, non era un teologo e alcune  sue osservazioni non paiono tenere di fronte ad una critica agguerrita:  Ma come ogni uomo di genio, come ogni artista, Teilhard de Chardin ci permette non di comprendere tutta la realtà ma di scoprire uno o più aspetti della realtà che sinora ci erano sfuggiti.  Non si tratta insomma di leggere Teilhard: si tratta di saperlo leggere.


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