giovedì 18 ottobre 2012



Ma per Teilhard
tutto porta a Dio

Uno storico della Chiesa ci parla del “gesuita proibito” e della sua originale visione del problema


A duecento anni dalla sua nascita, un po’ dappertutto si ricorda Charles Robert Darwin (1809-1882), ritenuto il padre dell’evoluzionismo.
Altro da quello darwiniano fu quello, immeritatamente mess in ombra anche da chi non avrebbe dovuto farlo, di Pierre Teilhard de Chardin (1881-1955). Ce ne parla in questa intervista don Mario Perotti, professore di Storia della Chiesa nella Facoltà teologica di Novara.
In cosa è diverso l’evoluzionismo darwiniano da quello
teilhardiano?
In realtà il primo teorico dell’evoluzionismo non fu Darwin ma Jean-Baptiste Pierre Antoine de Monet de Lamarck (1744-1829). Pure evoluzionista, a tacer d’altri, fu Herbert Spencer (1820-1903).

Per inquadrare la posizione e il pensiero di Teilhard de Chardin occorre mettere a confronto le differenti tesi sull’evoluzione.
Per Lamarck la mutazione evolutiva dei viventi era data dalla trasformazione dei loro organi sotto la pressione delle condizioni ambientali, che ne condizionavano l’uso e lo sviluppo; per Darwin, invece, sulla base di una copiosa messe di dati sui fossili e sugli animali viventi raccolti in alcune zone significative del pianeta, l’evoluzione è frutto di una selezione naturale, che determina la sopravvivenza del più forte, con i caratteri che mha sviluppato nella lotta per la vita.
«Entrambe le posizioni sono espressione di un evoluzionismo biologico, intrinseco nella natura, che determina l’ereditarietà dei caratteri emergenti, sostenuta daidue scienziati ma non dimostrata, anzi contraria alle leggi di Mendel.
 Lo Spencer estende l’evoluzionismo, fondato su quello darwiniano, alla vita politica e sociale. Che lo abbia voluto o no, sta di fatto che dall’evoluzionismo spenceriano sorse quello che passò sotto il nome di  “darwinismo sociale” a giustifi cazione e/o a spiegazione del fatto che vi sono popoli o ceti inferiori, ai quali non è consentito di sfuggire al loro stato, quando a tale condizione non siano stati deliberatamente costretti.
«Per Teilhard l’evoluzione è una teoria complessiva, cosmica, scientificamente ben fondata, che investe non solo il mondo animale e l’uomo, ma l’intero universo, attuativa di un progetto divino, che supera il fissismo creazionista, vale a dire l’idea, sino a quel tempo predominante nel pensiero cattolico, che la natura, il mondo, l’uomo, una volta creati non possano evolvere verso forme diverse da quelle originarie.
Teilhard fu indotto alla ricerca, sin da ragazzo, in casa. Il padre geologo lo appassionò allo studio delle rocce, della litosfera, facendogli scoprire quell’amore per la scienza che non lo lascerà più, neanche con l’ingresso nella Compagnia di Gesù che, anzi, gli offrì la possibilità di seguire diverse spedizioni dedicate allo studio della paleoantropologia, con importanti comunicazioni scientifiche sul sinantropo in Cina e su altri fossili umani trovati in Africa.
Che cos’è allora l’evoluzione per
Teilhard de Chardin?
Teilhard non esprime una metafi sica, ma da scienziato ci dà una “fenomenologia”, cioè un processo che si può descrivere e che, in base ai risultati dell’osservazione sperimentale, indica una “legge”, che fonda e domina il divenire della realtà. È la legge della complessità- coscienza. All’interno della vita, che ha rapporti con il mondo inorganico, l’ «etoffe de l’univers» (sono parole sue) si svolge secondo un processo biologico di organizzazione e con un accrescimento di tensione psichica, sino a raggiungere nell’uomo, riflessivo e cosciente, il termine più elevato, un processo che nell’uomo si prolunga alla socializzazion e della coscientizzazione, sino a raggiungere un superiore punto di rifl essione critica. Dalla “ominizzazione  (evoluzione biologica) si passa alla “umanizzazione”, spirituale e morale, convergente e irreversibile, verso un centro di unifi cazione, che va oltre: nel lessico teilhardiano il «Punto Omega», vale a dire uno sviluppo evolutivo, che raggiunge il suo vertice nel mondo del pensiero e dello spirito, passando dalla biosfera alla noosfera.

«Il cosmo è contrassegnato dunque da una profonda unità strutturale, nella quale (sono sempre sue parole) «tout se tient», dalla materia inanimata a quella animata e a tutti i soggetti viventi.
Questa rappresentazione mentale del creato non solo non lo abbandonerà mai, ma concatenerà la totalità dei suoi studi e i risultati da essi conseguiti.
È una ininterrotta “intensificazione” e complessità che riguarda l’esplorazione del cosmo, di cui è parte anche l’uomo, che si evolve acquisendo, non senza stacchi e discontinuità, abilità tecnologiche e capacità di organizzazione sociale, per pervenire alla formazione
del pensiero scientifico, filosofico, etico, teologico, religioso: il neoumanesimo (cfr. «Le phénomène humain», 1938-40).
È possibile chiarire meglio, e più
esplicitamente, i fondamenti di
una così innovativa visione del
creato e del suo divenire?
Teilhard attinge dalla rivelazione cristiana anche le indicazioni per un completamento più approfondito della sua visione del cosmo.
In coerenza con la dinamica evoluzionistica, sotto l’infl usso della Grazia, lo spirito umano riconosce nelle proprietà unitive del fenomeno cristiano («Le phénomène humain», doveva essere completato da «Le phénomène chrétien» mai scritto, sono rimasti solo abbozzi) una manifestazione della verità sulla coscienza umana, il Punto Omega, ovvero il Cristo della Rivelazione, che si pone come capo del Corpo, direbbe Paolo, costituito da tutta l’umanità, che da lui sospinta verso la salvezza, vi aderisce, stringendoglisi attorno (1Cor, 3,23). Ne deriva anche una conseguenza mistica: l’evoluzione viene ricondotta a un processo di unione-comunione con Dio e diventa attraente e amabile nel cuore dell’uomo proteso verso il pieno sviluppo.
 Nel 1929 in «Le milieu divin» scrive: «Poter dire a Dio che lo si ama, con tutto il corpo, con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutto l’Universo in via di unificazione: ecco una preghiera che si può fare solo nello spaziotempo
Uno degli addebiti che si muovono
a Teilhard de Chardin è quello di
aver elaborato una teoria dell’evoluzione,
che a tutt’oggi non avrebbe
ottenuto nessuna garanzia di
verificabilità, a scopo meramente
apologetico, per riconciliare scienza
e fede. Cosa ne pensa?
In effetti, uno degli appunti che gli si fecero (ma solo in Italia) era che la sua teoria costituiva un concordismo generalizzato per conciliare scienza e rivelazione. Fu così che il suo lavoro di scienziato fu visto con un certo sospetto, come solo finalizzato ad addurre ragioni a favore della non contraddizione tra scienza e fede, e come tale destituito di un serio statuto epistemologico.
Rispose che non si deve confondere concordismo con coerenza. Religione e scienza sono due meridiani  che sarebbe sbagliato non separare e, tuttavia, avendo a monte un unico Autore, non possono non integrarsi nell’illuminare la realtà diveniente, mantenendo ciascuna un proprio ambito conoscitivo e di prassi. In altri ambienti
geoculturali il lavoro scientifi co di Teilhard fu sempre considerato stimolante e arricchente, coerente con altri ulteriori sviluppi della fisica, della chimica e della biologia.
Già alla vigilia della Prima guerra mondiale nel milieu scientifi co francese Teilhard era considerato un ricercatore serio e autorevole. Del resto non era né uno sprovveduto né un disinformato, basti pesare che aveva elaborato la propria teoria evoluzionista in un campo, quello della paleoantropologia, prima di lui abbastanza negletto, e che pervenne alla maturità avendo attenzione alle più signifi cative acquisizioni della scienza contemporanea.
Anche nell’ultima parte della sua vita continuò ad aggiornarsi sulle più importanti riviste francesi e di area anglosassone.
Ma come mai il pensiero di Teilhard
de Chardin, oltre che negli
ambienti scientifici per così dire
laici, ha suscitato riserve anche nei
circoli ufficiali custodi dell’ortodossia
cattolica?
Accanto alla diffidenza, presente in diversi ambienti cattolici fissisti, a suscitare perplessità e riserve verso la teoria dell’evoluzione è stata la commistione tra evoluzione e rivelazione, come se ci fosse un passaggio coerente tra la fenomenologia dell’uomo, che si evolve
a vari livelli, e l’incarnazione del Cristo per la salvezza (cristologia) sino all’escatologia teologica. Suscitarono riserve la spiegazione del male e del peccato (originale) nella dinamica evoluzionistica, il neoumanesimo come completamente positivo in un secolo breve e crudele come fu il XX (con stermini e guerre), la fusione con il Cristo nel punto Omega, che poteva essere tacciata di panteismo. I  gesuiti hanno cercato di eludere il rischio di un bando, mandandolo negli Stati Uniti, dove morì a New York il giorno di Pasqua, 10 aprile 1955, evitando così un nuovo caso Galileo.
 Il 30 giugno 1962 un Monito del Sant’Uffizio chiedeva ai vescovi di ritirare le opere di Teilhard dai seminari e dagli istituti di formazione, tanto che fu definito «il gesuita proibito», ma sarebbe stato meglio chiamarlo «il gesuita msconosciuto». Gli stessi papi, da
Pio XII (il primo che nel 1951 parlò del Big Bang) a Giovanni XXIII, che ne conoscevano l’alta statura umana e scientifi ca, si sono opposti alla condanna. Sotto Paolo VI, che aveva letto e stimava «Le milieu divin», i gesuiti chiesero a Henri de Lubac di presentare il pensiero  religioso di Teilhard, rivalutato poi  nella dimensione spirituale e per i molti aspetti positivi, nel centenario della nascita da una lettera del card. Casaroli del 1981.
E che dire di Teilhard oggi?
Accanto alla sua opera di scienziato, come un novello Origene, rimane un testimone originale (con la vita e gli scritti) della spiritualità cristiana, che ha cercato di riformulare e di sistemare in sintonia con il pensiero scientifico moderno.«Per lui il cosmo è contrassegnato da profonda unità strutturale, nella quale tout se tient, dalla materia inanimata a quella animata e a tutti i soggetti viventi»

Giorgio Bobbio
(Il nostro tempo, 21 Giugno 2009 pag. 17)

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