mercoledì 28 novembre 2012

 


PROF. FRANCO FRANCESCHINI

PIERRE TEILHARD DE CHARDIN
Chardin nasce a Sarcenat (Alvernia) nel 1881. Muore a New York nel 1955. Scienziato (paleontologo e geologo) , filosofo e teologo francese. Entrò nella Compagnia di Gesù nel 1899. Partecipò a spedizioni scientifiche importanti tra le quali quella in Cina del 1926 che portò alla scoperta del discusso sinantropo, l'ominide fossile vissuto nel Pleistocene medio (200-300.000 anni fa). Ampliò il campo della sua ricerca scientifica al dibattito cosmologico e teologico e ciò lo rese inviso agli ambienti ufficiali della chiesa cattolica. Tra le sue opere (tutte postume), meritano di essere menzionate: "
Il fenomeno umano " (1955), " La comparsa dell'uomo " (1956), " La visione del passato " 1957), " L'ambiente divino " (1957), " L'avvenire dell'uomo " (1959). A cavallo tra Ottocento e Novecento un cattolico, Teilhard de Chardin, interpreta la prospettiva evoluzionistica avanzatada Darwin come processo non già privo di finalità specifiche, bensì governato da Dio, dando vita ad una specie di "evoluzionismo finalistico" che però non fu accettato dalla Chiesa (che anzi lo condannò severamente). Sarà invece Bergson ad accettare (con il concetto di "evoluzione creatrice") l'evoluzionismo e a depurarlo dagli elementi di meccanicismo e anche da quelli finalistici. Il pensiero di Teilhard de Chardin matura in un periodo di grande fermento scientifico in cui gli studiosi umanisti da un lato s'interrogano sul futuro della civiltà occidentale (Toynbee, Fourastier, Jaspers ecc) , il positivismo va in crisi e i fisici teorici fanno saltare le classiche sicurezze nei confronti della "realtà" aprendo il varco allo sgomento umano verso un universo che appare sempre più paradossale. Dopo aver citato le opere di Eddington, di Sir J. Huxley e di Ch. Galton-Darwin, Teilhard si meraviglia nel notare la debolezza delle basi su cui vengono fatte poggiare le loro anticipazioni del futuro. Egli cerca serie "estrapolazioni", primo passo verso una vera "scienza dell'avvenire". Alla concezione materialistica del darwinismo e del positivismo, egli oppose una cosmologia che assumeva sì il principio dell'evoluzione, anzi lo estendeva alla realtà spirituale, ma non sottoposta al puro determinismo e al puro materialismo. L'universo (verso l'uno) è la storia di un movimento globale del cosmo: il cosmo si è mosso, una volta, tutto intero, non soltanto "localiter" ma "entitative". E si muove ancora. La natura è "divenire", è "farsi". Il suo movimento passato è l'evoluzione fin qua, è la sua storia che si lascia ordinare in una progressione di forme sempre più complesse e perfezionate. Anche lo psichismo più elevato che conosciamo, l'anima umana, non sfugge a questa legge comune a tutte le cose. Ma, si chiede Teilhard, quale può essere il motore profondo dell'intera ascesa delle forme di vita? Teilhard rileva che la trasformazione morfologica degli esseri pare essersi rallentata proprio quando sulla Terra il pensiero faceva la sua comparsa. Considerando questa coincidenza insieme al fatto che l'unica direzione costante seguita dall'evoluzione biologica è stata quella del più grande cervello, ovvero della maggior coscienza, egli risponde  alla sua stessa domanda ipotizzando che forse il motore dell'evoluzione è stato il "bisogno" di pensare, di conoscere. L'evoluzione pare dunque essersi "fermata" quanto a nuovi esseri e nuove forme. Ciò significa che avendo prodotto l'organo del pensiero (per l'appunto la coscienza) l'evoluzione procederà solo se la coscienza medesima, nell'uomo, svilupperà se stessa giungendo a percepirsi come ente universale responsabile di un movimento che non sarà più, come per il passato, tutt'uno con la trasformazione delle forme materiali, ma tutt'uno con il movimento autocosciente del pensiero. E poichè è l'uomo il veicolo ed il portatore di questa conquista universale che è costato al cosmo miliardi di anni di lavoro, è solo se l'uomo dirà sì al suo compito e alla sua responsabilità universale che l'evoluzione potrà proseguire. Perchè ciò accada è necessario che l'uomo si renda conto del valore biologico (morfogenetico) dell'azione morale e che ammetta la natura organica dei legami interindividuali. Teilhard legge anche la storia della coscienza e ancora una volta proprio nel movimento della coscienza fino ad oggi trova motivo di fede nell'avvenire dell'uomo e dell'universo: l'uomo d'oggi porta in sè, tra gli altri, Platone e Agostino ma mentre loro credevano in coscienza d'impegnare, attraverso l'esercizio del proprio pensiero e della propria libertà, una piccolissima parte di mondo quanto a spazio e durata, oggi un uomo che agisca alla massima coscienza possibile sa che la sua scelta ha una ripercussione su miriadi di secoli e di esseri viventi. Sente in se stesso le responsabilità e la forza di un Universo intero. Vi è un'azione umana che matura a poco a poco sotto la moltitudine degli atti individuali. La monade umana è da tempo costituita. Quella che si sviluppa è l'animazione (l'assimilazione) dell'universo da parte della monade, la realizzazione cioè di un pensiero umano consumato. Il secondo punto da rilevare è che rispetto agli avi, l'uomo di oggi può agevolmente farsi cosciente dei legami con i suoi simili e con la natura, e la sua coscientizzazione allarga la sua stessa personalità e il suo corpo reale: " i nostri padri si consideravano come interamente contenuti nei limiti dei loro anni terrestri e del loro corpo. Noi abbiamo fatto esplodere queste dimensioni ristrette e queste pretese. Umiliati e ingranditi dalle nostre scoperte, noi ci accorgiamo, a poco a poco, di essere avvolti in prolungamenti immensi; e, come risvegliati da un sogno, ci rendiamo conto che la nostra regalità sta nel servire, quali atomi intelligenti, l'opera in corso nell'universo ". La materia, secondo Teilhard, porta fin dalla sua origine la "coscienza" come principio organizzativo sicchè l'evoluzione non è processo deterministico, ma anche teleologico. L'evoluzione dalla pre-vita (mondo inorganico) alla vita ("biosfera") tende alla produzione del mondo dell'uomo e del pensiero ("noosfera") , come al suo culmine. L'uomo non è però il punto finale: l'universo e l'uomo tendono a un punto Omega: il Cristo cosmico, punto di aggregazione di tutta l'umanità. " Sarà l'opzione finale: un mondo che si ribella o un mondo che adora. Allora, su un atto che compendierà il lavoro dei secoli, su un atto (finalmente e per la prima volta totalmente umano), la giustizia passerà e tutte le cose saranno rinnovate ". 
Sito web: www.incattedracongesu.it


 
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  Teilhard de Chardin e l’evoluzione scientifica.


                               Pier Angelo Piai

 Sul Messaggero Veneto del 5 settembre 2008 ho avuto l’opportunità di leggere l’articolo dal titolo: “L’Umanità, Darwin e il Neocreazionismo” a firma di Telmo Pievani.
Comprendendo la sua preoccupazione di una ricerca che resti di natura prettamente scientifica, il che io condivido laddove si parli di attività di ricerca, mi corre l’obbligo, però, di fare le seguenti puntualizzazioni:



Ciò che oggi chiamiamo “evoluzionismo” in generale, fa leva sulla fenomenologia correlata alla biosfera, alias mondo del vivente, e ciò a quanto già prima di Darwin veniva analizzato - vedesi Lamarck - per poter dare un significato interpretativo dell’apparizione della vita sulla terra.
Dopo Darwin si è quindi continuato alla luce delle sue precisazioni, per cui la fenomenologia umana è scientificamente studiata nell’ambito dell’antroposfera avendo però di mira la ricerca - e quindi la comprova della sua verità - di ulteriori anelli oggi mancanti e che servirebbero per attestare come indiscutibile una avvenuta evoluzione.
Conseguentemente anche la fenomenologia umana viene attentamente studiata nell’ambito dell’antroposfera e si stanno continuamente cercando ulteriori anelli mancanti dell’evoluzione.
Questo fatto è in sè positivo, ed è giusto che lo scienziato prosegua nella sua ricerca in modo “laico”, come sostiene l’articolista. Questo circoscritto campo conoscitivo, questo “a prescindere”, sopra ora precisati, però, ai fini di una conoscenza totalizzante, devono essere sì ammessi durante l’attività pratica di conoscenza scientifica, ma non deve essere impedito poi un loro rientro quando si vogliano trarre delle conclusioni sul senso della vita.
Questo per giungere poi agli schemi significativi sul senso dell’esistenza che logicamente sorgono sul terreno della ricerca ma superando quest’ultimo in uno sfocio “altro” per qualità e funzione.
Ecco, quindi, che io mi sento evoluzionista, ma nella linea indicata da Teilhard de Chardin il quale non intendeva essere, nell’approccio, né filosofo né teologo, ma un osservatore del “fenomeno”, un “fisico” nel senso dei greci.




Però, con i suoi scritti, ha indicato importanti orientamenti, conseguenti alle sue conclusioni fenomeniche, che finiscono con il dare un significato costruttivo e valutativo del fenomeno evoluzione. Questo, pertanto, non è, come si conclude dalle sue considerazioni dovuto ad una mano che ha acceso un pensiero, bensì ad un pensiero che ha mosso una mano.
A questo proposito è illuminante la sua teoria della complessità coscienza a cui giunge in base al suo metodo di analisi. Essa inizia, infatti, con gli elementi che costituiscono un corpo fisico inorganico, e poi allorché giunge al vivente, effettuando un cambiamento di variabile, - non potendo più constatare gli elementi fenomenici, fisici, dell’oggetto analizzato, imbocca come guida, per fedeltà sempre a un’analisi fenomenica, la considerazione nel vivente della formazione dei sistemi nervosi, via via sempre più complessi, e la cui più alta complessità si realizza nel fenomeno umano.
Pertanto la sua teoria della complessità-coscienza, ci porta a constatare, sempre sulla falsariga della sua visione del mondo, il fatto che l’evoluzione, dal BigBang sino ai nostri giorni, è strettamente correlata al fenomeno della complessità di ogni forma di vita:
dalla cosmosfera disorganizzata emerge la biosfera che pullula di centri dinamici organizzati tendenti all’autonomia.
Gli animali più evoluti possiedono un cervello sempre più complesso e, riprendendo in considerazione il cervello dell’uomo cui sopra ho accennato, la neurofisiologia rileva tre strati che l’evoluzionismo dimostra in stretta correlazione ed interazione tra di essi.
La corteccia cerebrale, la quale è emergente e più complessa, avvolge le altre due masse cerebrali ed è quella più significativa per lo sviluppo della coscienza - nel senso di una consapevolezza crescente della specie umana a differenza delle altre specie viventi, non umane, che sono fissate ormai in forme inamovibili e quindi in una dimensione statica -.
Anche la società rispecchia questa tridimensionalità. Partendo dalle società più primitive fino al giorno d’oggi, infatti, notiamo che è rispettata la famosa legge della complessità-coscienza, per cui l’umanità si sta sempre più coscientizzando, non nel senso morale ma di aumento di autoconsapevolezza, anche attraverso gli errori. E lo sviluppo tecnologico, nota molto moderna, costituisce un’evidente esternazione di un’avvenuta, e tuttora in divenire, prosecuzione dello sviluppo del sistema nervoso, quasi un prolungamento del corpo umano. L’ominizzazione evoluzionistica “teilhardiana” compie un salto di qualità verso l’umanizzazione. E con coerenza.
Tanto più che l’uomo odierno si sta chiedendo con insistenza per poter rivivere una condizione di salute psico-fisica, quale sia lo scopo della sua esistenza.
Ed una risposta a ciò la darebbe Teilhard de Chardin proprio con le sue precisazioni evoluzionistiche centrate e discendenti su un processo cosciente che conduce gradualmente verso una maggiore autocoscienza - legge di complessità coscienza -, ridando un’armonica conclusione al faticoso farsi della cosmogenesi, perchè, in prospettiva, vede un possibile ricongiungimento tra scienza e fede. In convergenza con quanto sto affermando, sono significative le seguenti parole di Teodosius Dobzanski nel suo scientifico libro “L’evoluzione della specie umana, ed. Einaudi, 1965, 2°ed.”.
L’autore vede che Teilhard nulla toglie al suo lavoro argomentativamente circoscritto di, giustamente, “asettico ricercatore”; infatti, in chiusura del suo studio scientifico egli scrive:
“Teilhard de Chardin vedeva che l’evoluzione della materia, della vita e dell’uomo sono integrali di un unico processo di sviluppo cosmico, di un’unica storia coerente di tutto l’universo.
I suoi grandiosi concetti non sono dimostrabili per mezzo di fatti scientificamente stabiliti: trascendono l’insieme della nostra conoscenza; basta che la conoscenza non li contraddica. Pertanto l’idea evoluzionista di Teilhard de Chardin giunge come un raggio di speranza: essa risponde alle esigenze del nostro tempo, poiché “l’uomo non è il centro dell’Universo come ingenuamente si credeva nel passato, ma è qualche cosa di molto più bello: è la freccia ascendente della grande sintesi biologica, è l’ultimo, il più acuto, il più complesso, il più raffinato degli strati successivi della vita”.

 
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Essere fedeli alla terra per scoprire le  radici del sacro
     Dalla mistica di Teilhard de Chardin al pensiero «verde»

Franco GABICI

E' molto strano che in tempi in cui si parla molto di ecologia non si sia mai sentito l'esigenza  di rivalutare la figura del gesuita Pierre Teilhard de Chardin, il «cristiano fedele alla terra»  che, forse in anticipo sui tempi, propose una visione del mondo che si armonizzava  perfettamente con i principi del cristianesimo. Si parlò molto di Teilhard de Chardin negli  anni Sessanta, quando le sue idee erano considerate poco ortodosse e chi ha memoria di  quei tempi ricorderà la superficiale accusa di "panteismo" con la quale veniva definita laì  sua visione del mondo.
 Pochi mesi dopo la sua scomparsa, e quando ancora non erano state pubblicate tutte  sue opere, l'Università cattolica francese di Montreal in Canada aveva organizzato un pubblico incontro sul padre gesuita. Presentato come una «inchiesta obiettiva» sugli aspetti  teologici e scientifici del pensiero di Teilhard, l'incontro in realtà era stato preparato con lo  scopo di mettere in guardia la gente dal suo pensiero, tant'è che in quell'occasione un non  ben definito padre domenicano lanciò questo severo ammonimento: «Le sue paroleì  sontuose sono una trappola. State attenti a non cadervi».
 E probabilmente a causa di questo ostracismo, il pensiero di Teilhard stentò a diffondersi,  ma chi lo avvicinò leggendo in originale i suoi testi fondamentali (Le Phénomène Humain  e Le Milieu Divin) o qualche studio all'avanguardia comprese subito che ci si trovava di  fronte a un personaggio straordinario che in un certo senso portava avanti un discorso che armonizzava scienza e fede. E in tempi in cui la scienza cominciava ad affermarsi il  messaggio fu veramente straordinario.Teilhard de Chardin, però, nonostante le sue attenzioni verso la natura, fu anche un  profondo mistico e questo saggio di Ursula King dà la misura della sua spiritualità «profondamente radicata in una visione sacramentale del mondo» e alimentata «con la devozione e la pratica eucaristica». Il suo inoltre non fu un misticismo fine a se stesso e chiuso nell'universo della contemplazione, ma un misticismo che non perdeva mai i contatti  con la Terra.
 Secondo Teilhard tutto l'universo era «incendiato» dall'amore di Dio e quando l'uomo, con  l'aiuto di Dio, avrà catturato le energie dell'amore, potrà dire di avere scoperto per la  seconda volta il fuoco. E a questo proposito sono molto interessanti le pagine dedicate al simbolismo del fuoco, che per il gesuita «significava soprattutto il calore e lo splendore  dell'amore e della luce, l'energia per fondere e trasformare ogni cosa». 
 Centrale, nella visione di Teilhard, è il concetto del «Cristo cosmico», al quale rivolge  questa significativa preghiera: «Ormai, o Signore, ogni materia è fatta carne, mediante la  tua Incarnazione». L'incarnazione di Cristo, dunque, è estesa alle dimensioni del cosmo e si raggiunge Dio attraverso l'universo nel suo processo di sviluppo e di divenire.
 Le pagine di questo saggio aiutano a ricomporre la personalità di un grande pensatore  cristiano che ancora oggi sembra avere molto da dire. Alcuni aspetti della sua spiritualità, infatti, richiamano il confronto con gli «altri» e coi «diversi», secondo una visione  veramente ecumenica del messaggio cristiano.
(Recensione al volume di Ursula King: Cristo in tutte la cose, Ed. Messaggero di Padova)
Da: Avvenire 9 giugno 2001










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Marco Crescenzi 
    Teilhard de Chardin, Pierre (Alvernia, Francia 1881- New York, 1955)  Sul sito Documentazione Interdisciplinare Scienza e Fede  è stato pubblicato questo lnteressante lavoro. Ci permettiamo di presentarlo ai nostri lettori
Più il mondo sarà vasto, più le connessioni interiori saranno organiche, e più trionferanno le prospettive dell’Incarnazione. Il cristiano, spaventato, per un istante, dall’evoluzione, si accorge ora che quest’ ultima  gli offre semplicemente un mezzo per sentirsi maggiormente posseduto da Dio e per darsi più intensamente a Lui. Poter dire a Dio che lo si ama, non soltanto con tutto il corpo, con tutto il cuore, con tutta l’anima, ma con tutto l’universo in via di unificazione, ecco una preghiera che si può fare solamente nello spazio-tempo.”
Queste parole così audaci e suggestive ci introducono nella vita e nel pensiero di padre Pierre Teilhard de Chardin, pensatore e uomo si scienza francese della Compagnia del Gesù. Leggendo le sue opere e studiando la sua vita ci si rende conto di avere di fronte  una personalità complessa e nello stesso tempo uno studioso appassionato, capace di visioni ardite e intense. Studioso di profonda religiosità è stato sicuramente pioniere nell’analisi dell’evoluzionismo alla luce della fede, riuscendo a raggiungere una sintesi affascinante nella quale un cristiano si sente stimolato ad aprirsi al confronto con le nuove teorie sullo sviluppo della vita nel mondo.
In Cristo e la scienza del 1921, troviamo pensieri che sconcerterebbero molti studiosi contemporanei: “Prima di tutto, noi cristiani non dobbiamo avere paura o scandalizzarci a torto dei risultati della ricerca scientifica, sia in fisica, sia in biologia, sia in storia. La Scienza con le sue analisi non deve dunque turbare la nostra Fede. Essa deve piuttosto aiutarci a meglio conoscere, comprendere ed apprezzare Dio. Da parte mia sono convinto che non ci sia per la vita religiosa nutrimento naturale più potente del contatto con le realtà scientifiche ben comprese. L'uomo che vive abitualmente in compagnia degli elementi di questo mondo, l'uomo che personalmente sperimenta la schiacciante immensità delle cose e la loro miserabile dissociazione, - quegli, ne sono certo, assume una coscienza più acuta di chiunque altro, sia dell'immenso bisogno di unità che spinge l'Universo sempre più in avanti, sia dell'avvenire inaudito che gli è riservato. Nessuno come l'Uomo chino sulla Materia comprende quanto Cristo, grazie alla sua Incarnazione, sia interno al Mondo, radicato nel Mondo fin nel cuore del più piccolo atomo. Di conseguenza, — è vano ed ingiusto porre in opposizione la Scienza e Cristo, o separarli come due ambiti estranei l'uno all'altro.”
Questa visione è il frutto di una vita spesa nel confronto leale con le scoperte scientifiche animato da una spiritualità autentica.
Pierre Teilhard de Chardin nacque il 1° maggio 1881 al Castello di Sarcenat (Auvergne) nel Comune di Orcines, provincia di Clermont-Ferrand in Francia. La madre Berthe-Adele, donna devota e forte di carattere era pronipote di Francois-Marie Arouet, meglio noto come Voltaire; il padre Emmanuel trasmise al figlio Pierre l’amore per la natura e l’impegno in campo naturalista. Nel 1892, all'età di undici anni, entrò in un collegio di gesuiti dove svolse gli studi letterari, filosofici e infine matematici fino all'anno 1899 allorché prese la decisione di entrare nel noviziato della Compagnia di Gesù, ad Aix-en-Provence.
Durante gli studi di teologia a Jersey, cominciò ad approfondire le  nuove scoperte della fisica; è di questo periodo la lettura de L’Evoluzione Creatrice di Bergson. La grande passione che avvertiva per la scienza, gli sembrò costituire un ostacolo alla propria vocazione sacerdotale; la crisi fu risolta ascoltando il maestro dei novizi che lo rassicurò: “Il Dio della Croce richiedeva a lui l’espansione naturale del suo essere, tanto quanto la sua santificazione”.
Dal 1905 al 1908 insegnò fisica e chimica nel collegio gesuita della Sacra Famiglia del Cairo. Qui la sua vocazione di paleontologo, di geologo e di naturalista  giunse a maturazione. A 30 anni, nel 1911 fu ordinato sacerdote ad Hasting, in Gran Bretagna. La sua inclinazione verso la paleontologia ricevette approvazione ufficiale quando i Superiori lo spinsero ad ottenere il dottorato di ricerca a Parigi. Si laureò  alla Sorbona in Scienze Naturali, facendo pratica presso il “ Museo nazionale di Storia Naturale” nel laboratorio di Marcelin Boule, paleontologo che aveva studiato il primo scheletro completo di Uomo di Neandertal.
Durante la Prima Guerra Mondiale fu mobilizzato in qualità di capo-barelliere, compito che svolse eroicamente, al punto da meritare la Medaglia al valore e la nomina a Cavaliere della Legion d’Onore. In questo periodo compose Scritti in tempo di guerra, una riflessione profonda sul dolore fisico e spirituale.
Dal 1920 al 1923 Teilhard insegnò geologia e paleontologia all’Istituto Cattolico di Parigi; nel 1923 fu inviato a Tien Tsin in Cina, dove partecipò ad importanti spedizioni e scoperte paleontologiche, che portarono nel 1929 alla scoperta del Sinantropo, l’Uomo di Pechino, risalente a più di 300.000 anni fa. Alla fine  del 1924 riprese l’insegnamento all’Istituto Cattolico di Parigi, tenendo con successo conferenze dirette agli allievi della Scuola Normale e del Politecnico.
Nello stesso anno, su invito di alcuni teologi di Lovanio, scrisse alcune pagine, sotto forma di ipotesi di lavoro, in cui sosteneva la necessità di trovare un’armonia tra il dogma del peccato originale e le nuove scoperte della paleontologia. Questi scritti arrivarono a Roma, dove le autorità ecclesiastiche ritennero che contraddicessero l'interpretazione ortodossa; in questa situazione i Superiori gli chiesero di abbandonare Parigi  e quindi di ritornare in Cina, dove resterà per 20 anni. La decisione fu accettata da Teilhard con profondo spirito di obbedienza, fedele alla vocazione ricevuta di figlio della Chiesa e gesuita.
Nel periodo trascorso in Cina, partecipò  in qualità di geologo, alla spedizione denominata “Crociera Gialla” finanziata dalla Citroën, con l’intento di attraversare l’Asia Centrale tra Beiruth e Pechino. Soggiornò inoltre in India, Birmania, Giava, con vari periodi di studio trascorsi negli Stati Uniti e in Somalia-Etiopia. Nel 1946 lasciò la Cina, all’alba della rivoluzione comunista di Mao.
Nel 1947 a Parigi fu colpito da infarto. Qui non gli fu permesso di pubblicare Il fenomeno umano, scritto tra il 1938 e il 1940: le sue idee evoluzionistiche erano troppo avanzate e il suo linguaggio mistico, a tratti impulsivo e poco chiaro per un lettore teologico, non favorì l’accettazione di vari aspetti del suo pensiero; i suoi superiori della Compagnia di Gesù, pur rispettando la sua attività scientifica, decisero di non impegnarsi in sua difesa. Gli fu chiesto di lasciare nuovamente Parigi e dal 1951 si stabilì definitivamente a New York, dove lavorò alla Wenner Gren Foundations for Anthropological Research, una fondazione di ricerche antropologiche per cui si recò due volte in Africa (Sud-Africa e Rodesia), nel 1951 e nel 1953. Nel 1950 fu nominato membro dell’Accademia delle Scienze di Parigi.
In diverse occasioni espresse il desiderio di morire il giorno della Risurrezione e il 10 aprile 1955, giorno di Pasqua, dopo avere assistito alla Messa solenne nella cattedrale di St. Patrik di New York, padre Teilhard de Chardin, morì colpito da un infarto.
Tra le sue opere più importanti ricordiamo La messa sul mondo (1923) L'energia umana (1937), Una interpretazione biologica plausibile della storia umana: la formazione della "noosfera" (1947), Il cuore della materia (1950), Il Fenomeno umano (pubblicato postumo nel 1955 scritto negli anni 1938-1940), L’apparizione dell’uomo (1956); Il posto dell’uomo nella natura (1956); L’ambiente divino (pubblicato nel 1957 ma scritto negli anni 1926-1927), L’avvenire dell’uomo (1959); L’energia umana (1962); Scienza e Cristo (1965).
L’uomo per Teilhard de Chardinè è la chiave dell’evoluzione dell’Universo e Cristo ne è il motore e il “punto omega” allo stesso tempo, a cui tende tutta l’Umanità e il Cosmo. Scrive ne Il fenomeno umano: “...mi pare di vedere che un senso e una linea di progresso esistano per la Vita , — senso e linea così ben definiti, che la loro realtà, ne sono convinto, sarà universalmente ammessa dalla Scienza di domani.”
Nel suo pensiero troviamo la ricerca di un nuovo linguaggio, capace di riconciliare i temi dell’evoluzione e della scienza con la fede cristiana (ricordiamo la creazione di neolgismi come noosfera). Eppure, proprio questo linguaggio innovativo diede origine a non pochi fraintendimenti.
Alcuni anni dopo la sua morte, nel 1962, un Monitum dell'allora Sant'Uffizio dichiarava in un breve comunicato (cfr. AAS 54 (1962), p. 526) che le opere del padre gesuita di natura filosofica e teologica, a differenza di quelle di carattere scientifico, contenevano ambiguità e gravi errori. Gli studi successivi del Cardinale H. de Lubac contribuirono a chiarire meglio il senso e la genuina interpretazione delle tesi di padre De Chardin. De Lubac pubblicò nel 1962 Il pensiero religioso di Teilhard de Chardin enel 1965 la corrispondenza, da lui commentata, tra Teilhard de Chardin e Blondel.
Accanto a questi studi non mancarono però voci autorevoli che continuavano a manifestare perplessità: «Non riesco a condividere la sua simpatia per il pensiero di Blondel e per quello di Teilhard de Chardin», scriveva il 21 giugno 1965 Étienne Gilson a Henri de Lubac (Lettres de monsieur Étienne Gilson au père de Lubac, Paris 1986, tr. it., Un dialogo fecondo. Lettere di Étienne Gilson a Henri de Lubac, Genova 1990, p. 61). Nonostante tutto le tesi e le ricerche del gesuita francese cominciarono ad essere oggetto di un crescente interesse.
Papa Paolo VI, nel 1966, in un discorso sulle relazioni fra scienza e fede, definì padre Teilhard de Chardin  uno scienziato che aveva saputo, scrutando la materia, trovare lo spirito, e che aveva dato una spiegazione dell'universo capace di rivelare in esso la presenza di Dio, la traccia di un Principio Intelligente e Creatore (cfr. Allocuzione , 24.2.1966, Insegnamenti , IV (1966), pp. 992-993). Più recentemente il card. segretario di Stato Agostino Casaroli, in una lettera del 12 maggio 1981 inviata dal a mons. Paul Poupard, Rettore dell' Institut Catholique di Parigi, a motivo del centenario della nascita del paleontologo francese, scriveva  che in lui «una forte intuizione poetica del valore profondo della natura, una acuta percezione del dinamismo della creazione e un'ampia visione del divenire del mondo si coniugano con un incontestabile fervore religioso».
Padre Teilhard de Chardin rimane un esempio di uomo di scienza e di fede impegnato coraggiosamente nella sua epoca. Le sue ricerche scientifiche non gli impedirono di essere nello stesso tempo un maestro spirituale capace di intuizioni folgoranti che rimarranno scolpite nella storia del pensiero umano: “In ciò che Egli ha di più vivo e di più incarnato, Dio non è lontano da noi, fuori della sfera tangibile; ma ci aspetta ad ogni istante nell'azione, nell'opera del momento. In qualche maniera, è sulla punta della mia penna, del mio piccone, del mio pennello, del mio ago, – del mio cuore, del mio pensiero. È portando sino all'ultima perfezione naturale il tratto, il colpo, il punto al quale mi sto dedicando, che coglierò la Meta ultima cui tende il mio volere profondo.”
 

martedì 27 novembre 2012

A  SPASSO TRA I LIBRI DELLA BANCARELLA

          L'avventura umana 
 
                       di Theodore Monod
Questa volta è toccato all'interessantissimo libro
 di Theodore Monod: L'Avventura Umana, edito
 da Bollati Boringhieri nel 2004 ad attirare la
 mia attenzione.  Alle pagine 37 e 38
 (ma anche in altre pagine del libro) Monod
 fa riferimento a Pierre Teilhard de Chardin. E' una breve testimonianza che vorrei sottoporre alla vostra lettura.
Giovanni
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" Oggi tutti sanno che è ormai impossibile e, d'altra parte, impensabile, considerare l'universo e la sua storia (poiché ne ha una) al di fuori del concetto di evoluzione, dunque di trasformazione e di divenire. Il cosmo aristotelico, stabile, immutabile, eternamente immobile, ha fatto posto a un universo non compiuto, ma in un continuo farsi, come diceva Bergson e a cui faceva eco il biologo Vandel: «Il cambiamento non è un accidente, è la legge stessa del mondo. Conviene sostituire la filosofia dell'immutabile con quella del cambiamento».
Di conseguenza, all'interno del cosmo tutto si tiene. Potranno esservi transizioni, soglie, livelli d'evoluzione, stasi, ma la catena resta, da un capo all'altro, senza soluzioni di continuità. Attraverso un unico filo passerà una formidabile corrente ascendente d'energia, di coscienza, il vitalismo della materia e l'ominazione della vita.
Nessuno ha descritto, si potrebbe dire cantato, con più eloquenza e fervore di Teilhard de Chardin questa lenta epopea della diversificazione all'interno del continuum dell'universo. Per Teilhard, l'unità delle cose e degli esseri è assiomatica: «Il seme di vita poi il seme di pensiero succederanno al seme di materia», essendo quest'ultima sin dall'origine in stato di genesi, con un movimento ascensionale verso uno stato superiore e, giunto il momento, verso lo spirituale. Il cosmo tutt'intero ha una storia in cui, afferma Teilhard, «materia e spirito sarebbero inglobati in una stessa spiegazione coerente e omogenea del mondo». «Per ogni spirito moderno - aggiunge - la coscienza è sempre risultata da un movimento universale, assolutamente specifico, in virtù del quale la totalità delle cose, dall'alto in basso, si sposta solidalmente e senza discontinuità, non solo nello spazio e nel tempo, ma in uno spazio-tempo la cui particolare curvatura renderà ciò che vi si muove sempre più organizzato».
Materia e spirito dunque non sarebbero altro che le due facce di uno stesso oggetto. Non esistono due compartimenti stagni: il dominio della materia e quello della vita, il mondo atomico delle molecole e il mondo cellulare delle piante e degli animali, bensì una realtà unica, tanto che Teilhard si spingerà a ipotizzare che la materia stessa possa contenere già un germe di coscienza. "
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Il Futuro dell’uomo speranza cosmica

 

                           Paolo Giuntella
 
 
 
“ O Signore nella mia modesta parte io vorrei essere l’apostolo e (oso appena dirlo) l’evangelista del vostro Cristo nell’ universo . Vorrei con le  mie meditazioni, con la mia parola, con la pratica di tutta la mia vita scoprire e predicare tutte le relazioni di continuità che fanno del Cosmo in cui ci agitiamo, un ambiente divinizzato dalla Incarnazione, divinizzante per mezzo della comunione e divinizzabile mediante la nostra collaborazione….a coloro che sono abbagliati dalla nobiltà della fatica umana, voglio dire in nome di Cristo, che il lavoro degli uomini è sacro, sacro nella volontà che sottomette a Dio e sacro nella grande opera che compie, con i suoi infiniti tentativi  la liberazione naturale e soprannaturale dello spirito.  A coloro che sono fiacchi, puerili, o ristretti nella loro religione , voglio ricordare che il progresso umano è chiesto da Cristo, per il suo Corpo, e che vi è, nei confronti del Mondo e della Verità, un dovere assoluto di ricerca”
Così scriveva in trincea, durante la prima guerra mondiale un giovane sacerdote gesuita che sarebbe diventato negli anni paleontologo, biologo, antropologo, filosofo e teologo e più di tutti forse grande poeta prima “proibito”, poi discusso, poi di moda, infine, comunque, geniale pietra d’inciampo della cultura contemporanea, modello e “pegno” di futuro per la spiritualità dei cristiani del nostro tempo, lasciando una traccia incancellabile riverso il soffio (indiretto) del suo ottimismo cosmico anche sul Concilio:  Pierre Teilhard de Chardin.
Anticipatore di un modo di essere, di uno stile di vita, del cristiano del futuro;  Teilhard de Chardin ha passato la sua vita a cercare “ se vi fosse modo di conciliare e quindi di alimentare,  l’uno per mezzo dell’altro,  l’ amore di Dio e il sano amore per per il mondo”, la scienza, anzi la ricerca scientifica con la la fede, l’uomo e l’universo antropocentrico con il cosmo cristocentrico: “Cristificare la Materia:::tutta l’avventura della mia esistenza intima…una grande splendida avventura”, scrive nel 1950  in Le Coeur de la Matiere , perché, “ci deve pur essere un punto di vista  dal quale il Cristo e la Terra  appaiono situati in tal modo, l’Uno in rapporto all’altra, che io non potrei possedere l’Uno se non abbracciando l’altra, essere assolutamente cristiano se non essendo disperatamente umano”.  Questa la passione insopprimibile, la spiritualità esistenziale che ha spinto il gesuita biologo, il paleontologo che nel 1929 scoprirà in una grotta nei pressi di  Pechino il “Sinanthropus”, a giocare tutta la sua vita nell’avventura di “esplicitare i vincoli che legano geneticamente il Regno di Dio e lo sforzo umano”.  “il grande avvenimento della mia vita – scrive infatti nella sua ultima opera, il suo “testamento” spirituale scritto alla vigilia della sua morte nel 1955.  “Le Cristique – sarà la progressiva  identificazione nel cielo della mia anima, di due soli: l’uno è il sommo vertice cosmico postulato da una evoluzione generalizzata , di tipo covergente, e l’altro è il Gesù risorto della Fede cristiana”.
A venticinque anni dalla sua morte avvenuta il 10 aprile 1955, una sera di  Pasqua a New York, il poeta dell’Inno dell’Universo, il mistico della solidarietà cosmica dell’umanità in cammino verso il Punto Omega, verso il Cristo  ricapitolazione di tutto, senso della storia, futuro dell’uomo,  non fa più “scandalo”, appare stancamente dimenticato; non fa più “ moda”  nei salotti intellettuali.   Sembra persino un po’ superato dagli eventi che hanno incrinato le speranze storiche e quindi rendono più ostica la sua speranza cosmica ed escatologica.
E’ piuttosto il suo itinerario della ricerca di Dio, di ricerca della Verità declinandone le piccole conquiste che possono avvicinare l’intelligenza dell’uomo alla contemplazione almeno, se non alla comprensione, del mistero è questo itinerario ad un tempo di conciliazione tra scienza e fede, ma anche tra creatività, tra poesia e ascesi, che rimarrà ancora una lezione in divenire., la sua  eredità anticipatrice dell’essere cristiani del e nel futuro.  Questa riappropriazione di una visione cosmica, in una speranza cosmica, del Corpo mistico.
Pierre Teilhard de Chardin nasce il 1° maggio del 1881, quasi cento anni fa, dunque, nei Castello di Sacernat, vicino a Orcines, nei pressi di Clermont Ferrand, nella leggendaria Auvergne.  La sua è una famiglia aristocratica, con il gusto per la cultura e l’avventura intellettuale innato; la sua mamma è una pronipote di Voltaire.  A diciotto anni entra nella Compagnia di Gesù.  Dopo lo studentato a Jersey, i gesuiti che valorizzano il suo interesse irrefrenabile per le scienze lo inviano per due anni a Il Cairo ad insegnare fisica e chimica.  Nel 1912 è ordinato sacerdote e dopo la guerra,  laureatosi in scienze naturali, lIstituto Cattolico di Parigi gli offre la cattedra di geologia.  E a questo punto che Pierre Teilhard de Chardin rende progressivamente più matura e definitiva la sua passione di scienziato e la sua ardita avventura di conciliare teologia e scienza, fede e teoria dell’evoluzione.  Si specializza in paleontologia umana ed inizia le sue ricerche, sotto la guida del professor Marcelline Boule.  Ricerche che lo portano in missione scientifica in Cina ripetutamente.   Nel 1924 scrive la sua prima opera fondamentale, il “Milieu Divin”, premessa alla sua fenomenologia unitaria. “L’arricchimento e l’inquietudine religiosa del nostro tempo sono probabilmente da ricollegarsi alla rivelazione, attorno a noi e in noi, della grandezza e dell’unità del mondo.  Attorno a noi, le scienze del reale ampliano smisuratamente gli abissi del tempo e dello spazio, e scoprono ininterrottamente nuovi legami tra gli elementi dell’Universo.  In noi l’esaltazione di tali  scoperte, un mondo di affinità  e  simpatie unitarie,  antiche quanto l’anima umana, ma finora intraviste solo quale materia di sogno più che quale realtà viva, si risvegliano e prendono consistenza”.
E’ l’inizio della sua geniale avventura antropologica, filosofica, teologica, ma soprattutto mistica e poetica.  Una avventura che si compie nella continua verifica  scientifica delle missioni scientifiche,degli incarichi di ricerca in Francia e negli Stati Uniti, e nelle opere che scandiscono i tempi della sua passione ma che potranno vedere la luce solo dopo la morte quando il suo ordine religioso  non le riterrà più “pericolose”  Segno anche questo di profonda umiltà, di appassionata appartenenza ecclesiale e soprattutto di dubbio intellettuale.  Perché mai Teilhard ha preteso di aver il monopolio della verità, ne d’aver fondato un sistema “filosofico” né una teologia sistematica della storia.   Il FENOMENO UMANO, del ’48, è l’altra pietra miliare del suo pensiero che va a porsi accanto  alla sua straordinaria opera di poesia mistica, di stellare, densa, irripetibile spiritualità: L’Inno dell’Universo”.
A quel dovere “assoluto” di ricerca della Verità di cui scriveva il giovane teilhard con genialità e poesia è rimasto sempre fedele e chiama i cristiani alla comprensione che la salvezza sarà il compimento storico della storia dell’uomo in Cristo.  Questa dunque, al di là degli entusiasmi acritiche e delle condanne, nella complessità di un’ipotesi proprio perché geniale sempre, certo, discutibile, la sua eredità anticipatrice ai cristiani del futuro.  La consegna di un credente fedele al Cristo e alla sua chiesa, “che amava la terra con la nostalgia del cielo”.

(da IL POPOLO 13 aprile 1980, pag.8)











 


                     la scienza e cristo

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Lungi da me, amici miei, il pensiero di dedurre i dogmi cristiani dal solo esame delle proprietà scoperte dalla nostra ragione nella struttura del Mondo.  Cristo, diciamolo, è la pienezza, il principio sintetico dell’Universo:  Egli è dunque qualche cosa di più di tutti gli elementi di questo mondo presi insieme, cioè non si può dedurlo da essi, nonostante essi tendano a Lui.
Ciò che è legittimo e corroborante,  ciò che noi ci accingiamo a fare, è constatare quanto la visione cristiana sia in grado di rispondere armoniosamente a ciò che noi cerchiamo.  La Scienza, l’abbiamo visto, attraverso l’impotenza stessa del suo sforzo analitico, ci ha insegnato che doveva esserci nella direzione in cui le cose si complicano nell’unità, un Centro supremo di convergenza e di Consistenza, in cui tutto si lega, e grazie al quale tutto si regge. Rallegriamoci (il termine non è troppo forte) osservando come Gesù Cristo, con la sua morale più fondamentale e con i suoi attributi più sicuri, viene mirabilmente a colmare questo posto vuoto segnato dall’attesa di tutta la Natura.
Gesù predica la purezza, la carità, l’abnegazione. Ma qual è l’effetto specifico della purezza, se non la concentrazione e la sublimazione delle molteplici potenze dell’anima, l’unificazione dell’Uomo in sè ? – A sua volta, che cosa opera la carità, se non la fusione di molteplici individui in un solo corpo e in una sola anima, l’unificazione degli Uomini tra di loro? -  Che cosa rappresenta infine l’abnegazione cristiana, se non il decentramento di ogni Uomo in favore di un Essere più perfetto e più amato, l’unificazione di tutto in uno?
E ora chiediamoci, Cristo stesso chi è? Aprite le scritture nei passaggi più solenni e autentici. Interrogate la Chiesa nelle sue convinzioni più essenziali. Voi imparerete ciò: Cristo non è un accessorio in più aggiunto al Mondo, un ornamento, un re come lo consideriamo, un proprietario. Egli è l'alfa e l'omega, il principio e la fine, la pietra delle fondamenta e la chiave di volta, la Pienezza e colui che sazia. È colui che dona consistenza ad ogni cosa e la conduce a compimento. Verso lui e attraverso lui, Vita e Luce interiore del Mondo, si attua, nel pianto e nella fatica, l'universale convergenza di tutto lo spirito creato. Egli è il Centro unico, prezioso e consistente, che sfavilla alla sommità del Mondo in via di realizzazione, proprio in direzione opposta a quelle regioni oscure, infinitamente decrescenti, verso cui si avventura la Scienza , quando scende lungo le strade della Materia del Passato.
Di fronte a questa armonia profonda che, ai nostri occhi di cristiani, allaccia e subordina la zona del multiplo e quella dell'unità, l'ambito essenzialmente analitico della Scienza e quello, ultra-sintetico, della Religione, mi sembra, amici miei, che da questo troppo lungo discorso possiamo trarre le seguenti conclusioni:
1) Prima di tutto, noi cristiani non dobbiamo avere paura o scandalizzarci a torto dei risultati della ricerca scientifica, sia in fisica, sia in biologia, sia in storia. Certi cattolici sono sconcertati quando si giunge a dimostrar loro, — o che le leggi della Provvidenza si riducono a determinismi e al caso, — o che sotto i nostri poteri più spirituali si nascondono delle costruzioni materiali assai complesse, — o che la religione cristiana si radica in uno sviluppo religioso naturale della coscienza umana, — o che il corpo umano presuppone una serie immensa di probabili sviluppi organici. Questi cattolici negano i fatti, oppure se ne spaventano. Tutto ciò è un grave pregiudizio. Le analisi della Scienza e della Storia sono molto spesso esatte; ma non tolgono assolutamente niente all'onnipotenza divina, né alla spiritualità dell'anima, né al carattere soprannaturale del Cristianesimo, né alla superiorità dell'Uomo sugli animali. La Provvidenza , l'anima, la vita divina, sono realtà sintetiche. Essendo la loro funzione quella di «unificare», esse presuppongono, al di fuori e al di sotto di esse, un sistema di elementi: ma questi elementi non le costituiscono, al contrario attendono da esse la loro «animazione».
2) La Scienza con le sue analisi non deve dunque turbare la nostra Fede. Essa deve piuttosto aiutarci a meglio conoscere, comprendere ed apprezzare Dio. Da parte mia sono convinto che non ci sia per la vita religiosa nutrimento naturale più potente del contatto con le realtà scientifiche ben comprese. L'uomo che vive abitualmente in compagnia degli elementi di questo mondo, l'uomo che personalmente sperimenta la schiacciante immensità delle cose e la loro miserabile dissociazione, - quegli, ne sono certo, assume una coscienza più acuta di chiunque altro, sia dell'immenso bisogno di unità che spinge l'Universo sempre più in avanti, sia dell'avvenire inaudito che gli è riservato. Nessuno come l'Uomo chino sulla Materia comprende quanto Cristo, grazie alla sua Incarnazione, sia interno al Mondo, radicato nel Mondo fin nel cuore del più piccolo atomo. Abbiamo paragonato la struttura dell'Universo a quella di un cono: solo colui che ha dapprima misurato la larghezza e la potenza della base apprezza bene la ricchezza inclusa nella sommità del cono.
3) Di conseguenza, — è vano ed ingiusto porre in opposizione la Scienza e Cristo, o separarli come due ambiti estranei l'uno all'altro. La Scienza , da sola, non può scoprire Cristo, — ma Cristo colma i vuoti che alla scuola della Scienza nascono nel nostro cuore. Il ciclo che fa scendere l'Uomo fin nelle viscere della Materia in pieno Multiplo, per risalire di là, fino al centro dell'unificazione spirituale, è un ciclo naturale . Si potrebbe dire che è un ciclo divino , perché è stato dapprincipio seguito da Colui che ha dovuto «discendere agli inferi» prima di elevarsi fino ai cieli, allo scopo di colmare tutte le cose. «Quis ascendit nisi qui descendit prius, ut impleret omnia»? (Efesini IV, 9-12)
Conferenza tenuta a Parigi il 27 febbraio 1921
(tratto da:   Scienza e Cristo ovvero analisi e sintesi – Osservazioni su come lo studio scientifico della materia  possa e debba servire ad elevarsi fino al centro Divino.
in Teilhard de Chardin LA SCIENZA DI FRONTE A CRISTO, Gabrielli Editore 2002, pag.61
  Teilhard de Chardin.           -All'ascolto    del     mondo


                                                    MARIO BERTIN

Il giorno di Pasqua del 1955 a New York moriva Pierre Teilhard de Chardin. Sulla città splendeva, alto, il sole. Gesuita, paleontologo, scopritore del Sinantropo, filosofo e teologico
logo, autore de Il fenomeno umano e di L'ambiente divino, apostolo di una Chiesa aperta al mondo, Teilhard può essere considerato uno dei grandi profeti del XX secolo. Alcuni anni prima della morte, aveva scritto questa preghiera: «Signore, poiché con tutta la forza istintiva della mia natura e in ogni evento della mia vita non ho mai cessato di cercarvi e di porvi al cuore della Materia universale, è nell'abbagliante stupore di una universale trasparenza e di un universale incendio che avrò la gioia di chiudere gli occhi».
Obiettivo della ricerca e del pensiero di Teilhard fu di riconciliare il cristianesimo con il mondo moderno. Egli intitolò il prologo de Il fenomeno umano «Vedere» e dedicò L'ambiente divino a «coloro che amano il mondo», in una sintesi che rappresenta lo sforzo per vedere, e far vedere, ciò che diviene ed esige l'uomo, quando si colloca tutto intero e fino in fondo nel quadro della realtà e della storia.
La sua opera è un inno al destino dell'uomo e un inno dell'universo. Come prete, celebra la messa non nell'intimità oscura di una cripta, ma elevandosi al di sopra dei simboli «fino alla pura maestà del Reale», per offrire sull'altare della terra intera, il lavoro e la pena del mondo, come egli scrive in apertura alla sua straordinaria meditazione del 1917, intitolata La messa sul Mondo. La transustanziazione per Teilhard non riguarda solo l'ostia consacrata, ma si estende a tutto il cosmo: «La Materia intera subisce, lentamente e irresistibilmente, la grande consacrazione».


La chiave della storia

Lo sforzo che anima la ricerca di Teilhard è di dimostrare che la storia del mondo, scientificamente interpretata, tende verso una comunione collettiva con l'assoluto di Dio. L'esistenza della singola persona e dell'universo non è giustificata né giustificabile senza l'inclusione e il riconoscimento esplicito di questo assoluto vivente. Senza Dio l'universo è un non senso e la storia assurda. Sotto questo profilo, il pensiero del «gesuita proibito» ha ancora un messaggio da offrire all'«uomo vuoto» della postmodernità. È soltanto nella incarnazione del figlio di Dio, infatti che viene offerta la possibilità di una valorizzazione infinita del mondo.
Teilhard si definiva «figlio della terra e figlio del cielo» e voleva essere leale nei confronti dell'una e dell'altro. Questa mediazione e sintesi si sarebbe dovuta realizzare sia nella propria persona che nella elaborazione di una teoria, che nasceva da una riflessione sull'insieme della storia del mondo.
Partendo dalla ricerche geologiche e paleontologiche, Teilhard cercò di decifrare il senso e di trovare la chiave di lettura della storia della materia e della storia dell'uomo.
Per lui non esistono due o più storie, ma un solo cammino che comprende fasi diverse, culminanti in quella razionale e in quella religiosa.
Nel mondo, fin dalle sue origini, esiste qualcosa che si fa, il germe di un poderoso cammino che dalla dispersione iniziale giunge a strutture sempre più complesse e, con l'apparire della vita, tende all'unità di tutto il creato.


Il fenomeno umano

Per Teilhard la materia iniziale ha già in sé una energia spirituale. La vita è radicata nella materia e ne condivide le leggi fisiche e chimiche, ma allo stesso tempo rappresenta rispetto ad essa una rottura radicale, che consente il passaggio dalla biosfera alla noosfera. Il fenomeno umano rivela un essere che trascende la pura vita biologica, una persona dotata di libertà. Con l'apparizione dell'uomo, l'evoluzione cosmica riesce a superarsi producendo un modo di essere infinito. L'energia spirituale, all'opera nella strutture progressive della materia e della storia, nell'uomo ha un successo imprevisto. Contrariamente a quanto avviene nelle altre forme biologiche, l'uomo è un incompiuto che tende alla sua realizzazione, la quale avviene però soltanto nel campo della cultura e dello spirito, fino al raggiungimento di ciò che Teilhard chiama «il punto Omega». Perché «c'è un senso nelle cose. Noi avanziamo, progrediamo».
Che cosa è il punto Omega? È la perfezione dell'uomo, dove l'unità raggiunge il suo culmine, dove l'umanità si congiunge con l'Assoluto vivente, a cui aspira in ogni sua espressione.
La fine della storia umana e cosmica, quindi, non può essere una fine catastrofica. Sarà, al contrario, un trionfo perché non può rappresentare che il momento in cui la pienezza finita si apre alla trascendenza. È il punto in cui il processo evolutivo si innesta nella visione cristiana. Perché solo il cristianesimo consente di assicurare uno sbocco alla evoluzione cosmica, senza il quale l'esistenza sarebbe un fallimento, solo il cristianesimo fornisce coerenza al cammino della storia.
Il cristianesimo non è un'idea; è una persona che esprime il punto di arrivo di una lunga speranza.


Il Cristo cosmico

Dio, che è amore, ha intrapreso l'avventura della creazione e ha concepito l'idea folle di riunire l'intera creazione a lui. In particolare, ha voluto ammettere l'uomo a condividere la sua stessa vita intima e la sua gioia eterna. E si è legato personalmente all'umanità attraverso l'umanità del figlio. Gesù viene sulla terra, dunque, per dare un esito positivo alla storia del mondo e dell'uomo. Consente al mondo di realizzare il suo destino. Mettendosi al servizio dell'uomo, egli indica la via che gli uomini devono seguire: la strada dela povertà di spirito e della fraternità.
Gesù viene a «sovranimare la natura». L'azione di Cristo si estende all'intero universo, di cui egli si presenta come l'energia spirituale e il fine. Teilhard cita a questo proposito il San Paolo della lettera ai Colossesi :«Tutto è stato creato per mezzo di lui e in vista di lui(.) e tutto sussiste in lui».
Con la sua resurrezione, Gesù Cristo distrugge ogni elemento di contraddizione e di opposizione. Sana ogni conflitto, riconcilia il mondo con l'uomo e con Dio. Tutto ciò non per mezzo di una riparazione di tipo giuridico, ma con un'azione fisica di ordine spirituale.
Dopo la partenza da questa terra, Gesù ha lasciato una corrente spirituale nell'umanità (lo Spirito Santo) che rende possibile il successo dell'uomo e della storia. Lo spirito, costruendo l'unità degli uomini in un corpo mistico, conferisce una dimensione cosmica al Cristo stesso.
Il mondo è dunque è materia divina che cammina «in avanti» e «in alto», facendo sì che il successo temporale dell'uomo venga integrato in un trionfo trascendente. Il cammino biologico, scientifico, tecnico, sociale, spirituale rappresentano un unico processo che sfocia nell'unione con Dio, sorgente dell'energia spirituale presente fin dall'inizio nelle viscere del Mondo. La genesi dell'Universo si prolunga realmente, non metaforicamente, nella Noogenesi e nella Cristogenesi. «Il Cristo si riveste organicamente della stessa maestà della sua creazione. Ed è a partire da questo capo che l'uomo, fuori da ogni metafora, si scopre capace di subire e di scoprire Dio in tutta la lunghezza, la larghezza e la profondità del Mondo».


Teilhard è ancora attuale?

La stagione del pensiero teilhardiano sembra finita da molto tempo. La bibliografia importante su Teilhard si arresta alle soglie degli anni Ottanta. Lungo tutti gli anni Sessanta si faceva un gran parlare ovunque di questo «gentiluomo di Dio», come è stato chiamato. Le sue idee venivano pubblicate ovunque e ovunque studiate, interpretate, dibattute e criticate.
A che cosa si deve il silenzio attuale?
Forse il suo pensiero è stato travolto nel crollo dell'idea di progresso inteso come processo di dominio e di governo del mondo attraverso la crescita della scienza e della tecnica. Anche il progresso, infatti, era una fede che nasceva da una visione positiva e ottimistica della storia. Anche il progresso si basava sulla convinzione che il moto della storia ha una sua direzione e procede con impulso profondo e continuo verso un meglio, rappresentato dalla liberazione dell'uomo. Anche il progresso considerava come momento decisivo di questa liberazione la diffusione della scienza e della tecnica. In questa marcia, i diversi tipi di progresso (economico, scientifico, morale.) apparivano naturalmente interconnessi con un carattere di irreversibilità e di infallibilità. Ora, questa convinzione si dimostrata fallimentare e all'ottimismo di una modernità contrassegnata da una crescita fine a se stesso è subentrata l'angoscia dell'uomo contemporaneo. Forse - dicevo- il pensiero di Teilhard è stato risucchiato dentro questo crollo. Ma vi è una differenza fondamentale tra il pensiero di Teilhard e l'idea illuministica di progresso. Mentre quest'ultimo, infatti, ha condotto l'attività umana ad una operatività senza fini, il movimento della storia descritto da Teilhard sfocia nell'unità degli uomini, in una fusione d'amore e di fraternità rappresentata dal Cristo cosmico.
Il mondo di Teilhard non è un mondo senza perché, come si è dimostrato essere quello della modernità.
E per questo la profezia del «gesuita proibito» forse non è una fiamma del tutto spenta.
(tratto dal sito www.macondo,it  archivio articoli Madrugada)
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TEILHARD E LE "MONETE"


 In questi  tempi di crisi finanziaria abbiamo riscoperto  nel   Quaderno di informazioni n.3/4 del dicembre 1973 edito dal Centro di Studi Teilhard de Chardin (che è stato l'antesignano del Centro di Documentazione Teilhard de Chardin) apparve questo breve e curioso articoletto redatto da un nostro collaboratore dopo aver letto un libro sul sistema monetario internazionale. Ve lo riproponiamo come semplice curiosità.
Giovanni

TEILHARD DE CHARDIN ENTRA NEL CAMPO MONETARIO INTERNAZIONALE
CI E* CAPITATO RECENTEMENTE IN MANO UN VOLUME CHE A PRIMA VISTA NON AVEVA NULLA A CHE VEDERE CON LA PROBLEMATICA TEILHARDIANA.  IL LIBRO E STATO SCRITTO DA ROBERT TRIFFIN, CHE E UNO DEI PIÙ' GRANDI MONETARISTI DEL NOSTRO TEMPO.  IL TITOLO E’: "IL SISTEMA MONETARIO INTERNAZIONALE: ieri, oggi, domani"; IN ITALIA E' EDITO DA EINAUD1.
ABBIAMO DETTO CHE A PRIMA VISTA NULLA AVEVA IN COMUNE CON TEILHRD DE CHARDIN; MA SFOGLIANDO LE PRIME PAGINE CI SIAMO DOVUTE RICREDERE; TRIFFIN E IL SUO VOLUME NON ERANO POI TANTO LONTANI DALLA PROBLEMATICA QUI NORMALMENTE TRATTATA.
NELLA PREFAZIONE AL VOLUME, TRIFFIN, SCRIVE: " la moneta, come tutte le altre istituzioni umane, è incatenata ad un processo evoluzionistico che ha sempre eluso i TENTATIVI DEI " CONSERVATORI " D| ARRESTARLO E QUELLO DEI "RADICALI1” DI FARLO DEVIARE TROPPO DALLA TRAIETTORIA IMPARTITAGLI DALLA SPINTA DELLE DECISIONI E DEI FATTORI ACCIDENTALI DEL PASSATO (QUESTA "LEGGE FERREA “ DELL'EVOLUZIONE CHE LEGA IL FUTURO AL PASSATO, SI ESTENDE, OVVIAMENTE, AL DI LÀ DELL'UOMO STESSO, A TUTTE LE ALTRE COMPONENTI DEL MONDO DI CUI EGLI È SOLO UNA PARTE.   PER UNA ARDITA, MA ANCHE ILLUMINANTE E SUGGESTIVA ESPLORAZIONE DI QUESTA DIMENSIONE TEMPORALE DEL NOSTRO MONDO VEDI GLI SCRITTI DEI DUE UOMINI CUI E DEDICATO QUESTO LIBRO: P,TEILHARD DE CHARDIN E JEAN charon (...)."  LA LUN6A CITAZIONE,DI CUI SOPRA, SI TROVA NELL'OPERA CITATA A PAG.5.
L'INFLUENZA DI TEILHARD SI FA SENTIRE ANCORA PIÙ' AVANTI: "similmente « proget­ti ATTUALI DI RIFORMA MONETARIA INTERNAZIONALE - COMPRESO IL MIO - PONGONO INEVITA­BILMENTE l'accento su obiettivi immediati di politica economica mentre non sempre esplicitano contemporaneamente l'esigenza fondamentale rappresentata dall'adattabilITA’ AI mutamenti futuri dell'ambiente economico e politico. a questi mutamenti le istituzioni monetarie devono adeguarsi costantemente allo scopo di servire in modo efficiente I mutevoli obiettivi dell'uomo in un mondo in “continua evoluzione " (cIt. pag.7).  CONTINUA IL MONETAR1STA: "E' su questi asPetttI  evoluzionistici che si sof­ferma la prima parte di questo volume, non in funzione esclusivamente storica, ma per rammentare le lezioni del passato aI riformatori di oggi del sistema monetario internazionale.  il suo principale assunto è che la graduale affermazione dell'uomo sull'ambiente fisico nel quale opera è contrassegnata nel campo monetario dalla gra­duale SOSTITUZIONE DELLA "MONETA MERCÉ", O MONETA METALLICA, CON LA "MONETA FIDUCIA­RIA' creata dall'uomo" ( Cit. pag. 7) 
 ROBERT TRIFF1N E1 UN'AUTORITÀ' MONDIALE NEL CAMPO F1NANZIARIO E MONETARIO.  VIENE CONSIDERATO UNO DEI MASSIMI ESPERTI MONDIALI DI POLITICA MONETARIA ED E' PROFES­SORE DI SCIENZE POLITICHE E SOCIALI ALL'UNIVERSITÀ' DI YALE. FA PARTE ANCHE DELLO STAFF DIRIGENZIALE DEL FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE.
IL VOLUME INIZIA, SOFFERMANDOSI,COME ABBIAMO VISTO, SUGLI ASPETTI EVOLUZIONISTI DEL SISTEMA MONETARIO FACENDO AMPIO RIFERIMENTO ALL'EVOLUZIONISMO TEILHARD1ANO: "l'avvenire e figlio del passato.  l'evoluzione passata traccia chiaramente le linee generali della futura evoluzione del sistema. nel campo monetario - come in ogni altro campo - l'evoluzione dell'umanità è caratcerizzata e guidata dagli sforzi del­L'UOMO..." (cit. pag. 14).  ancora: "ma non diciamo altro sul 'passato.  volgiamoci all'avvenire" (pag. 15).
"lE crisi del sistema continueranno ad essere - domani come ierI - il motore principale per non dire in pratica indispensaBILE  delle riforme di istituzioni con­tinuamente superate dal rapido sviluppo della storia, dall'esplosione della popola­ZIONE, della produzione, degli scambi e delle comunicazioni, in un pianeta che, per RIPRENDERE UN'ESPRESSIONE DI TEILHARD DE CHARDIN " SI RIPIEGA  SEMPRE PIÙ SU SE STESSA1” (ciT. PAG. 19)
PIERRE TEILHARD DE CHARDIN AVEVA INFLUENZATO FINO AD OGOl VARIE DISCIPLINE, COMPRESA QUELLA ECONOMICA E POLITICA; MA ANCORA NON ERA MAI CAPITATO DI TROVARLO "IN MEZZO ALLE MONETE E ALLE BANCHE".
TRIFFIN, DOPO AVER PASSATO IN RASSEGNA TUTTI ! PROBLEMI "TECNICI" DEL SISTEMA MONETARIO INTERNAZIONALE E DOPO AVER PROSPETTATO ALCUNE SOLUZIONI, CONCLUDE LA SUA OPERA: "Il futuro dell'uomo si evolve inevitabilmente dal suo passato. l'evoluzione futura del sistema monetario internazionale porterà quindi sImilmente il segno deglI avvenimenti del passato e di quelli attuali (Cit. pag. 166).
"la sostituzione delle riserve fiduciarie nazionali con riserve fiduciarie in­ternazionali dovreBBe essere similmente considerata come un aspetto dell'adeguamento delle precedenti istituzioni, tribali, feudali e nazionali di controllo alle realta' in movimento di un mondo sempre pIU’ INTRapendente. entrambi i fenomeni dovreBBERO essere considerati in una prospettiva storica più vasta: la lunga marcia dell'umani­TÀ verso l'unita e verso un migliore controllo del proprio destino" (cit. pag.178)
                                                  

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