sabato 17 novembre 2012


ALCUNE RIFLESSIONI SULLA CONVERSIONE DEL MONDO

      
              PIERRE TEILHARD DE CHARDIN
                       Pechino, 9 ottobre 1936.


Venticinque anni prima del concilio, cinquant’anni dopo il concilio: c’è chi già allora vedeva le grandi traiettorie del futuro meglio di molti che, oggi ancora, non vedono.
Leggiamo questo testo di padre Teilhard de Chardin tenendo conto, ovviamente, di quella sua particolarissima visione mistica del mondo, da lui elaborata nella cornic della prospettiva evoluzionista. Ma la sua testimonianza resta folgorante. Già nel
pieno della guerra civile in Spagna e alla vigilia dell’Anschluss dell’Austria alla  Germania nazista, la situazione mondiale della fine del 1936 non suggeriva visioni  ottimiste. Ma nulla gli impediva  di attraversare le fitte tenebre del momento con la
luce della fede, per proporre ai cristiani il coraggio, nell’ansia di donare a tutti il vangelo, di amare il mondo, perché “Non si
converte se non quello che si ama”.

Come si pone oggi il problema della conversione del mondo: II Mondo nascente
II Cristianesimo si trova, oggi, a confronto con una situazione del tutto nuova.
All'inizio esso ha dovuto conquistare e trasformare un mondo che stava per finire. Più tardi, ebbe il compito relativamente facile di organizzare il Mondo della civiltà europea, nata da lui. In quel momento (a partire dal Rinascimento in una parola) si manifèsta una nuova spinta umana, apparsa in seno ma non sotto il segno della Chiesa. Dopo il Mondo greco-romano, e il Mondo medioevale, un terzo Mondo, quello moderno, viene alla luce, e sì sviluppa ai margini del cristianesimo, e con un potenziale umano più forte di quello di quest'ultimo: non è dallo « spirito moderno »
infatti che derivano tutti gli slanci e tutte le recenti iniziative del Mondo?
Non più questioni di eresie, né di scismi, ;e nemmeno di paganesimo. I pagani, nel  senso tradizionale del termine, erano e sono dei « residui ». Di fronte a noi vi è ora una corrente umana
che nasce. Situazione nuova, che richiede un nuovo metodo di
rapporti e di conversione.

Apparante carattere anti-cristiano del mondo nascente: II conflitto delle due Religioni
Per comprendere a fondo il problema e stabilire la sua soluzione, conviene analizzare ancor meglio lo spirito del Mondo nascente (considerato, naturalmente, nel suo aspetto vitale e progressivo, il solo che possa competere con la Chiesa).
Teoricamente, questo Mondo avrebbe potuto formarsi e crescere credente. Qual è la ragione della sua emancipazione? Perché il fanciullo cerca di superare la madre, di separarsene?
Di questo antagonismo tra Cristianesimo e Modernismo, io vedo la ragione nelle due scoperte fondamentali da cui è nato e di cui è tuttora impregnato lo spirito moderno;
a) Anzitutto la scoperta della immensità continua dello Spazio, che introduce nella comune considerazione delle cose una nota
di Universalismo.
b) Poi la scoperta dell'immensità continua (e progressiva) della
Durata, che introduce a sua volta nelle nostre abituali prospettive là nota del Progresso possibile illimitato (futurismo).
Universalismo
e Futurismo, che si combinano nella percezione di un Universo in crescita globale (Evoluzione). Questi due caratteri costituiscono di per sé con la loro apparizione un grande evento psicologico, poiché equivalgono all'acquisizione di due
nuove dimensioni tramite la nostra esperienza. Ma vi è di più. Per natura essi definiscono una
religione, poiché il « religioso » compare (per definizione) sin da  quando il mondo viene esaminato nella sua totalità e nel suo futuro compimento
(fede).
Ora, questa religione nascente (ecco il punto essenziale) non sembrava, a prima vista, armonizzarsi con il Cristianesimo. Non che il cristianesimo non sia anch'esso, nell'essenza,
«universalista e futurista ». Ma perché questi due termini sono intesi,
dall'una e dall'altra parte, in modi apparentemente diversi. Per origine, Punivetsalismo e il futurismo del Mondo moderno sono a tendenza panteista, immanente, organicista, evolutiva..., mentre quelli del Cristianesimo sono espressi soprattutto in
termini di personalità, trascendenza, relazioni giuridiche, e fissità.
Di qui l'attuale conflitto nella sua essenza. Intorno a noi la vera lotta non è tra credenti e non credenti, ma tra due diversi tipi di credenti.
Due ideali, due concezioni del Divino sono sulla scena. I migliori (e dunque i più pericolosi) degli anti-cristiani non si separano dal Cristianesimo perché
esso è troppo difficile, ma perché non sembra loro abbastanza bello. Se non ammettono il Cristo, è
perché non riconoscono in lui i tratti di ciò che essi adorano e attendono. Una Religione della Terra sta per formarsi contro la Religione del Cielo. Ecco la situazione di fondo, nella sua gravità, ma anche nelle sue speranze.

Metodo generale per risolvere II conflitto: Non la condanna, ma il battesimo
Di fronte a questo conflitto tra la fede cristiana e la fede moderna, cosa dobbiamo fare per salvare il Mondo?
a) Una prima soluzione consisterebbe nel rigettare, condannare e sopprimere (se possibile) la nuova religione come una proliferazione diabolica. Questo metodo è stato sperimentato infatti, ma con risultati che non potevano essere che realmente
negativi. Non solo arrestare il movimento moderno è un tentativo impossibile (poiché questo movimento è legato allo sviluppo stesso della coscienza umana), ma questo gesto avrebbe in se stesso qualcosa di ingiusto e di anti-cristiano: per quanto siano
condannabili molte forme assunte con «
la fede nel Mondo», esse procedono con uninnegabile sforzo di fedeltà alla vita (cioè all'azione creatrice di Dio) che bisogna rispettare. Infatti, il movimento che non è niente di meno che una trasformazione
operantesi nell'anima naturalmente religiosa di tutto il genere umano ha già penetrato, come era inevitabile, il Cristianesimo stesso.
I Cristiani, in seguito ad un cambiamenti inerente alla massa umana di cui fanno parte, non possono ormai più adorare esattamente come si faceva un tempo (prima della comparsa dello Spazio e del Tempo). Da ciò questa segreta insoddisfazione di
tanti fedeli in un Cristianesimo che chiede loro di sospettare delle vedute e delle speranze che essi non possono non condividere. Da ciò le loro inquietudini verso una fede che si crede minacciata da tutti i rinnovamenti e da tutti gli allargamenti delle
prospettive che l'uomo acquisisce dall'Universo. Molti cristiani cominciano a sentire che l'immagine che si presenta loro di Dio non è più degna dell'Universo che conosciamo.
b) Da allora un'altra soluzione si presenta allo spirito come più soddisfacente e più efficace della « condanna ». E sarebbe la seguente: scoprire e dimostrare che, nella sua essenza, la  moderna « Religione della terra » non è altro che uno slancio verso il ciclo che si ignora, cosicché le energie che sembrano così minacciose alla Chiesa sono al contrario un afflusso nuovo che può ravvivare il vecchio fondo cristiano. Non condannare, ma battezzare e assimilare. E' chiaro che il Mondo nascente (il solo che conta) sarebbe virtualmente convertito in un solo colpo, se si riconoscesse che la nuova divinità che egli adora è precisamente il Dio cristiano più profondamente compreso. E' possibile questa congiunzione dei due astri divini? Io credo di sì, ed ecco attraverso quali gradi ho pensato che possa effettuarsi.
Una sintesi del nuovo e dell'antico: II Cristo universale
Se vogliamo cogliere e rovesciare nella sua profondità la corrente religiosa moderna, mi sembrano necessari tre pàssi, tra di loro dipendenti:
a) Un primo passo consisterebbe nello sviluppare (nella linea della « Philosophia perennis »: primato dell'Essere, Atto e Potenza) una Fisica ed una Metafisica corrette della Evoluzione. Io .sono persuaso che l'interpretazione leale della nuova acquisizione della Scienza e del Pensiero conduca legittimamente non a un
Evoluzionismo materialistico, ma a un Evoluzionismo spiritualistico. Il Mondo che noi conosciamo non si sviluppa a caso, ma è strutturalmente dominato da un Centro Personale di convergenza universale.
b)
II secondo passo, questa volta dommatico, consisterebbe nello sviluppare una Cristologia proporzionata alle dimensioni attualmente riconosciute dell'Universo, cioè nel riconoscere che il Cristo, oltre ai suoi attributi strettamente umani e divini
(per lo più considerati fin qui dai teologi) possiede, in virtù del meccanismo della Incarnazione, quegli attributi « universali » o « cosmici» che fanno di lui esattamente  il Centro personale supposto e reclamato dalla Fisica e dalla Metafisica
dell'Evoluzione. Queste prospettive sono in avvincente armonia con i testi più fondamentali di San Giovanni e di San Paolo, e con la teologia dei Padri Greci.
e) Un terzo passo, mistico e morale, si compirebbe allora automaticamente, consistente nello sviluppare un Evangelismo di conquista umana. E' impossibile in  effetti che il Cristo si manifesti più esplicitamente come il culmino della evoluzione universale senza che i cristiani non scoprano più chiaramente il valore soprannaturale dello sforzo umano in Gesù Cristo. E' potuto sembrare qualche volta che il cammino più diretto per il Cielo fosse quello che abbandonava più in fretta la Terra. Ecco che il
Cristo universale ci fa capire che il Cielo non è raggiungibile che attraverso il completamento della Terra e del Mondo (divenuti molto più grandi e incompiuti di quanto pensiamo); e nello stesso tempo sono le attitudini cristiane fondamentali che,senza deviare, si arricchiscono e si « dinamizzano ».
La Croce non è più soltanto il simbolo dell'espiazione, ma anche il segno della crescita attraverso il dolore. Il distacco non consiste esattamente nel disprezzare e rigettare, ma nell'attraversare, nel sublimare. La rassegnazione non è che la ultima forma di lotta contro il Male, la trasformazione in Dio dei difetti inevitabili. La Carità non ci domanda più soltanto di curare le piaghe: essa ci incita a costruire dal basso un Mondo migliore; e a lanciarci per primi in ogni battaglia data per la crescita dell'Umanità. «Plus et ego... ». E la salvezza personale è importante, non
precisamente perché dovrà beatificarci, ma perché ci fa salvare il Mondo in noi stessi.
Così, sul triplice dominio del Pensiero filosofico, del Dogma e della Morale, si svilupperebbe un cristianesimo ringiovanito dalla manifestazione del Cristo universale. Ora è chiaro:
1) Che tale religione è esattamente sulla linea di ciò che il mondo moderno attende come suo Dio, e considera come sua forma specifica d'adorazione: un Dio che giustifica, che corona, che riceve come omaggio supremo, il lavoro, sempre in corso
(« adhuc parturit ») del perfezionamento e del compimento umano, anche terrestre.
2) E tuttavia questa stessa religione umana non rappresenta in niente un compromesso tra il Cristianesimo e il Mondo moderno. Universalizzandosi, il Cristo non si perde (come succedeva nelle forme condannate del modernismo) nel mezzo dell'Universo: ma lo domina e lo assimila, imponendogli i tre caratteri essenziali della
sua verità tradizionale: natura
personale del Divino; manifestazione di questa personalità suprema nel Cristo della storia; natura ultra-terrena del Mondo consumato in Dio.
Il Cristo « universalizzato
» capta, correggendole e completandole, le energieinnegabilmente celate nei panteismi moderni. Egli si ingrandisce restando ciò che era,
o, per meglio dire,
al fine di restare ciò che era. E in effetti, più vi si riflette, più ci si accorge che «universalizzare» il Cristo è il solo modo che abbiamo di conservargli i suoi attributi essenziali (alfa e omega) in una Creazione prodigiosamente ingrandita.
Il Cristianesimo, per mantenere il suo posto in testa all'Umanità, deve esplicarsi in una sorta di « pan-cristismo », il quale in effetti non è che la nozione di Corpo  Mistico spinta a fondo, e l'estensione all'Universo degli attributi già riconosciuti
(soprattutto dal punto di vista sociale) a Cristo-Re.

Un'era nuova possibile per il cristianesimo: Liberazione interna ed espansione
Per l'esplicazione degli splendori di Cristo-Universale, il Cristianesimo, senza cessare di essere per la Terra l'acqua che purifica, e l'olio che addolcisce, acquista una nuova
virtù.
Per il fatto stesso che presenta un Fine nello stesso tempo
immenso, concreto e sicuro alle aspirazioni della Terra, esso la salva dal disordine, dalle incertezze, dal disgusto che sono i più temibili pericoli di domani. Esso diviene la fiamma dello sforzo
umano. In altri termini, esso scopre come la forma di Fede più adatta ai bisogni moderni: una religione per il Progresso, la religione stessa del Progresso della Terra; oserei dire: la religione stessa dell'Evoluzione.
Sono convinto che una Epifania di questo genere sarebbe il segnale, per il Cristianesimo, di un vasto movimento di liberazione interiore e dì espansione.
a)
Liberazione interiore. Lo dicevamo più avanti: tanti cristiani si sentono truffati e umiliati in una Fede che sembra spesso avere il compito di gettare un dubbio e un gelo sul loro entusiasmo di rinnovamento terrestre. Quale apertura nella Chiesa, se in
nome di questa stessa fede (divenuta un ago, invece di essere solo un freno) essi si sentissero lanciati per il dominio universale del Cristo, alla conquista totale del Mondo!
b)
E quale rivelazione, inoltre, della potenza cristiana al di fuori della Chiesa! Con ogni evidenza, il Cristianesimo non progredisce più con la desiderabile celerilà.
Malgrado che mai lo sforzo della propagazione della fede sia stato così spontaneamente organizzato, ci si può domandare se, nell'insieme, per sua scelta e sue forze vive, il Mondo in questo momento si avvicini, o non si allontani piuttosto  dal Cristo. A mio avviso questa situazione ha una causa ben definita: « II
Cristianesimo sotto le forme che noi predichiamo, non è più abbastanza contagioso ».
Non ci si capisce più. Quante volte non mi sono sentito dire, in tutta sincerità, da non credenti « Se mi facessi cristiano, avrei l'impressione di diminuirmi ». O ancora:
«Abbiamo talmente bisogno di un'altra rivelazione! ». Il Cristo che si offre, non soltanto come la salvezza dell'anima «soprannaturale », ma di tutta la costruzion fisica che condiziona le anime; il Cristo che si presenta, non sperduto tra le nuvole,
ma grondante delle energie del Mondo in cui egli si è immerso « Christus amicus mundo »; il Cristo, non più condannatore ma salvatore del Mondo moderno e delle sue speranze per l'avvenire, un tale Cristo attirerebbe immediatamente a sé tutta la parte viva dell'umanità. Il suo amore si propagherebbe nel solo modo che convienealla religione: come il fuoco.
Per convertire il mondo, ci occorre certo, cristiani, moltiplicare i nostri missionari.
Ma noi dobbiamo anzitutto ripensare,
con tutta la nostra umanità, la nostra Religione.

Un passo decisivo da fare: L'ottimismo cristiano
Ho appena detto: « con tutta la nostra umanità». L'ho detto apposta, al fine di  segnalare ciò che, al presente, mi sembra essenziale per dirigere verso il Cristianesimo tutte le forze incerte che nascono attorno a noi: che il Cristianesimo   accetti finalmente senza reticenze le nuove dimensioni (spaziali, temporali,
psicologiche) del Mondo attorno a noi!
Ma ignoro, beninteso, l'azione intensificata, in questi ultimi tempi, dalla Chiesa per riconciliarsi col Mondo moderno. Ma riconciliazione non è ancora accettazione.
Dopo le concessioni particolari fatte dal Cristianesimo si teme (mi riferisco soprattutto ai Gentili) di sentire sempre la stessa opposizione, o almeno la stessa diffidenza, fondamentale: come se la Chiesa non volesse impegnarsi, darsi: come se,
più profonda ancora degli incoraggiamenti singoli, si celasse la stessa riserva: « In fondo, non c'è niente e non ci sarà mai niente di nuovo sotto il sole. Niente saprebbe cambiare il volto della Terra. La Terra non è d'altra parte appesantita, accecata, per la
caduta originale »? Sempre questione di « mundus senescens » di « mundus frigescens », mai di « mundus nascens »...! Insomma pur accettando certi risultati e certe prospettive del Progresso, la Chiesa sembra « non credervi ». Essa talvolta
benedice. Ma il suo cuore non c'è. Ora le conseguenze di questo scetticismo (o anche di questo pessimismo) umano comportano di suo di paralizzare interamente il movimento di conversione del mondo.
Da una parte i non credenti che dal di fuori continuano a guardarci come insinceri.
Essi ci evitano o ci odiano, perché noi non soffriamo, né lavoriamo, né operiamo con loro. Dall'altra i fedeli che dal di dentro continuano a sentirsi in disagio, presi come
sono dal conflitto tra la loro fede e le loro evidenze o aspirazioni naturali. Ed essi sì  trovano di conseguenza indeboliti per assimilare le forze umane che li circondano.
Non si converte se non quello che si ama: se il Cristiano non è in completa simpatia col mondo nascente, se egli non prova in sé stesso le aspirazioni e le ansietà del mondo moderno, se non lascia crescere nel suo essere il senso dell'umano, egli non
realizzerà mai la sintesi liberatrice tra la terra e il cielo da cui può nascere la manifestazione ultima del Cristo universale. Ma egli continuerà a ingannarci e a condannare quasi indistintamente ogni novità, senza discernere, tra le sporcizie e i mali, gli sforzi sacri di una nascita. Immergersi, per emergere e sollevarsi. Partecipare
per sublimare. Questa è la legge stessa dell'Incarnazione. Un giorno, già mille anni fa,  i Papi, dicendo addio al mondo romano, si decisero di « passare ai Barbari ». Un gesto simile, e più profondo, non è atteso anche oggi?
Penso che il Mondo non si convertirà alle speranze celesti del Cristianesimo se prima il Cristianesimo non si converte (per divinizzarle) alle speranze della Terra.

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