martedì 27 novembre 2012

 
Il Futuro dell’uomo speranza cosmica

 

                           Paolo Giuntella
 
 
 
“ O Signore nella mia modesta parte io vorrei essere l’apostolo e (oso appena dirlo) l’evangelista del vostro Cristo nell’ universo . Vorrei con le  mie meditazioni, con la mia parola, con la pratica di tutta la mia vita scoprire e predicare tutte le relazioni di continuità che fanno del Cosmo in cui ci agitiamo, un ambiente divinizzato dalla Incarnazione, divinizzante per mezzo della comunione e divinizzabile mediante la nostra collaborazione….a coloro che sono abbagliati dalla nobiltà della fatica umana, voglio dire in nome di Cristo, che il lavoro degli uomini è sacro, sacro nella volontà che sottomette a Dio e sacro nella grande opera che compie, con i suoi infiniti tentativi  la liberazione naturale e soprannaturale dello spirito.  A coloro che sono fiacchi, puerili, o ristretti nella loro religione , voglio ricordare che il progresso umano è chiesto da Cristo, per il suo Corpo, e che vi è, nei confronti del Mondo e della Verità, un dovere assoluto di ricerca”
Così scriveva in trincea, durante la prima guerra mondiale un giovane sacerdote gesuita che sarebbe diventato negli anni paleontologo, biologo, antropologo, filosofo e teologo e più di tutti forse grande poeta prima “proibito”, poi discusso, poi di moda, infine, comunque, geniale pietra d’inciampo della cultura contemporanea, modello e “pegno” di futuro per la spiritualità dei cristiani del nostro tempo, lasciando una traccia incancellabile riverso il soffio (indiretto) del suo ottimismo cosmico anche sul Concilio:  Pierre Teilhard de Chardin.
Anticipatore di un modo di essere, di uno stile di vita, del cristiano del futuro;  Teilhard de Chardin ha passato la sua vita a cercare “ se vi fosse modo di conciliare e quindi di alimentare,  l’uno per mezzo dell’altro,  l’ amore di Dio e il sano amore per per il mondo”, la scienza, anzi la ricerca scientifica con la la fede, l’uomo e l’universo antropocentrico con il cosmo cristocentrico: “Cristificare la Materia:::tutta l’avventura della mia esistenza intima…una grande splendida avventura”, scrive nel 1950  in Le Coeur de la Matiere , perché, “ci deve pur essere un punto di vista  dal quale il Cristo e la Terra  appaiono situati in tal modo, l’Uno in rapporto all’altra, che io non potrei possedere l’Uno se non abbracciando l’altra, essere assolutamente cristiano se non essendo disperatamente umano”.  Questa la passione insopprimibile, la spiritualità esistenziale che ha spinto il gesuita biologo, il paleontologo che nel 1929 scoprirà in una grotta nei pressi di  Pechino il “Sinanthropus”, a giocare tutta la sua vita nell’avventura di “esplicitare i vincoli che legano geneticamente il Regno di Dio e lo sforzo umano”.  “il grande avvenimento della mia vita – scrive infatti nella sua ultima opera, il suo “testamento” spirituale scritto alla vigilia della sua morte nel 1955.  “Le Cristique – sarà la progressiva  identificazione nel cielo della mia anima, di due soli: l’uno è il sommo vertice cosmico postulato da una evoluzione generalizzata , di tipo covergente, e l’altro è il Gesù risorto della Fede cristiana”.
A venticinque anni dalla sua morte avvenuta il 10 aprile 1955, una sera di  Pasqua a New York, il poeta dell’Inno dell’Universo, il mistico della solidarietà cosmica dell’umanità in cammino verso il Punto Omega, verso il Cristo  ricapitolazione di tutto, senso della storia, futuro dell’uomo,  non fa più “scandalo”, appare stancamente dimenticato; non fa più “ moda”  nei salotti intellettuali.   Sembra persino un po’ superato dagli eventi che hanno incrinato le speranze storiche e quindi rendono più ostica la sua speranza cosmica ed escatologica.
E’ piuttosto il suo itinerario della ricerca di Dio, di ricerca della Verità declinandone le piccole conquiste che possono avvicinare l’intelligenza dell’uomo alla contemplazione almeno, se non alla comprensione, del mistero è questo itinerario ad un tempo di conciliazione tra scienza e fede, ma anche tra creatività, tra poesia e ascesi, che rimarrà ancora una lezione in divenire., la sua  eredità anticipatrice dell’essere cristiani del e nel futuro.  Questa riappropriazione di una visione cosmica, in una speranza cosmica, del Corpo mistico.
Pierre Teilhard de Chardin nasce il 1° maggio del 1881, quasi cento anni fa, dunque, nei Castello di Sacernat, vicino a Orcines, nei pressi di Clermont Ferrand, nella leggendaria Auvergne.  La sua è una famiglia aristocratica, con il gusto per la cultura e l’avventura intellettuale innato; la sua mamma è una pronipote di Voltaire.  A diciotto anni entra nella Compagnia di Gesù.  Dopo lo studentato a Jersey, i gesuiti che valorizzano il suo interesse irrefrenabile per le scienze lo inviano per due anni a Il Cairo ad insegnare fisica e chimica.  Nel 1912 è ordinato sacerdote e dopo la guerra,  laureatosi in scienze naturali, lIstituto Cattolico di Parigi gli offre la cattedra di geologia.  E a questo punto che Pierre Teilhard de Chardin rende progressivamente più matura e definitiva la sua passione di scienziato e la sua ardita avventura di conciliare teologia e scienza, fede e teoria dell’evoluzione.  Si specializza in paleontologia umana ed inizia le sue ricerche, sotto la guida del professor Marcelline Boule.  Ricerche che lo portano in missione scientifica in Cina ripetutamente.   Nel 1924 scrive la sua prima opera fondamentale, il “Milieu Divin”, premessa alla sua fenomenologia unitaria. “L’arricchimento e l’inquietudine religiosa del nostro tempo sono probabilmente da ricollegarsi alla rivelazione, attorno a noi e in noi, della grandezza e dell’unità del mondo.  Attorno a noi, le scienze del reale ampliano smisuratamente gli abissi del tempo e dello spazio, e scoprono ininterrottamente nuovi legami tra gli elementi dell’Universo.  In noi l’esaltazione di tali  scoperte, un mondo di affinità  e  simpatie unitarie,  antiche quanto l’anima umana, ma finora intraviste solo quale materia di sogno più che quale realtà viva, si risvegliano e prendono consistenza”.
E’ l’inizio della sua geniale avventura antropologica, filosofica, teologica, ma soprattutto mistica e poetica.  Una avventura che si compie nella continua verifica  scientifica delle missioni scientifiche,degli incarichi di ricerca in Francia e negli Stati Uniti, e nelle opere che scandiscono i tempi della sua passione ma che potranno vedere la luce solo dopo la morte quando il suo ordine religioso  non le riterrà più “pericolose”  Segno anche questo di profonda umiltà, di appassionata appartenenza ecclesiale e soprattutto di dubbio intellettuale.  Perché mai Teilhard ha preteso di aver il monopolio della verità, ne d’aver fondato un sistema “filosofico” né una teologia sistematica della storia.   Il FENOMENO UMANO, del ’48, è l’altra pietra miliare del suo pensiero che va a porsi accanto  alla sua straordinaria opera di poesia mistica, di stellare, densa, irripetibile spiritualità: L’Inno dell’Universo”.
A quel dovere “assoluto” di ricerca della Verità di cui scriveva il giovane teilhard con genialità e poesia è rimasto sempre fedele e chiama i cristiani alla comprensione che la salvezza sarà il compimento storico della storia dell’uomo in Cristo.  Questa dunque, al di là degli entusiasmi acritiche e delle condanne, nella complessità di un’ipotesi proprio perché geniale sempre, certo, discutibile, la sua eredità anticipatrice ai cristiani del futuro.  La consegna di un credente fedele al Cristo e alla sua chiesa, “che amava la terra con la nostalgia del cielo”.

(da IL POPOLO 13 aprile 1980, pag.8)











 

Nessun commento:

Posta un commento