mercoledì 28 novembre 2012

 

Essere fedeli alla terra per scoprire le  radici del sacro
     Dalla mistica di Teilhard de Chardin al pensiero «verde»

Franco GABICI

E' molto strano che in tempi in cui si parla molto di ecologia non si sia mai sentito l'esigenza  di rivalutare la figura del gesuita Pierre Teilhard de Chardin, il «cristiano fedele alla terra»  che, forse in anticipo sui tempi, propose una visione del mondo che si armonizzava  perfettamente con i principi del cristianesimo. Si parlò molto di Teilhard de Chardin negli  anni Sessanta, quando le sue idee erano considerate poco ortodosse e chi ha memoria di  quei tempi ricorderà la superficiale accusa di "panteismo" con la quale veniva definita laì  sua visione del mondo.
 Pochi mesi dopo la sua scomparsa, e quando ancora non erano state pubblicate tutte  sue opere, l'Università cattolica francese di Montreal in Canada aveva organizzato un pubblico incontro sul padre gesuita. Presentato come una «inchiesta obiettiva» sugli aspetti  teologici e scientifici del pensiero di Teilhard, l'incontro in realtà era stato preparato con lo  scopo di mettere in guardia la gente dal suo pensiero, tant'è che in quell'occasione un non  ben definito padre domenicano lanciò questo severo ammonimento: «Le sue paroleì  sontuose sono una trappola. State attenti a non cadervi».
 E probabilmente a causa di questo ostracismo, il pensiero di Teilhard stentò a diffondersi,  ma chi lo avvicinò leggendo in originale i suoi testi fondamentali (Le Phénomène Humain  e Le Milieu Divin) o qualche studio all'avanguardia comprese subito che ci si trovava di  fronte a un personaggio straordinario che in un certo senso portava avanti un discorso che armonizzava scienza e fede. E in tempi in cui la scienza cominciava ad affermarsi il  messaggio fu veramente straordinario.Teilhard de Chardin, però, nonostante le sue attenzioni verso la natura, fu anche un  profondo mistico e questo saggio di Ursula King dà la misura della sua spiritualità «profondamente radicata in una visione sacramentale del mondo» e alimentata «con la devozione e la pratica eucaristica». Il suo inoltre non fu un misticismo fine a se stesso e chiuso nell'universo della contemplazione, ma un misticismo che non perdeva mai i contatti  con la Terra.
 Secondo Teilhard tutto l'universo era «incendiato» dall'amore di Dio e quando l'uomo, con  l'aiuto di Dio, avrà catturato le energie dell'amore, potrà dire di avere scoperto per la  seconda volta il fuoco. E a questo proposito sono molto interessanti le pagine dedicate al simbolismo del fuoco, che per il gesuita «significava soprattutto il calore e lo splendore  dell'amore e della luce, l'energia per fondere e trasformare ogni cosa». 
 Centrale, nella visione di Teilhard, è il concetto del «Cristo cosmico», al quale rivolge  questa significativa preghiera: «Ormai, o Signore, ogni materia è fatta carne, mediante la  tua Incarnazione». L'incarnazione di Cristo, dunque, è estesa alle dimensioni del cosmo e si raggiunge Dio attraverso l'universo nel suo processo di sviluppo e di divenire.
 Le pagine di questo saggio aiutano a ricomporre la personalità di un grande pensatore  cristiano che ancora oggi sembra avere molto da dire. Alcuni aspetti della sua spiritualità, infatti, richiamano il confronto con gli «altri» e coi «diversi», secondo una visione  veramente ecumenica del messaggio cristiano.
(Recensione al volume di Ursula King: Cristo in tutte la cose, Ed. Messaggero di Padova)
Da: Avvenire 9 giugno 2001










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