lunedì 5 novembre 2012


Una testimonianza di Arnold Toynbee

 Teilhard deve la sua fama alla paleontologia; basti ricordarlo nella scoperta dell'Uomo di Pechino.  Come paleontologo e niente altro sarebbe già un gigante, ma in realtà è anche un poeta e un cristiano, e questo lo qualifica come un gigante della spiritualità.  Con un ingegno che vede oltre le convenzionali dicotomie del pensiero (per esempio, quella tra "materia"  e "spirito") spazza via le barriere fra le discipline specializzate che separano i mandarini accademici.
Nella visione teilhardiana la materia e la coscienza costituiscono le facce esterne e interne di una sola e eguale realtà.  L'interno  delle cose ha cominciato e continua ad affermare la sua indipendenza di fronte all'esterno. Dalle sue manifestazioni materiali fino alla comunione dei santi, l'universo si apre a  tastoni una strada.  L'universo materiale può regredire e cadere,  come predicano alcune scuole di pensiero scientifico, ma la Città di Dio non finirà.
Questa fede di Teilhard che lo spirito sopravviverà alla materia, pur derivandone, è illustrata in modo commovente nella sua  storia personale.  La sua visione simultanea e sinottica degli obiettivi  della scienza e della religione, è stata una pietra di inciampo sia per le autorità scientifiche che per quelle religiose.  Quantunque quest'ultime siano di parere diverso su quasi tutti gli altri argomenti, pure si accordano - almeno per ora -  nella compiacenza che mettono a mantenere l'universo diviso in compartimenti stagni.  I superiori ecclesiastici  proibiriono a Teilhard di pubblicare le sue opere scientifiche e filosofiche e alla fine gli proibirono anche di continuare a scrivere su temi filosofici, e Teilhard osservò lealmente il suo voto di obbedienza.
Ma una tale proibizione non poteva estendersi alla pubblicazione postuma.  Così Teilhard sapeva che doveva aspettare la separazione dal corpo per comunicare la sua visione ad altre anime, e sapeva anche che, stando così le cose, poteva parlare, Eccolo  dunque, oggi  parlare.
Teilhard  è un ardente interprete delle idee evoluzionistiche, ma segue direttive differenti da quelle di Darwin.  Non combatte affatto la maniera in cui Darwin spiega l'evoluzione, ma si concentra su un altro aspetto dell'evoluzione, che trova più significativo.  Secondo lui, il movimento principale dell'universo è consistito, e consiste, nell'andare a tastoni in direzione della coscienza,  E qui Teilhard lotta corpo a corpo con il problema della novità.  E' convinto che l'apparire di una cosa nuova significhi che la cosa nuova esisteva già, e perfino dall'inizio.  La novità è naturalmente un  paradosso per la logica, pur essendo un luogo comune dell'esperienza.  Per Teilhard, Dio è ancora nell'avvenire.  E la suprema Personalità cosciente, nella quale tutte le altre personalità coscienti realizzeranno l'unione e l'armonia.  E nello stesso tempo, Dio è là fin da principio.
Le Phènoméne humain è un libro difficile.  Il tema è già difficile per se stesso, e in parte è espresso con una nuova terminologia.  Parole nuove per idee nuove, e quelle coniate da Teilhard sono le stesse evocative di un poeta. La "noosfera", il "punto Omega": questi neologismi sono l' iinterpretazione di visioni nuove, e perciò difficili da capire.  D'altronde l'esposto teilhardiano non potrebbe farne a meno.  Nel corso della lettura si ha la sensazione di essere trasportati da uno spirito che è l'Evoluzione stessa.  Teilhard irrompe attraverso le barriere intellettuali apparentemente impenetrabili, contundendosi i piedi sul pietrame dei nuri crollati.  Il suo libro è un atto di liberazione spirituale.  La sua visione di unità va incontro a una necessità spirituale del nostro tempo
 
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