domenica 25 novembre 2012

 Una doppia esperienza spirituale e scientifica


FRANCOISE RUSSO s.j.

 
 
Sono passati oltre 50 anni  da quando la sera di Pasqua 1955, Padre teilhard de Chardin è stato colto dalla morte.  Anni di diffusione, diventata ormai internazionale, di un pensiero che, prima non aveva raggiunto se non una cerchia ristretta. Ma anche  anni di controversie, spesso aspre e appassionate.
Teilhard irrita molti spiriti: perché gli interrogativi che pone, quantunque così attuali e fondamentali, non dicono loro niente, e perché le soluzioni che apporta a questi interrogativi sono per essi insopportabili:  Tuttavia se alcune posizioni restano tenaci, l’apporto positivo di Teilhard è oggi largamente riconosciuto  e tutti convengono sempre più facilmente nel vedere in lui uno dei grandi spiriti e una delle figure più nobili e più attraenti del nostro tempo.  Se, perciò, l’opera di Teilhard è soggetta alle interpretazioni più diverse, se appare suscettibile di essere esaminata su vari piani: spirituale,  in senso ampio, teologico, filosofico, cosmologico, tuttavia  non è meno inquadrata in alcun disegno che le conferisce una consistenza e una unità singolari.
Questo disegno non è decisamente intellettuale:  Teilhard è certo un pensatore di gran classe e allo stesso tempo un cosmologo le cui intenzioni sono degne della più grande attenzione:  Ma per comprenderlo e giudicarlo con esattezza bisogna vedere in lui un prete, un religioso, fedele fino in fondo alla sua vocazione, alla Chiesa, nonostante le numerose prove, e che ha voluto rispondere ai bisogni più fondamentali dell’uomo d’oggi, portando al cuore del mondo la fede più ardente.
 E’ essenzialmente un’intenzione religiosa che sostiene e orienta la sua vita, che giustifica e spiega la sua opera.
L’impresa teilhardiana si muove da una penetrante presa di coscienza del Cristianesimo del XX secolo, in faccia a una umanità che a causa soprattutto delle conquiste della scienza,  gusta di impegnarsi sulla terra.  Teilhard nota, forse con una certa  severità che i “cristiani da un secolo non hanno saputo comprendere le inquietudini della terra, mentre la passione dell’universo  anima ormai l’umanità laica  e mentre le aspirazioni autenticamente religiose, fanno potentemente sentire agli uomini di oggi l’immensità del mondo, la grandezza dello spirito, il valore sacro di ogni verità nuova”.
Il mondo va convertendosi a “una specie di religione naturale dell’universo che la devia ingiustamente dal Dio del Vangelo”.  Dobbiamo fare nostro l’ideale degli uomini del nostro tempo e “ cercare con essi il Dio che già possediamo, che è ancora in mezzo a noi, ma come se noi non lo conoscessimo”.
Teilhard  denuncia la debolezza di vista di troppi cristiani che rifiutano di interessarsi alle realtà terrestri, non volendo loro riconoscere un significato religioso.  “Noi  abbiamo il diritto e il dovere, proclama Egli, di appassionarci per le cose della terra”.  L’EN-HAULT e l’EN-AVANT non dovrebbero opporsi.  “Il progresso dell’universo, specialmente dell’universo umano non è una concorrenza fatta a Dio”.  Bisogna presentare agli uomini Gesù Cristo “ con il termine dello sviluppo universale da essi intravisto, perché essi non possano essere consumati che nella sua unità, poiché Egli ha bisogno, per raggiungere la  Sua pienezza, di radicarsi nella totalità di ciascuno di essi”.
I cristiani dovrebbero dare l’esempio “di ciò che può fare nell’uomo la passione per il mondo, trasformata  “dall’amore di Gesù Cristo”.
Per questo Teilhard si è impegnato a diffondere lo spirito più che delle idee: fiducia nell’uomo, senso della convergenza dell’universo e dell’umanità, valore della scienza che, al di là della curiosità e dell’utilità, ci apporta un accrescimento di essere, la possibilità per l’uomo di “divinizzare” tutte le sue attività.  E’ anzitutto attraverso questa “veduta infuocata” attraverso la convinzione che le sostiene, La “violenza” delle sue esortazioni di stile paolino che Teilhard ha raggiunto tanti uomini fino nella loro coscienza più intima.  Ma Teilhard ci dona altresì un pensiero di rara qualità.  Si fatica a comprendere come alcuni non vi abbiano visto che poesia, un sognare inconsistente, mentre questo pensiero viene da una potente e penetrante intuizione, audace, certo, ma radicata nel profondo di una duplice esperienza spirituale e scientifica e si svolge in un percorso così lucido e sicuro.
Il metodo di Teilhard è stato contestato e accusato di confusione di generi.  Forse è vero, ma ebbe una sufficiente preoccupazione di giustificare il suo metodo e forse non ha  intravisto abbastanza le esigenze della riflessione strettamente filosofica.  Ma ha avuto il grande merito di avere denunciato le rigide e sterili separazioni stabilite fra la scienza e la filosofia.  La sua “terminologia” che lo porta al di là dei limiti classici della scienza, si rivela come un contributo maggiore al progresso della metodologia del pensiero cosmologico.  Ma, avido di sintesi – ed è una caratteristica del suo pensiero – Teilhard ha creduto poter rendere conto della totalità del destino del mondo, presentandola  come una cosmo genesi, processo di complessificazione crescente e di progresso parallelo della scienz che conduce dalla materia alla vita, dalla vita all’uomo, da un’umanità dispersa a un’umanità unificata e unanime, che si completa nel Cristo.
Questo affresco grandioso suscita, allo stesso tempo, ammirazione e riserve: dà un significato a molti fatti, accertati fin qui come semplici dati, facendoci raggiungere, al di là delle speranze, un dinamismo  evolutivo dominato  dal progresso dello spirito. Ma, nella misura in cui si presenta come spiegazione totale, e benché Teilhard lo escluda, lo è tuttavia in larga misura,  questa sintesi non potrebbe essere accertata come tale.  Mette d’accordo un po’ troppo strettamente le vedute scientifiche con quelle religiose, valevole per l’evoluzione biologica lo è in misura minore per il mondo inanimato e per la società; insistendo sul valore della comunità umana,  essa non fa posto sufficiente all’arte e alla matematica.  Insistendo sul valore di comunità umana questa sintesi senza dubbio sa mostrare come la persona vi trovi il suo fiorire ma  l’intensità e le solitudini di cui il Padre aveva pure una esperienza così profonda non trova in questa dottrina una espressione veramente soddisfacente; infine spontaneamente ottimistica la sintesi teilhardiana minimizza il mistero del male e del peccato.
Il meglio di Teilhard non si trova in questa sintesi, per quanto sia ricco e valido il molte delle sue parti.  Si trova piuttosto nella sua intenzioni che l’hanno dettato e sul  modo di affrontare i problemi.  D’altronde Teilhard non ha voluto dirci delle verità definitive, ciò che facilmente dimenticano coloro che tendono a “recitare” Teilhard come una lezione imparata alla perfezione.  “Ho potuto sbagliare su molti punti – ci confessa egli – altri cerchino di fare meglio. Solo vorrei essere riuscito a far sentire le difficoltà e l’urgenza del problema”.  Tale problema riguarda le preoccupazioni cui abbiamo sopra accennato, e il desiderio di vedere intimamente associati l’amore di Dio  e la fiducia nella terra.
Sentiamolo ripeterci, al termine della sua vita, la sua fedeltà a questo impegno essenziale:” E’ già molto tempo che in “La messa sul mondo” e “Le Milieu Divin”, ho cercato di fronte a questa prospettiva ancora appena in me abbozzate, di fissare la mia ammirazione e il mio stupore.  Oggi dopo quarant’anni di assidua riflessione, è ancora la stessa visione fondamentale che sento il bisogno un’ultima volta di presentare e di farne parte agli altri sotto la sua forma più matura e ciò con meno freschezza ed esuberanza d’espressione in confronto del momento del primo incontro, ma sempre con lo stesso fascino e la stessa passione”

in Le Monde, 11-12 aprile 1965
(n.d.r.  traduzione fatta da Giovanni Fois – Centro di Documentazione Teilhard de Chardin  Roma)

















 
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