venerdì 11 gennaio 2013

MATERIA  EVOLUZIONE   SPERANZA

Pensando al  Duemila….

(sintesi della relazione tenuta dal Prof. Lucio Lombardo Radice al Convegno tenutosi a Firenze, presso l’Istituto Stensen,  in occasione del centenario della nascita di Pierre Teilhard de Chardin s.j.  , il 25 aprile 1981)

La planetizzazione di tutti i problemi è motivo fondamentale, continuamente ricorrente, del pensiero di Teilhard de Chardin; si può ben dire per quaranta anni dagli scritti che precedono la prima guerra mondiale, fino agli ultimi.  C’è, innanzitutto, la constatazione della “planetizzazione come fatto: il più semplice e modesto contadino, isolato in campagna”, non può  ormai più vivere senza “  tenere conto, e preoccuparsi ad ogni istante,  di New York, di Mosca o della Cina”. Ma c’è anche la planetizzazione come problema, e come problema nuovo, inedito, di qualità diversa da tutti i precedenti.   Infatti, “l’umanità sembra arrivata al suo punto critico di socializzazione”,  perché le scelte che fa oggi l’uomo hanno ripercussioni su “miriadi di esseri viventi”.
Di più, Teilhard prende in considerazione tutti i possibili sbocchi del processo di planetizzazione, dal catastrofico “suicidio” al “prodigioso avvenire umano”.  Ora, mentre la consapevolezza della “globalità dei problemi” è andata aumentando dopo la morte di Teilhartd, del tutto insufficiente appare l’impegno prospettico, ideale, teorico della cultura nei loro confronti.  Ad un catastrofismo ecologico occidentale  talvolta oratorio  (Roger Garaudy nell’ultimo suo, per molti aspetti valido,  “Appello ai viventi”), tra l’altro fondato su calcoli privi di dialettica, si contrappone un perdurante  ottimismo tecnologico da parte dei più autorevoli futurologi sovietici (si legga “Identikit del 2000” di Eduard Arab Ogl) .  La sinistra marxista non dogmatica tedesca ha compiuto la elaborazione più importante: Robert Havemann,  ma specialmente Rudolph Bahro hanno correttamente posto il problema di nuove grandi ipotesi di sviluppo non consumistico della economia, e quello di un nuovo blocco storico capace di creare tale nuovo orientamento  (interessante notare che la richiesta di una nuova politica di fronte ai rischi di catastrofi ecologiche viene in Germania anche dal moderato Gruhl).
Tuttavia la crescente incapacità tanto di egemonia quanto di collaborazione costruttiva delle massime potenze mondiali, la riduzione, a livello della coscienza delle masse, degli incombenti problemi planetari a miti,  a semplificazioni (energia atomica si o no); la crisi dell’internazionalismo operaio e democratico; il riemergere e l’esplodere di culture oppresse o dimenticate in forme “fanatiche” –tutto questo intreccio di fenomeni impone un salto di qualità dell’interesse degli intellettuali-politici e dei politici-intellettuali nei confronti dei problemi globali, planetari.  L’attualità del pensiero di Teilhard. Sulla planetizzazione non è, e non può essere, di contenuti; sta nel suo orientamento generale.  Potremmo riassumerlo
così: “ convergenza verso una unità sempre più piena nel perdurante pluralismo delle culture”.
Dopo i tre grandi periodi della evoluzione naturale, della ominizzazione, della umanizzazione, il “processo biologico attualmente in corso consiste nella elaborazione di una coscienza umana collettiva”.  Una nuova evoluzione, che è insieme in avanti e verso  l’alto: una “marcia verso l’improbabile”, verso il sempre più organizzato, e quindi contro la tendenza del  mondo lasciato a  se stesso verso un disordine crescente.
Questa idea grandiosa della “convergenza planetaria di diversi” che tali restano, in una “terra che si contrae a vista d’occhio”, ha come retroterra personale il “vissuto” di Teilhard de Chardin in diversi Continenti, a contatto con  le diverse grandi religioni e civiltà, la sua esperienza di fede cristiana aperta alle  idealità del socialismo e al  movimento operaio
Di più, la ispirazione  del gesuita scienziato è di fede cristiana, L’avvenire terrestre nei secoli futuri è il compimento di Cristo, del Cristo Evolutore e Redentore insieme.
Il “linguaggio” di Teilhard de Chardin, spesso carico di neologismi di stampo mistico, o di teismo animistico, ha respinto e respinge molti liberi pensatori che pur potrebbero trovare alimento importante alle loro elaborazioni, del tutto “laiche”, nella “sostanza” della visione del mondo del gesuita francese.  (Abbastanza tipico l’atteggiamento di Jacques Monod, colpito dalla “mancanza di rigore e di austerità intellettuale” di Teilhard).
Mi pare che si debba invitare i liberi pensatori che rimangono infastiditi da una ispirazione di fede a ricordare le parole di Giovanni XXIII nella “Pacem in Terris che esortava a cercare importanti verità dentro l’involucro di false filosofie.
L’umanista ateo moderno rimane impoverito se esclude i testi di Teilhard dai libri che lo formano, lo orientano, talvolta lo guidano.  A tanti atei che si proclamano umanisti,, e che tali si sforzano di essere, possono essere d’esempio i molti, i moltissimi umanisti cristiani che non hanno esitato a far entrare nel loro patrimonio culturale, politico, etico, l’ateo Karl Marx, non certo in quanto ateo,  ma,  perché, pur partendo da una ispirazione atea, aveva scoperto verità importanti per tutti.
Teilhard de Chardin non deve appartenere solo al pensiero cristiano innovatore e progressista; la sua esperienza di una evoluzione verso l’alto, di una umanità convergente pur nella sua irriducibile  diversità, può e deve essere un’idea-forza anche di chi non crede al Regno, al punto Omega.
LUCIO LOMBARDO RADICE
 (sintesi pubblicata sull’Unità del 28 aprile 1981)






























 
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